Europa e mondo

Un Ssn più povero per i poveri. La spending review targata Italia

Il Convegno organizzato dalla Fems, che ha messo a confronto i sistemi sanitari di nove diversi Paesi europei, ha offerto l'occasione di mettere in evidenza alcune peculiarità del Sistema sanitario italiano. Il Servizio sanitario nazionale nasce nel 1978 interpretando nel migliore dei modi l'articolo 32 della Costituzione («La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo...»). La legge n. 833 istituisce un sistema sanitario pubblico finanziato dalla fiscalità generale, in cui il cittadino è tutelato secondo i suoi bisogni indipendentemente dalla sua contribuzione, che garantisce una tutela sanitaria gratuita e uniforme a tutta la popolazione e l'uguaglianza di tutti i cittadini in tutto il territorio nazionale.

Ma il sistema negli anni successivi sprofonda in una grave crisi caratterizzata da una parte dalla rigidità del governo centrale incapace di adattare il sistema ai nuovi bisogni emergenti e dall'altra dalla mancata responsabilizzazione degli enti periferici sul versante della spesa, cosicché ingenti trasferimenti di risorse in forma vincolata e a "piè di lista" finiscono con il generare incontrollati disavanzi di gestione.
I nuovi provvedimenti legislativi adottati, pur subordinando il principio del "tutto a tutti" al vincolo delle "risorse disponibili", si dimostrano incapaci di saldare il diritto alla salute con l'equilibrio di bilancio. Sotto la spinta della necessità di ritrovare l'equilibrio economico-finanziario del sistema e di avvicinare il più possibile il governo della salute ai bisogni dei cittadini, nel 2001 viene approvata la modifica del titolo V della Costituzione.

La potestà legislativa in tema di salute è divisa in due. I princìpi generali sono demandati allo Stato, a cui spetta la determinazione dei livelli essenziali di assistenza, alle Regioni sono affidate la organizzazione dei servizi e l'erogazione delle prestazioni sanitarie. Una rivoluzione che doveva essere copernicana e che invece, a causa della incapacità della politica a governare l'equazione "bisogni crescenti/risorse definite" e di riprogrammare il sistema dell'offerta, ha finito con il produrre una frammentazione del Servizio sanitario nazionale unico e universale in 21 servizi sanitari regionali. In questo nuovo contesto la crisi economica si è trasformata in un acceleratore di diseguaglianze. I tagli alla spesa pubblica, adottati in nome di una rigorosa politica di contenimento dei costi, hanno colpito in particolare la sanità per un valore complessivo pari a 31 mld di euro (Corte dei conti 2014) e per la prima volta nel 2013 la spesa sanitaria pubblica è diminuita sia in valori assoluti (-1,2%) che in rapporto al Pil (dal 7,3% al 7,2%).

Il raffronto con i maggiori Paesi della Ue è impietoso. L'Italia ha una spesa sanitaria pubblica pro capite (1.842 euro) inferiore alla spesa sanitaria media europea, molto lontana dalla spesa sanitaria pro capite della Germania che spende il 50% in più dell'Italia e anche della Francia e del Regno Unito che spendono rispettivamente +37% e +16%. Ma soprattutto nell'analisi del complesso della spesa pubblica dei cinque maggiori Paesi della Ue è possibile constatare alcune importanti differenze. In Italia la spesa pro capite per le pensioni è più alta che negli altri Paesi a differenza di quella sanitaria che è invece la più bassa. Inoltre la spesa pro capite per la disabilità è la più bassa tra i cinque maggiori Paesi europei: 493 euro contro i 930 euro della Germania, gli 823 del Regno Unito, i 729 della Francia e i 577 della Spagna. Un grave ritardo se si considera che l'Italia è il Paese con il più alto numero di abitanti over 65 (21%), (media europea del 18%) destinata ad arrivare al 32,6% nel 2065. Tra i provvedimenti maggiormente utilizzati dal Governo che hanno allontanato l'Italia ancora di più dal resto d'Europa c'è la riduzione di numero dei posti letto diventato la principale unità di misura di spesa.

I posti letto sono diminuiti di circa 70.000 unità in dieci anni, portando l'Italia a una dotazione inferiore alla media europea (3,5 per 1.000 ab. contro 5,5 per mille) molto distante dalla dotazione di pl della Germania e della Francia (rispettivamente 8,2 e 6,4 per mille abitanti). Un accanimento rivelatosi distruttivo a fronte della cronica carenza di assistenza domiciliare e residenziale e del ritardo della riforma delle cure primarie. Il sovraffollamento dei Ps, le lunghissime ore di attesa di un pl per un ricovero ne sono la più lucida testimonianza.

La sanità pubblica avrebbe bisogno di invertire una storia di anni di sottofinanziamento e invece proprio in questi giorni registra provvedimenti in continuità con le politiche recessive del passato. Il patto della salute 2014-2016, che doveva garantire certezza di risorse nei prossimi tre anni è già sconfessato dall'ennesimo taglio al fondo sanitario nazionale di 2,7 mld nel 2105. Il pericolo maggiore che la sanità pubblica italiana corre nei prossimi anni se non interverranno radicali cambiamenti che affrontino in modo diverso il tema della compatibilità economica è che si consolidi un sistema a doppia velocità, con il Ssn che restringendo progressivamente il suo raggio di copertura dei bisogni, è ridotto a un sistema impoverito per i poveri, e una nuova sanità privata fatta di fondi integrativi e mutue affidata alla intermediazione assicurativa.