Sentenze

Cassazione/ Quando la guardia medica non va dal malato

di Paola Ferrari

È sanzionabile il comportamento del sanitario in servizio di guardia medica che non aderisca, in maniera pretestuosa o aprioristica, a una richiesta di intervento domiciliare urgente, quando la situazione prospettata sia connotata da risvolti di inequivoca gravità, come tale integrante la necessità della relativa esecuzione quale atto indifferibile. Si ricorda che l'articolo 13 del Dpr 41/1991, dispone che durante il turno di guardia il medico è tenuto a effettuare al più presto tutti gli interventi che gli siano richiesti direttamente dall'utente, oppure - ove esista - dalla centrale operativa, entro la fine del turno cui è preposto.
Orbene, è vero che, in linea di principio, non può negarsi al sanitario il compito di valutare, sulla base della sintomatologia riferitagli, la necessità o meno di visitare il paziente. È anche vero, tuttavia, che tale discrezionalità può essere sindacata dal giudice, alla luce degli elementi acquisiti agli atti e sottoposti al suo esame, onde accertare se la valutazione del sanitario sia stata correttamente effettuata, oppure se la stessa costituisca un mero pretesto per giustificare l'inadempimento dei propri doveri.

La cassazione penale con due sentenze (sezione VI n. 10130/2015 del 10 marzo scorso e sezione III n. 9809/2015 del 6 marzo) ha mandato assolti due sanitari che avevano, per ragioni diverse, omesso e/o ritardato la visita a domicilio. L'occasione ha permesso di delineare il quadro degli obblighi giuridici in capo alla guardia medica. Nella prima fattispecie, al medico venne contestato di essersi rifiutato di effettuare una visita domiciliare in favore di un anziano paziente, nonostante i sintomi riferiti deponessero per la manifestazione di una polmonite lombare media al polmone destro e di essersi invece limitato a prescrivere, per telefono, le normali terapie farmacologiche di contenimento della patologia segnalata. Secondo il medico ricorrente, il rifiuto della visita era giustificato dal fatto che la stessa, in base all'anamnesi riferita, non era indifferibile e la sua mancata effettuazione non aveva comportato alcun pregiudizio per il paziente. Nel secondo caso il medico prima rifiutò ma poi, seppure con ritardo, effettuò la visita a una malata terminale dopo insistenza della famiglia preoccupata dell'aggravarsi della sintomatologia tale da configurare una situazione di allarme che, in effetti, portò poco dopo al decesso della paziente comunque ritenuto dai periti inevitabile. Non esiste, secondo la Cassazione, un modo univoco di giudicare il medico, ma i fatti devono essere oggetto di attenta istruttoria al fine della valutazione della rilevanza penale dell'intervento operato dal sanitario. Valutazione che richiede un'analisi medico legale della decisione clinica effettuata attraverso un professionista adatto alla valutazione clinica del caso.