Imprese e mercato

Leucemia: un farmaco "spazzino" riduce i danni da chemioterapia

Un farmaco-spazzino si è dimostrato capace di ridurre i danni della chemioterapia per i malati di leucemia. Nato da una ricerca italiana iniziata nel 2012 ha coinvolto circa 350 pazienti adulti nei reparti onco-ematologici di 79 centri in dodici Paesi e l'Italia ha avuto il coordinamento internazionale della sperimentazione. La molecola è stata presentata a Firenze dal presidente della Menarini Lucia Aleotti, l'azienda che presenterà a breve il dossier di registrazione all'Agenzia Europea del Farmaco per l'autorizzazione in commercio.

Ogni anno 25 mila italiani, soprattutto giovanissimi, si ammalano di leucemia e linfomi, con il rischio di andare incontro a pesanti effetti collaterali tra cui l'insufficienza renale, a seguito della chemioterapia. Si tratta della cosiddetta sindrome da lisi tumorale, che nel 5% dei pazienti porta alla morte. La distruzione rapida delle cellule maligne che si liberano nel sangue con la chemioterapia, prima tra tutte l'acido urico, può essere scongiurata già con una terapia ma il nuovo farmaco dimostra, secondo lo studio Florence (Febuxostat for tumor Lysis syndrOme pREvention iN hematologiC malignanciEs), un'efficacia maggiore del 30%. Ora l'obiettivo della ricerca è quello di verificare la possibilità di utilizzare la molecola anche nei bambini che al momento non possono usufruire di questo tipo di terapia di supporto che negli adulti è invece già prevista con altri farmaci.

Il programma lanciato dal gruppo Menarini prevede un investimento di 50 milioni di euro. Ogni anno oltre 25.000 italiani, soprattutto giovanissimi, si ammalano di leucemie e linfomi, con il rischio di andare incontro a pesanti effetti collaterali fra cui l'insufficienza renale, a seguito della chemioterapia: é la cosiddetta sindrome da lisi tumorale, che  nel 5% dei pazienti é addirittura fatale. Causata dalla distruzione rapida di cellule maligne che liberano nel sangue sostanze tossiche, prima fra tutte l' acido urico, può essere  scongiurata grazie a febuxostat, farmaco già usato contro la gotta: fin dal primo giorno di trattamento febuxostat, che agisce come uno spazzino, riduce maggiormente l'acido urico con una superiorità globale di circa il 30% rispetto alla terapia standard in uso da più di trent'anni. 

La  ricerca, iniziata nel 2012, ha coinvolto circa 350 pazienti adulti dei reparti onco-ematologici di 79 centri distribuiti in 12 Paesi (Italia, Germania, Spagna, Spagna, Russia, Croazia, Polonia, Repubblica Ceca, Romania, Serbia, Ucraina, Ungheria e Brasile). L'Italia ha avuto il coordinamento internazionale della sperimentazione (per la quale pazienti a rischio medio o elevato di lisi tumorale sono stati suddivisi casualmente in due gruppi, uno trattato con febuxostat e l'altro con allopurinolo).

«I dati preliminari mostrano che dopo appena un giorno dall'inizio della terapia il febuxostat riduce maggiormente l'acido urico in circolo rispetto ad allopurinolo, mantenendo l'effetto per tutta la durata del trattamento, con una superiorità globale di circa il 30%», spiega Michele Spina,condirettore della Divisione A di Oncologia dell'Istituto Nazionale Tumori di Aviano e coordinatore internazionale dello studio.

«La riduzione è perciò molto superiore a quella ottenuta con allopurinolo - ha aggiunto Spina - senza alcun impatto sulla funzionalità renale o effetti collaterali di rilievo. Tutto questo può avere implicazioni cliniche rilevanti, perche' sappiamo che per ogni incremento di acido urico nel sangue pari a 1 mg/dl il rischio di sviluppare la sindrome da lisi tumorale raddoppia»'.

La sindrome è un effetto collaterale della chemioterapia e si verifica quando un gran numero di cellule tumorali, distrutte dai farmaci, liberano nel sangue sostanze tossiche in grande quantità, come l'acido urico, ed elettroliti quali potassio, fosforo e calcio, compromettendo la funzione renale o e/o provocando aritmie o convulsioni. Il rischio di sviluppare la sindrome dipende dalle caratteristiche del paziente e dallo stadio e l'estensione del tumore, e risulta piu' elevato nel caso di tumori aggressivi, che proliferano in fretta.

«Queste neoplasie sono anche quelle che rispondono meglio ai chemioterapici, che agiscono proprio sulla replicazione delle cellule tumorali - ha spiegato Spina - Perciò paradossalmente più è efficace la cura, più sale il pericolo della sindrome, che può essere grave al punto di mettere in pericolo la vita del paziente: scongiurare lo sviluppo della indrome preserva perciò le possibilità di guarigione».

«La prevenzione si fa mantenendo ben idratato il paziente e assicurandosi che il sangue non acidifichi troppo, perché questo riduce la probabilità che l'acido urico precipiti a livello dei reni provocando un'insufficienza d'organo, e somministrando farmaci che diminuiscano le concentrazioni di questo. A oggi lo standard è allopurinolo, che tuttavia ha efficacia e tollerabilità più limitate; l'alternativa è un farmaco biologico da somministrare per via endovenosa, più costoso ed in alcuni paesi anche non disponibile.Feboxustat potrebbe perciò essere un'ottima opzione: si assume per bocca con una sola dose giornaliera, è ben tollerato e piu' efficace di allopurinolo, e infine non molto costoso, fattore da non sottovalutare per il nostro sistema sanitario nazionale», ha concluso
Spina.