Imprese e mercato

Ripiano dei deficit, imprese farmaceutiche in allarme

di Roberto Turno (da Il Sole-24Ore di oggi)

Una vera e propria tassa sull'innovazione, che penalizza i nuovi farmaci e le imprese innovative, crea incertezze crescenti nei quartier generali all'estero di Big Pharma e getta le basi per scappare dall'Italia. Le multinazionali hanno già coniato lo slogan: «Pay bacK= go back». Dove il pay back e la metà del disavanzo della spesa ospedaliera per farmaci che ogni anno le aziende coinvolte devono restituire allo Stato. E quel “go back” è la prospettiva di lasciare l'inospitale Italia e fare impresa altrove. Perché la posta in gioco è altissima: nonostante lo stop del Tar, le imprese si sono viste accollare 364 mln nel 2013, 500 per il 2014 e altri 700 mln potrebbero doversi addossare quest'anno. In tutto oltre 1,5 mld in tre anni, il doppio in due anni.

È da questa situazione che parte lo studio di I-Com che sarà presentato oggi alla Camera dei deputati. «Una tassa occulta sull'innovazione che che mette a rischio l'accesso alle nuove cure e rende sempre meno conveniente investire nel nostro Paese», afferma Stefano da Empoli, presidente dell'istituto. Sono poco più di 20 le farmaceutiche che da sole fatturano il 90% della spesa ospedaliera per farmaci, di queste I-Com ne ha analizzato 8, tutte multinazionali, che coprono oltre la metà di quel mercato, con investimenti per 291 mln, Iva versata per 262 mln, imposte sul reddito d'esercizio per 239 mln. Ebbene, nel 2014 dovranno pagare di pay back più che di Iva con un ripiano che il primo anno di mercato pesa per il 54% del fatturato, del 44% il secondo anno. «È come se le aziende col pay back fossero sottoposte insieme a un'addizionale Ires del 32% e Irap del 4,6%», afferma da Empoli. Un salasso insopportabile. «Il meccanismo, già distorsivo per le aziende, è ancora più inefficiente perché penalizza i nuovi prodotti e di maggiore qualità, che crescono di più», afferma Eric Baclet, presidente e general manager di Lilly Italia. «Si crea una barriera all'ingresso di nuovi prodotti e il rischio che in Italia le nuove terapie non arrivino più», dice Massimo Visentin, presidente e ad di Pfizer Italia. Altro che nuovi investimenti. Precisa Nicoletta Luppi, presidente e managing director di Msd Italia: «Le penalizzazioni di mercato e i vincoli nell'accesso all'innovazione nuocciono alla capacità dell'Italia di attrarre investimenti dalle case madri delle multinazionali». Anche perché, spiega Fabrizio Greco, ad di AbbVie Italia, «è sempre più difficile spiegare alle case madri le dinamiche dell'Italia». Tanto che, mette in guardia Maurizio Di Cicco, ad di Roche Italia, «si rischia di mettere in dubbio o di indebolire investimenti strappati ad altri Paesi». «Investimenti in siti produttivi ma anche in ricerca e sviluppo, che sono analizzati all'interno di uno scenario europeo e mondiale», precisa Francesco Di Marco, ad di Amgen Italia. Insomma: pay back col flop del go back


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