Europa e Mondo

Cure transfrontaliere: sette casi studio dall'Oms

di Rosanna Magnano

Un'esigenza sanitaria locale, la presenza di apripista disposti a investire tempo e fatica, una governance adeguata e snella. Sono tre degli ingredienti indispensabili per la buona riuscita di una collaborazione transfrontaliera tra ospedali di confine. La ricetta è quella che emerge da uno studio Oms - dal titolo: «Seven case studies on cross-border collaboration and health system interactions» - che analizza sette casi di collaborazione transfrontaliera tra ospedali in 11 Paesi Ue e non Ue (Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Norvegia, Romania e Spagna).

Le finalità dello studio. Obiettivo dell'analisi: capire come avvengono le interazioni tra le strutture e gli altri attori dell'assistenza sanitaria, quali sono le motivazioni che spingono a instaurare un rapporto di collaborazione, a chi giovano e quando possono funzionare. Alla base dell'analisi c'è naturalmente la necessità di presentare dei casi pilota che aiutino gli Stati Ue nell'applicazione della direttiva sull'assistenza sanitaria transfrontaliera, che chiede esplicitamente ai partner Ue di cooperare nella prestazione di assistenza sanitaria transfrontaliera nelle regioni di confine. Un obbligo che riguarda soprattutto le cure di secondo livello e che mette al centro dell'attenzione gli ospedali che si trovano in aree di frontiera. Dallo studio dei sette casi, emerge come accanto ai potenziali benefici delle collaborazioni transfrontaliere si presentino in realtà non poche difficoltà.

L'unico caso di successo. Tra tutte le inziative analizzate infatti solo una sembra funzionare senza intoppi. Si tratta di una interazione tra Francia e Belgio, nella regione delle Ardenne, che si estende su una zona rurale nel sud-est del Belgio e nord-est della Francia. Sul versante francese, il territorio intorno al fiume Mosa con la città di Givet al suo centro - comunemente chiamata la «Botte de Givet» - è praticamente circondato dal territorio belga. L'attività di due ospedali locali in questa enclave francese era stata, per motivi economici, drasticamente ridotta a partire dal 2002. Di conseguenza, l'ospedale più vicino, che offre una gamma completa di assistenza sanitaria, era a 60 km. Su pressione della popolazione locale, amministratori e attori campo hanno cercato soluzioni innovative per compensare la mancanza di servizi di assistenza sul lato francese. Accordi successivi sono stati quindi sviluppati per consentire ai cittadini francesi con l'assicurazione sanitaria sociale (SHI) a La Botte de Givet di essere trattati attraverso il confine nel vicino ospedale belga a Dinant (CH de Dinant). Ciò ha comportato significativi flussi unidirezionali di pazienti da Francia al Belgio.

La cassetta degli attrezzi. Lo studio Oms propone anche conclusioni politiche direttamente connesse alla direttiva Ue sui diritti dei pazienti e propone una "cassetta degli attrezzi" di prerequisiti per l'avvio o il mantenimento di una collaborazione transfrontaliera nel settore sanitario.


Serve un obiettivo. Il primo prerequisito è l'esistenza di un obiettivo o di un'esigenza locale di collaborazione transfrontaliera: questo attiva e motiva i partner e giustifica la collaborazione di attori esterni. La necessità deriva di solito da una domanda da parte dei pazienti, che richiedono un particolare tipo di cura a livello locale, invece di dover percorrere lunghe distanze all'interno del sistema d'affiliazione. Può anche verificarsi una situazione diversa, ossìa quando ospedali di frontiera hanno la necessità di reperire professionisti della salute per riempire le posizioni vacanti . Se la necessità cambia o scompare, la relazione può venire meno di conseguenza.


Il ruolo degli «apripista«. Un ruolo fonadamentale è giocato anche dagll'azione dei singoli individui: Difficilmente una collaborazione può decollare senza il coinvolgimento di apripista o "militanti" che credono nella causa, spingono la collaborazione in avanti e sono disposti a investire tempo e fatica e ad assumersi dei rischi . Se gli «apripista» abbandonano la partita, spesso la relazione tra le strutture si interrompe.

Condivisione. Tra i partner interessati dalla collaborazione è necessario che gli interessi siano condivisi, mentre se i loro interessi sono vari e diversi, questi non devono entrare in conflitto. Se gli interessi si scontrano, la collaborazione si può trasformare rapidamente in concorrenza .


Un contesto favorevole. Fondamentale il supporto di attori esterni: questo può essere di tipo passivo, nel senso che gli attori esterni non ostacolano la collaborazione, o attivo. Il sostegno attivo deriva di solito da tre fonti : la comunità e le parti interessate dalla collaborazione transfrontaliera (come ad esempio i medici locali ), autorità pubbliche che non sono partner a pieno titolo nella collaborazione e nel finanziamento.


Il nodo della governance. Serve infine una struttura di governance adeguata. Questa dovrebbe essere il più semplice possibile, tenendo conto delle particolarità della regione di confine e dello scopo della collaborazione. I partner dovrebbero scegliere un approccio relazionale, contrattuale o basato sulla proprietà per garantire la governance. Essa deve soddisfare le istituzioni, le regole e gli interessi dei sistemi sanitari coinvolti .