Sentenze

Cassazione, chirurgia estetica: responsabilità automatica per chi tace i rischi di un intervento non necessario

di Paola Ferrari

Le conseguenze risarcitorie, nel caso di assenza o insufficiente consenso informato, sono diverse nel caso di interventi «salvifici o necessari» rispetto a quelli «estetici non necessari».

La necessità dell'intervento chirurgico preclude la possibilità di qualificare "contra ius" l'intervento stesso: l'ordinamento non può - pena l'autocontraddizione - qualificare in difformità alla legge un intervento medico necessario. Invece, nel campo degli interventi non necessari (secondo la scienza medica del tempo), un'operazione compiuta senza valido consenso perde qualsiasi fonte di legittimazione. Diventa un intervento contra ius, che espone chi lo compie a tutte le conseguenze della sua condotta. Anche se l'intervento è compiuto secondo i migliori protocolli terapeutici.

Questa differenza è spiegata dalla sentenza n. 12830/2014 depositata il 6 giugno della terza sezione civile della Cassazione, destinata a fare scuola, che ha confermato una decisione della Corte d'appello di Perugia sfavorevole per un medico. Nella fattispecie, il chirurgo estetico aveva abraso un tatuaggio in modo tecnicamente riuscito, ma lasciando sulla pelle della paziente una brutta cicatrice senza che ciò fosse stato prospettato come rischio.

Quando a un intervento di chirurgia estetica, affermano i giudici, consegua un inestetismo più grave di quello che si mirava a eliminare o ad attenuare, accertato che il paziente non era stato compiutamente e scrupolosamente informato di tale possibile esito, consegue ordinariamente la responsabilità del medico per il danno derivato, anche se l'intervento è stato correttamente eseguito. La particolarità del risultato perseguito dal paziente e la sua normale non declinabilità in termini di tutela della salute consentono di presumere che il consenso non sarebbe stato prestato se l'informazione fosse stata offerta e rendono pertanto superfluo ogni altro accertamento.

In sostanza, il miglioramento del proprio aspetto fisico acquista un particolare significato nel quadro dei doveri informativi cui è tenuto il sanitario, anche perché soltanto in questo modo il paziente è messo in grado di valutare l'opportunità o meno di sottoporsi all'intervento di chirurgia estetica.

Quando, al contrario, il medico esegue un intervento necessario per preservare la vita o la salute della persona dal quale siano, tuttavia, derivate conseguenze dannose, ove tale intervento non fosse stato preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che, ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.