Sentenze

Processo Eternit: reati prescritti e nessun risarcimento. Ecco il testo della sentenza

di Paola Ferrari (avvocato)

Una sentenza che cade come un macigno sulla testa del Procuratore Guariniello che per il processo Eternit si è speso per anni. Una doccia gelata sulle famiglie degli oltre 2mila morti che compongono l'elenco delle parti lese e che vivono del territorio di Casale Monferrato, indelebilmente ferito, e che continuerà a subire i danni di uno scempio ambientale con conseguenze enormi sulle generazioni future.
I reati, afferma la sentenza della prima sezione penale cassazione n. 7941/2015, che ha posto la parola fine al processo Eternit, erano prescritti prima ancora del rinvio a giudizio dell'imprenditore svizzero Schmideiny e quindi, nessun risarcimento spetta alle vittime. Secondo la Cassazione i fatti erano noti almeno dall'agosto dell'anno 1993, nonostante il ritardo dell'informazione scientifica, era ormai acclarato l'effetto nocivo delle polveri di amianto la cui lavorazione, in quell'anno, era stata «definitivamente inibita, con comando agli Enti pubblici di provvedere alla bonifica dei siti». Da quel momento il reato il reato si intende consumato e, di conseguenza, gli effetti ulteriori potevano incidere sulla gravità del reato stesso ma non sul suo punto di avvio dei termini processuali .
Dal momento in cui partì l'ordine di bonifica – prosegue la sentenza - a quella del rinvio a giudizio (2009) e della sentenza di primo grado (13/02/2012) sono passati ben oltre i 15 anni previsti» per «la maturazione della prescrizione in base alla legge 251 del 2005» quindi il processo non avrebbe dovuto proseguire ed la prescrizione essere dichiarata già in primo grado. Una pronuncia che andrà sezionata riga per riga e che dovrà impegnare i giuristi e tutti gli ambientalisti che contro l'inquinamento selvaggio del territorio si stanno battendo.

Il fallimento della giustizia. Questo e solo questo sarà il giudizio delle famiglie delle vittime. Nessuno ha pagato e nessuno è colpevole. Non lo sono l'imprenditore che, pur sapendo del grave rischio, continuò a produrre; i politici che hanno finto di non vedere e non si sono attivati per proteggere il territorio, i servizi ecologici che non hanno sorvegliato, le corti contabili che non hanno chiesto il conto ai funzionari pubblici dei loro errori e mancata attivazione, i giudici penali che non si sono attivati per tempo. Un fallimento che brucia e che dovrebbe far riflettere coloro che, ancora oggi, affermano che inquinare un territorio con polveri tossiche e pesticidi «è un male minore» e forse neppure così grave se delle persone «morendo» possono lavorare e mantenere le famiglie.