Imprese e Mercato

Spending review, Assobiomedica: «Tagli peggiori del terremoto per le imprese biomedicali»

«I terremoti passano, la spending review no», secondo Stefano Rimondi, presidente di Assobiomedica, che lanciando l'allarme dell'associazione dei produttori di biomedicali ha sottolineato come dopo il sisma di Bologna le industrie del comparto produttivo di Mirandola - il maggiore d'Europa nel settore - hanno immediatamente rialzato la testa, mentre con i provvedimenti messi in pista dal Governo Monti sono in ginocchio. Quello che si è evitato dopo Bologna si sta facendo sempre più un pericolo reale con il decreto legge all'esame del parlamento: delocalizzazione delle unità produttive per cercare situazioni economiche e fiscali più vantaggiose, perdita di know out in ricerca e sviluppo e perdita di personale che si traduce in fuga di quei cervelli che finora hanno spinto in avanti gran parte dello sviluppo del settore.

Il taglio del 5% degli oneri dei contratti di fornitura, la rinegoziazione al ribasso delle forniture, il tetto di spesa anch'esso ridotto e l'annullamento dei contratti senza Consip, creano per le imprese del biomedicale, già alle prese come tutti i comparti produttivi con la crisi economica e già in affanno per i ritardi nei tempi di pagamento ormai cornici in alcune situazioni e grotteschi in altre (fino a oltre 1.700 giorni di ritardo), creano una situazione che se non mette in pericolo la fornitura di biomedicali spesso salvavita (si pensi ai pacemaker o alle attrezzature per la dialisi), sicuramente gettano il comparto dal punto di vista dell'assistenza in una pseudo recessione clinica: le imprese costrette all'angolo dai tagli forniranno prodotti meno tecnologici, meno avanzati, che sicuramente non metteranno in pericolo al vita dei pazienti, ma non garantiranno la qualità che caratterizza il settore.

Non ha dubbi in questo senso Luigi Padeletti, presidente dell'associazione italiana di aritmologia, che con altre società scientifiche ha dato manforte alle tesi di Assobiomedica. «Le società scientifiche sono sempre state pronte ad indicare dove sono i veri sprechi, e come intervenire ma non sono mai state ascoltate, e non lo sono neanche ora» ha affermato Marco d'Imporzano, presidente del Collegio italiano dei chirurghi e della Società italiana di ortopedia. E «sicuramente io come tutti voglio vivere in un Paese dove posso usufruire del meglio dal punto di vista della qualità, soprattutto dal punto di vista della salute», ha incalzato Luciano Landa, segretario della Società italiana di chirurgia.

La revisione di spesa secondo Rimondi, con la rincorsa al prezzo più basso si rischia nascano monopoli e «il monopolio, quando si è consolidato come tale, porta all'inevitabile lievitazione dei prezzi», ha sottolineato il presidente di Assobiomedica. Dai tagli poi nasceranno inevitabilmente secondo Rimondi due tipi di sanità «una di serie A gestita dai privati non convenzionati e che pochi potranno permettersi, che darà accesso all'innovazione e una di serie B, a disposizione del resto della popolazione, ma con un inevitabile abbattimento dei Lea».

«L'effetto dei tagli - ha spiegato Rimondi - ha due conseguenze conseguenze: bassa qualità dei servizi e aggravio delle finanze pubbliche». Un duro colpo per la sanità italiana, secondo il presidente di Assobiomedica, che già parte, rispetto al resto d'Europa, con un evidente handicap. «La Germania - ricorda il presidente - alloca il 20,4% delle sue entrate in sanità, la stessa percentuale del Regno Unito. La Spagna arriva al 19,9% e la Francia al 18,6%. Da noi ci si ferma al 15,9%, quindi già oggi la sanità e sottofinanziata, a dimostrazione che questo settore non è una priorità degli italiani». Per Rimondi, dunque, «tagliare la spesa sanitaria equivale a favorire la recessione. Il Paese - conclude - cresce se si investe in sanità».

IL DOCUMENTO «SANITA' IN TEMPO DI CRISI» DI ASSOBIOMEDICA