Imprese e mercato

Per il superfarmaco contro l'epatite C AbbVie sceglie l'Italia

di Roberto Turno (da Il Sole 24 Ore di oggi)

C'è anche un pezzo di made in Italy nel nuovo superfarmaco contro l'epatite C che per primo al mondo sarà interferon-free. La molecola (dasabuvir) sarà prodotta da AbbVie interamente nello stabilimento di Campoverde (Aprilia, Latina) ed esportata in 70 Paesi. Con un primato nel primato: la produzione è stata letteralmente strappata all'India. Invece AbbVie ha scelto il suo stabilimento in Italia, non i terzisti indiani, segno che il made in Italy del farmaco gode di buona reputazione non solo per qualità e sicurezza, ma anche per i suoi costi e la velocità di realizzazione che ha saputo dimostrare alla casa madre del colosso statunitense.

Nata nel 2013 da una costola di Abbott, AbbVie è un'azienda biofarmaceutica globale, con un portafoglio vendite e di prodotti da Big Pharma: ben 18 miliardi di dollari di fatturato all'anno nel mondo, 25mila dipendenti, 7 centri di ricerca e stabilimenti di produzione sparsi dappertutto, farmaci leader di mercato e un'ampia pipeline di prodotti. E la divisione italiana – con 350 milioni di euro di fatturato, un'export a due zeri, uno stabilimento a Campoverde di Aprilia (Latina, nella provincia d'oro per il pharma), mille dipendenti e altri 200 come forza vendita – si sta rivelando un avamposto molto importante per l'azienda statunitense. Tanto che ora parte la scommessa sul sito di Campoverde legata a uno dei superfarmaci contro l'epatite C (prodotti che promettono di sradicare il virus, non solo di contrastarlo) attesissimi sul mercato, e naturalmente prima di tutto dai pazienti.

Spiega Fabrizio Greco, general manager e ad di AbbVie Italia, ingegnere genovese di 50 anni: «La produzione del farmaco in Italia è frutto di una combinazione favorevole, ma non solo, dopo la nascita di AbbVie. Inizialmente si era pensato di produrlo in India presso un terzista. Poi, con la divisione da Abbott, l'azienda non ha più riscontrato nel paese asiatico le indispensabili garanzie di qualità e affidabilità. Di qui la richiesta di verificare rapidissimamente la possibilità di realizzare il prodotto in Italia, visto che avevamo il know how necessario. Abbiamo fatto tutto con una velocità tale, che la casa madre è rimasta stupita, constatando che avevamo le capacità di produrre il farmaco, di farlo con alta qualità, con la massima affidabilità e con costi non superiori all'India». La decisione di destinare la produzione a Campoverde è stato il passo conseguente.
Il farmaco – un composto di tre prodotti tutti di AbbVie – dovrebbe superare gli esami Ema per l'Europa per fine anno, per essere poi immesso nel mercato in Europa entro tre mesi nei Paesi più veloci, in Italia forse entro la metà del 2015, mentre viene intanto testato anche per uso compassionevole. Per AbbVie significherà accrescere l'export dall'Italia e magari aumentare gli investimenti. Spiragli che potrebbero aprirsi anche dopo le recenti aperture del premier Matteo Renzi alle case farmaceutiche. Aperture cui l'azienda Usa guarda con interesse: «L'attenzione del premier è importante per le industrie farmaceutiche – afferma Greco –. Creare un ambiente favorevole per gli investimenti è una valvola decisiva per noi. Anche se c'è un passo ulteriore da fare: trovare le risorse per portare l'innovazione ai pazienti. È qui che si gioca la sfida del futuro, per l'epatite C e per tante altre malattie per le quali ci sarebbero cure decisive e definitive».
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