Sentenze

Consulta: illegittimo il divieto alla fecondazione eterologa. Lorenzin: «Al più presto la road map per l'attuazione della sentenza. Ma serve condivisione di tipo parlamentare»

Il divieto di fecondazione eterologa è incostituzionale. Lo ha deciso la Consulta in merito alla parte della legge 40/2004 sulla procreazione medicalmente assistita in cui si vieta di ricorrere alla donazione di gameti (ovociti o spermatozoi) esterni alla coppia per concepire un figlio. Cade, dunque, l'ultimo paletto imposto dalla normativa italiana.

La Corte costituzionale, nell'odierna Camera di Consiglio - spiega una nota della Consulta - ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli articoli 4, comma 3, 9, commi 1 e 3 e 12, comma 1, della Legge 19 febbraio 2004, n. 40, relativi al divieto di fecondazione eterologa medicalmente assistita.

Dopo aver affrontato la questione della conservazione degli embrioni, della diagnosi preimpianto e del numero di embrioni da impiantare nell'utero materno, per la seconda volta la Corte era stata chiamata a giudicare la legittimità costituzionale di quella che è stata definita dagli avvocati difensori delle coppie la norma simbolo della legge 40, cioè il divieto di fecondazione eterologa. Nel maggio 2012 la Corte costituzionale decise di restituire gli atti ai tribunali rimettenti, per valutare la questione alla luce della sopravvenuta sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo sulla stessa tematica.

Oggi la nuova decisione, dopo l'udienza pubblica di ieri mattina sulla questione, durata poco meno di un'ora e mezza e, nel pomeriggio, la Camera di consiglio proseguita questa mattina e terminata poco fa.

Immediata la reazione della ministra Beatrice Lorenzin: «Sono questioni che non si può pensare di regolare con un atto di tipo amministrativo, ma necessitano una condivisione più ampia, di tipo parlamentare», ha affermato a caldo dall'Auditorium di Roma, dove sono in corso gli Stati generali della salute. «Alla luce delle motivazioni della Consulta - ha annunciato - al più presto comunicheremo la road map per l'attuazione della sentenza». Per il ministro, «l'introduzione della fecondazione eterologa nel nostro ordinamento è un evento complesso che difficilmente potrà essere attuato solo mediante decreti». Inoltre, «ci sono alcuni aspetti estremamente delicati - sottolinea Lorenzin - che non coinvolgono
solamente la procedura medica, ma anche problematiche più ampie, come ad esempio l'anonimato o meno di chi cede i propri gameti alla coppia e il diritto di chi nasce da queste procedure a conoscere le proprie
origini e la rete parentale come fratelli e sorelle».

L'avvocato dello Stato:«Serve l'intervento del legislatore»
In udienza l'avvocato dello Stato Gabriella Palmieri aveva sostenuto che l'abolizione del divieto di eterologa avrebbe comportato «il rischio di un vuoto normativo e regolamentare». Aggiungendo che su un tema come il divieto di fecondazione eterologa «bisogna restituire il ruolo centrale al legislatore» perché serve «una normativa di sistema che spetta al legislatore individuare, nel rispetto della democrazia e dell'equilibrio tra i poteri dello Stato». L'intervento del Parlamento, per Palmieri, consentirebbe anche di « superare - ha aggiunto - la bioetica dei tribunali per cui il diritto si afferma attraverso una successione di sentenze».

La legale delle coppie: «Discriminazione totale e assoluta»
Duro l'intervento in udienza di Marilisa D'Amico, una dei legali che tutela gli interessi delle coppie. Il divieto di fecondazione eterologa produce una «discriminazione totale e assoluta tra due categorie di coppie che si trovano nella stessa situazione dal punto di vista medico»: quelle che possono avere accesso alla fecondazione omologa e quelle che dovrebbero ricorrere a un donatore esterno ma incontrano il divieto previsto dalla legge 40.

Secondo D'Amico, il "no" viola il diritto di uguaglianza e «una soluzione diversa da quella di abolire il divieto sarebbe suonato come una condanna morale quando il progresso scientifico offre invece una soluzione». D'Amico ha ricordato come il divieto assoluto di eterologa, che «oltre che in Italia permane solo in Lituania e Turchia», fu oggetto di «discussione già subito dopo l'entrata in vigore della legge 40 e ci furono proposte per eliminarlo» e ha sottolineato la «irragionevolezza di una norma che da una parte promuove la procreazione e dall'altro costringe molti a un umiliante esilio procreativo».

I commenti. «Dopo 4 anni di attesa – in assenza totale del Parlamento e del Governo - finalmente si potrà dare una risposta a una questione non più eludibile che ha creato un vuoto di tutela e incentivato il mercato degli ovociti in Europa». Queste le dichiarazioni di Cittadinanzattiva, Hera Onlus e Sos Infertilità, associazioni promotrici del ricorso alla Corte Costituzionale che ha dato vita alla sentenza di oggi.
«E' un successo delle coppie, delle associazioni e di medici e delle società scientifiche che dal 2010 hanno posto questioni rilevanti e concrete per la vita delle persone - è il commento di Maria Paola Costantini, difensore delle coppie e referente nazionale di Cittadinanzattiva per le politiche di Pma -. Dopo 4 anni non si poteva arriva continuare ad aspettare. Il legislatore nel nostro Paese è stato assolutamente silente e indifferente nonostante la decina di ricorsi anche sulla diagnosi pre-impianto. E' evidente che con questa decisione si è eliminato un vuoto normativo che creava una discriminazione per le coppie sterili nel loro percorso genitoriale. Il nostro ordinamento tutela la maternità e la nascita fornendo supporto a tutte le coppie e perfino la legge 40 ha inserito il sostegno per le coppie infertili che possono accedere anche tramite il servizio sanitario nazionale e regionale. Sono state escluse sole le coppie sterili. La decisione della Corte ristabilisce una equità fra coppie e soprattutto elimina un mercato degli ovociti ormai diffuso e in aumento. Ora spetta al ministero della Salute insieme alle società scientifiche e con il supporto delle associazioni di cittadini e pazienti predisporre un sistema appropriato per la donazione dei gameti».

D'Amico e Costantini ribadiscono che la modifica è circoscritta alle coppie che rispondono ai requisiti dell'art. 5 della Legge 40/2004, e quindi alle coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, con partner entrambi viventi. Non è quindi per single, coppie omossessuali o per le "mamme nonne". La donazione dei gameti sarà quindi gratuita e anonima, mediante un percorso di consenso informato e con l'ausilio del medico. Non sussistono né rischi di disconoscimento di genitorialità successivo né di creare alcun legame giuridico con il donatore o la donatrice. Sarà sempre possibile sia per la coppia che per il nato ottenere informazioni di carattere sanitario a tutela della sua salute.

«Con questa sentenza - aggiunge Antonio Guglielmino, direttore dell'Istituto di Medicina e Biologia della riproduzione HERA/UMR di Catania, l'ltalia interrompe il processo di commercializzazione dei tessuti umani, sviluppatosi proprio grazie ai divieti della legge 40 in diversi paesi della Ue, dove gli speculatori hanno lucrato sulla necessità delle coppie italiane, sfruttando il bisogno economico di giovani "donatrici". In Italia, la donazione dei gameti, così come avveniva prima della entarta in vigore della legge 40 e dei suoi assurdi divieti, deve essere esclusivamente basata sul principio dell'altruismo e dell'assenza di commercializzazione.
«Si è di nuovo ribadito - conclude Clara - che la famiglia in Italia deve essere fondata sull'amore, la cura e la responsabilità e non sulla discendenza per sangue. Con la eliminazione del divieto non ci sarà più discriminazione economica e si ristabilirà la legalità».

«La sentenza della Consulta che ha dichiarato illegittimo il divieto alla fecondazione eterologa era scontata e ampiamente prevista. Della legge 40 ad oggi non rimane quasi più niente dal momento che i progressivi interventi hanno smontato l'impianto della legge e dichiarato illegittimi i punti più ideologici. Dopo questo nuovo intervento della Corte Costituzionale si rende necessario un aggiornamento della normativa su questo delicato tema«. Lo dichiara in una nota Donata Lenzi, capogruppo Pd in commissione Affari sociali alla Camera.