Imprese e mercato

Regnault (Assosalute): regole da svecchiare su spot e comunicazione

di Rosanna Magnano e Roberto Turno

«Siamo un comparto che propone agli italiani prodotti per risolvere piccoli problemi di salute. Quindi un mercato che risponde innanzitutto a un bisogno. E che segue l’andamento dei disturbi stagionali». L’aspirazione alla crescita per i farmaci da automedicazione è quindi per forza di cose contenuta. L’altra faccia della medaglia però è che la crisi economica non può mordere più di tanto. «Perché se uno ha un mal di testa deve farselo passare, crisi o non crisi. Ma se non ha mal di testa e ha una maggiore disponibilità economica non si cura certo il doppio». E il risultato nei primi mesi del 2016 è quello di una crescita al ralenti. Ne parla Agnès Regnault, presidente di Assosalute.

Presidente ci sono altri freni, a parte le caratteristiche stesse di questi prodotti?

Non essendo un comparto alimentato da nuove categorie, quindi nuovi piccoli disturbi che si possono trattare con l’automedicazione - e ci riferiamo all’eventuale switch - non può esserci crescita. Però non siamo stati colpiti dalla congiuntura negativa come altri settori.

Quindi serve uno switch ma allo stesso tempo un’opera di acculturazione del cittadino-paziente?

Esatto. È necessario stimolare l’evoluzione culturale del cittadino italiano verso un aumento della propensione ad autocurarsi. E questa sarebbe una fonte di crescita per il settore ma anche di risparmi e sostenibilità per il Ssn. Se un numero maggiore di italiani si sentisse abbastanza sicuro da autocurarsi eviteremmo di spendere risorse in visite mediche inutili e miglioreremmo la produttività sul lavoro.

Che tipo di strategia di comunicazione immagina?

Questo settore ha voglia di empowerment e di fare di più. C’è la ricerca di una crescita. E questo non è solo un trend italiano. Ma il cittadino italiano, come il cittadino del Sud Europa, non si sente ancora pronto a farlo senza una guida. Quindi cerca sempre il consiglio del del medico ma sempre di più anche la guida del farmacista. Perché l’Italia ha questa peculiarità in Europa: c’è ancora un’altissima considerazione della farmacia.

La chiave è proprio questa quindi. La farmacia e il farmacista...

Siamo di fronte a un cittadino che vuole fare di più e che comunque cerca informazioni - e qui il mondo del digitale è molto importante - ma non si sente ancora pronto a prendere delle decisioni da solo. La soluzione è nella qualità dell’informazione del web e nella condivisione della comunicazione tra i suoi principali referenti, ossìa il medico e il farmacista. Perché la cosa peggiore è che il paziente riceva messaggi contraddittori.

Il mondo della farmacia sta cambiando e potrebbe cambiare ancora molto con l’arrivo delle grandi catene. Che impatto potrebbe avere sul settore dell’automedicazione?

Per evolvere davvero la farmacia italiana deve diventare la farmacia dei servizi. Quindi in primo luogo una fonte di informazioni sulla salute e sul farmaco. Per realizzare questo modello servono reti e serve aggregazione. Con 18mila individualità non si va molto avanti. I servizi hanno anche bisogno di un certo livello di standardizzazione, nel significato più alto della parola.

E le parafarmacie che ruolo hanno avuto, hanno dato una spinta?

No. Perché la realtà è che in Italia non c’è un problema di accesso al farmaco. Quindi non è allargando l’accesso la farmaco che si fa crescere il comparto. Per noi, di fronte a un cittadino italiano che necessita di una guida, quello che conta è il collegamento farmaco-farmacista.

Perché il medico di solito non consiglia un farmaco da banco?

Certo che lo fa ma sarebbe auspicabile per il Ssn che sulle piccole patologie si consolidasse il rapporto tra paziente e farmacista in modo da non intasare lo studio medico.

Questo è sempre stato uno dei vostri refrain. Avete stime su automedicazione e risparmi possibili?

Stiamo facendo degli studi di farmacoeconomia. Non si produrrebbe necessariamente un risparmio, ma una migliore allocazione delle risorse in un Ssn che sta facendo fatica, tra farmaci innovativi e una popolazione che invecchia. Puntare sull’informazione a partire dall’automedicazione crea un effetto complessivo di empowerment del paziente, che coinvolge anche gli stili di vita. Andando a rafforzare il concetto più generale di selfcare. Lo stesso cittadino informato, nel momento in cui insorgerà un patologia cronica, sarà più attento alla compliance. Quindi investire sull’educazione del cittadino paga a tutti i livelli e su tutti i fronti. Non solo il Ssn ma tutti i sistemi sanitari nazionali hanno bisogno di un cittadino proattivo e meglio informato.

Cosa manca in Italia per raggiungere livelli di mercato che il settore ha altrove in Europa? Per esempio dal punto di vista normativo e della pubblicità..

Diciamo che siamo un comparto estremamente regolamentato. In cui vige il principio dell’approvazione preventiva e questo preclude molto la trasmissione di informazioni sul digitale, che sarebbe la modalità più efficace. E fa diventare la comunicazione da parte delle aziende molto statica. Questo lascia lo spazio dell’informazione su internet ad altri soggetti, senza nessun controllo.

Quindi servirebbe una «deregulation» controllata..

A poco a poco bisognerebbe arrivare a una regolamentazione al passo con i tempi. Mettendo a fuoco i capisaldi davvero necessari alla protezione del consumatore e superando il pregiudizio che se si lasciano parlare le aziende si scivola automaticamente sull’ingannevole. Quando invece sono proprio le aziende che non possono rovinarsi la reputazione con il livello di bufale che si trovano su internet.


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