Sentenze

Procreazione assistita, la legge 40 va alla Consulta

Sarà sottoposta al parere della Consulta la legge 40 sulla procreazione assistita. Il tribunale di Roma ha sollevato la questione di costituzionalità sul divieto per le coppie fertili di accedere alla procreazione assistita e alla diagnosi preimpianto, anche se portatrici di malattie trasmissibili geneticamente. Il diritto della coppia a "avere un figlio sano", si legge in uno dei passaggi dell'ordinanza, e il diritto di autodeterminazione nelle scelte procreative sono "inviolabili" e "costituzionalmente tutelati".

Il testo dell'ordinanza. "Il diritto alla procreazione - continua l'ordinanza con la quale la prima sezione civile del tribunale di Roma che ha solevato la questione di costituzionalità - sarebbe irrimediabilmente leso dalla limitazione del ricorso alle tecniche di procreazione assistita da parte di coppie che, pur non sterili o infertili, rischiano però concretamente di procreare figli affetti da gravi malattie, a causa di patologie geneticamente trasmissibili, di cui sono portatori. Il limite rappresenta un'ingerenza indebita nella vita di coppia".


È per tutto questo che, secondo il giudice Filomena Albano - che ha firmato l'ordinanza - limitare il ricorso alla procreazione assistita ai soli casi di infertilità appare in contrasto con l'articolo 2 della Costituzione, che tutela i diritti inviolabili. Il possibile conflitto della legge 40 è anche con il principio costituzionale di uguaglianza, vista la "discriminazione" delle coppie fertili portatrici di malattia geneticamente trasmissibile, rispetto a
quelle sterili.

E c'è anche un problema di lesione del principio della "ragionevolezza", nel senso di "coerenza" del nostro ordinamento, visto che la legge 194 permette, nel caso in cui il feto risulti affetto da gravi patologie, l'aborto terapeutico, che "ha conseguenze ben più gravi per la salute fisica e psichica della donna rispetto alla selezione dell'embrione successiva alla diagnosi preimpianto".

Ipotizzabile anche il contrasto con l'articolo 32 della Costituzione, "sotto il
profilo della tutela della salute della donna, costretta per realizzare il suo desiderio di mettere al mondo un figlio, non affetto da patologia, a una gravidanza naturale e a un eventuale aborto terapeutico, con conseguente aumento dei rischi per la sua salute fisica".

Infine per Tribunale di Roma la questione di costituzionalità si può porre anche in relazione al contrasto tra la legge e gli articoli 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) e 14 (divieto di discriminazione) della Carta europea dei diritti dell'uomo.

La condanna di Strasburgo. È la prima volta che questa specifica questione arriva alla Consulta. In passato se ne era occupata invece la Corte europea di Strasburgo che nel 2012 aveva condannato l'Italia per violazione di due norme della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo. E aveva sottolineato l'"incoerenza" del nostro sistema, che da un lato vieta alla coppia fertile ma portatrice di una malattia geneticamente trasmissibile di ricorrere alla diagnosi preimpianto, e dall'altro, con la legge 194 sull'aborto, le permette l'aborto terapeutico nel caso il feto sia affetto dalla stessa patologia.

Alla prima sezione civile del tribunale di Roma, che ha sollevato la questione, si è rivolta una donna, portatrice sana di distrofia muscolare Becker (malattia genetica ereditata dal padre) e il marito, che si erano visti negare dal Centro per la tutela della Salute della donna e del bambino "Sant'Anna" sia l'accesso alla procreazione assistita, sia la diagnosi preimpianto, sulla base del presupposto che il divieto non è stato cancellato dalla legge 40.