Imprese e mercato

Mammografi vecchi vent'anni, tecnologia d'annata. Il check di Assobiomedica

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore di oggi)

Mammografi vecchi anche di vent'anni, risonanze magnetiche nucleari al 76% di tecnologia antidiluviana così come il 76% dei sistemi radiografici fissi. E poi Tac, Pet, macchine per l'angiografia. Vecchie, troppe, troppo poco utilizzate. E pericolose. Mentre i Governi tagliano la spesa in maniera lineare, la sanità pubblica smette di investire e il parco macchine, ovvero le tecnologie preziose per la salute degli italiani, invecchiano sempre di più. Tanto che nel 2014 ben 6.400 apparecchiature di diagnostica per immagini - il 12% di quelle totali tra sistema pubblico e privati convenzionati - ha superato di gran lunga l'asticella della necessaria «adeguatezza tecnologica» che secondo tutti i dettami è tra i 5 e i 7 anni. Poi (mediamente) dovrebbero andare in naftalina Un limite che per l'Italia della sanità resta inarrivabile. Con tutte le conseguenze del caso.

Hanno censito in maniera capillare oltre 50mila macchine di diagnostica per immagini di Ssn e dintorni, è il risultato è stato deprimente. Di anni in anno l'obsolescenza tecnologica peggiora e va sempre più a fondo rispetto ai nostri partner Ue. La rilevazione di Assobiomedica, l'associazione che raggruppa le imprese di tecnologie biomediche, è infatti impietosa. Questo per fermarsi al 2014, perché dodici mesi dopo la situazione è senz'altro peggiorata, visto che i tagli sono proseguiti anche nel 2015. E proseguiranno anche il prossimo anno.

Spiega Marco Campione, presidente e ad di General Electric Healthcare Italia, presidente dell'associazione elettromedicali di Assobiomedica: «Un processo di sostituzione sistematico e progressivo nel tempo di queste tecnologie più obsolete, porterebbe a un'ottimizzazione dei costi». in grado di ritornare dall'investimento iniziale già nel breve periodo». Investire in tecnologia, nella formazione del personale, nel buon uso delle macchine, insomma, innescherebbe efficienza, qualità, meno sprechi. Garantirebbe migliore assistenza. Mentre con i tagli «si lascia inevitabilmente spazio alla diffusione di prodotti di fascia bassa, di qualità di gran lunga inferiore che fa spendere di più», aggiunge Campione.

Basta dire, per spiegare il tempo perso e gli sprechi accumulati, che la metà delle apparecchiature sono ancora analogiche. Vecchia generazione, vecchissima. Come se il digitale in sanità non esistesse. Almeno in Italia.


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