Imprese e mercato

Assobiotec, bioInItaly report 2014: biofarmaci alla riscossa

di Sara Todaro

Terza in Europa dopo Germania e Regno Unito, col fatturato complessivo stabile a poco più di 7 miliardi e gli investimenti in crescita di 1 punto percentuale (1,5 miliardi), l'industria biotech italiana si conferma - a dispetto della crisi - settore eccezionalmente dinamico e in grado di generare risultati importanti ed eccellenti prospettive di sviluppo.
Il profilo aggiornato del comparto - contenuto nel BioInItaly Report 2014 realizzato da Assobiotec e Ernst Young - è di scena questa settimana a Torino, in occasione di BioEurope Spring, uno dei maggiori eventi mondiali di partnering dell'industria biotecnologica.

Red in crescita
Evento di spicco destinato a celebrare ancora una volta il ruolo trainante delle red biotec, il segmento focalizzato sulla salute: delle 422 imprese censite, 241 (pari al 57%) sono infatti attive nella R&S dei nuovi prodotti terapeutici e diagnostici e 145 sono aziende pure biotech. Ricchissimo il fatturato delle red, cresciuto dell'1% rispetto allo scorso anno e giunto a quota 6,7 miliardi, cui corrisponde un investimento complessivo in R&S di € 1.382 milioni (21%). Nessun dubbio sul fatto che il farmaco biotech è il settore trainante dell'industria biotecnologica: le imprese che investono nello sviluppo di molecole e terapie innovative sono 176 e vantano una pipeline nazionale con oltre 403 prodotti (108 in fase preclinica, 46 in Fase I, 126 in Fase II e 123 in Fase III).

Il comparto delle cure bio è totalmente in crescita: aumenta il numero di prodotti in via di sviluppo (+12%) e cresce il numero delle molecole che hanno raggiunto la Fase II (+18%) e la Fase III (+17%) di sviluppo clinico. Un fervore di iniziative nel cui ambito l'impresa nazionale gioca un ruolo da protagonista: circa il 54% dei progetti deriva da imprese a capitale estero, mentre il restante 46% è frutto di imprese a capitale italiano, comprese le farmaceutiche.

Le frontiere avanzate del pure biotec
Complessivamente, circa il 45% dei progetti della pipeline italiana è composto da medicinali biotech o biofarmaci che includono, per definizione, anticorpi monoclonali (26%), proteine ricombinanti (10%) e Terapie Avanzate (9%).

La percentuale dei biofarmaci è progressivamente cresciuta dal 36%, nel 2009, al 45% nel 2013. L'oncologia resta l'area terapeutica con il più alto numero di progetti (40%), seguita dall'area dell'infiammazione e delle malattie autoimmuni (13%), dall'ambito neurologico (9%) e dall'area delle patologie epatiche-endocrine (9%).

Successo da segnalare per il 2013 la registrazione Ue del primo farmaco frutto della ricerca di una pure biotech italiana, Gentium (molecola salvavita per il trattamento della malattia veno-occlusiva epatica grave). Ma la miglior testimonianza dei livelli di eccellenza scientifica delle biofarmaceutiche si rintraccia forse nei risultati ottenuti nei settori degli Orphan drug e delle Terapie avanzate (Ta). Dei 47 progetti gestiti dalle 21 imprese attive nel settore delle malattie rare, 10 hanno infatti ottenuto la Orphan drug designation dall'Ema, 7 dalla Fda e 30 da entrambi gli enti regolatori. Per quanto riguarda le Terapie avanzate (es. terapie allogeniche e autologhe, vaccini a base di Dna ecc.), il numero dei farmaci in sviluppo è cresciuto da 32 a 40. Quattro hanno conseguito la Orphan drug designation.

Scuola di dialogo
Oltre ai successi scientifici c'è anche un dato strategico che emerge con chiarezza dal report: la chiara complementarità di ruoli tra pure biotech e imprese del farmaco. In attesa di un'adeguata crescita del Venture Capital, infatti, le imprese stanno imparando a stabilire alleanze strategiche, nonché a condividere risorse e conoscenze con altre aziende: nel 2013 il valore potenziale di alleanze è stato pari a 10 miliardi, grazie agli accordi tra aziende biotech e big-pharma ma anche grazie a patti biotech-biotech decisamente in crescita.
Basterebbe un ambiente appena più favorevole allo sviluppo delle iniziative imprenditoriali per spiccare davvero il volo.