Imprese e mercato

Ddl concorrenza, Gullotta (parafarmacie): «Così nessuna liberalizzazione»

di Davide Gullotta (presidente Federazione nazionale parafarmacie italiane)

Il Disegno di legge sulla concorrenza, così come è, fa tutto tranne liberalizzare il nostro settore. L'ingresso del capitale privato nella farmacita italiana, alla luce di quanto prevede il Ddl, rischia inoltre di regalare una professione strategica del patrimonio italiano e creare pericolosi oligopoli. Vi spiego perché.

La Farmacia e la professione di farmacista in Italia sono caratterizzate da alcune peculiarità che messe insieme rendono l'accesso alla professione molto difficoltoso ed equiparano la titolarità di una farmacia alla stregua di un vero e proprio titolo nobiliare.

Titolarità della farmacia: in Italia un sitema medievale
Innanzitutto: la farmacia è regolamentata da una pianta organica tale per cui il numero delle farmacie sul territorio è determinato dal numero degli abitanti. Tale pianta organica prevede un numero massimo di sedi farmaceutiche per abitante limitando, di fatto, la quantità di farmacie che possono essere aperte sul territorio. Un farmacista dunque può ottenere la sede farmaceutica vincendo un concorso ( che dà al vincitore la concessione statale nella pianta organica designata e la relativa convenzione con l'asl per le ricette mutuabili) e tale concessione può essere venduta o come più spesso accade essere ereditata da padre in figlio. E' qui che nasce ogni cortocircuito: l'ereditarietà di una concessione statale (vinta per concorso) unita al numero massimo di sedi per abitante ha di fatto nel tempo reso l'accesso alla professione molto difficoltoso per i farmacisti non “figli di” e allo stesso tempo trasformato la titolarità di una farmacia in un titolo dal sapore medievale.

Se a questo si aggiunge che i farmacisti dipendenti in farmacia ( farmacisti collaboratori) sono assunti non con la qualifica di operatori sanitari ( e relativo stipendio) ma con contratti assimilabili a quelli del commercio ( e quindi relegati al ruolo di laureati con paghe di circa 1.300 euro al mese) ecco servita la stortura più grande che affligge il nostro ordine professionale.

L’ingresso del capitale privato: così non è una liberalizzazione
In uno scenario siffatto, l'ingresso del capitale privato nella proprietà della farmacia è tutto tranne che una liberalizzazione: piuttosto che valorizzare una professione o facilitare l'accesso alla professione per il farmacista non “figlio di” fa un grande regalo alle catene di gruppi - quasi sicuramente stranieri - che avrebbero un vantaggio enorme nell'entrare in una mercato chiuso e iper tutelato.

Intendiamoci: l'ingresso del capitale privato non è di per sé negativo ma lo diventa in un contesto come quello della farmacia italiana. Il discorso è diverso negli altri Stati europei - l'Inghilterra, Olanda o Germania- dove ai capitali privati o al franchising si associa un sistema che tutela il farmacista dipendente che viene assunto con qualifica di operatore sanitario e uno stipendio che supera i 3mila euro (prima assunzione). Senza considerare che in questi paesi esiste al contempo la libertà professionale per il farmacista di aprire una farmacia.

Da questo punto di vista il Ddl concorrenza, che avrebbe dovuto ispirarsi alle indicazioni dell'autority della concorrenza, di fatto ne disattende ogni indicazione e fa passare come liberalizzazione quello che in realtà e un regalo ai grossi gruppi, e dunque al capitale.

L'antitrust suggeriva tutt'altro
Il massimo organo di garanzia in tema di concorrenza ha invitato ancora una volta il governo a valutare la liberalizzazione della fascia C (quindi possibilità di vendita dei medicinali con ricetta ma a carico dei cittadini anche ai farmacisti nelle parafarmacie), un numero minimo di farmacie per abitanti (e non massimo, ribaltando così il concetto di pianta organica) e un abbassamento del quorum. Nulla di tutto questo è stato recepito.

C'è di più. Non concedere la vendita dei farmaci di fascia C ai farmacisti titolari di parafarmacia, permettendo allo stesso tempo ai non farmacisti di acquistare una farmacia, è profondamente ingiusto e umiliante nei confronti dei tanti farmacisti laureati e titolati, che con propri mezzi e capitali hanno investito creando lavoro e dei punti 'salute' - le parafarmacie - sul territorio.

I farmacisti che hanno aperto le parafarmacie nel corso degli anni hanno rappresentato un bell'esempio di startup, piccole imprese aperta da laureati che hanno investito sulla propria laurea e professione. I farmacisti delle parafarmacie, nel contesto della farmacia Italiana bloccata e imbrigliata dalla forte lobby dei farmacisti titolari di farmacia, hanno dunque rappresentato una enorme novità in un sistema altrimenti legato a regole di censo ed ereditarietà. Il messaggio che con questo disegno di legge il governo Renzi veicola è uno solo: in italia non conta essere laureati ed avere le necessarie qualifiche perché per accedere alla professione di farmacista conta - rebus sic stantibus - essere figli di farmacisti titolari di farmacia o avere i necessari capitali.


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