In Parlamento

Procreazione, indagine della commissione errori della Camera: centri convenzionati quasi tutti al Nord

Procreazione assistita: nel Sud e nelle isole si concentra il maggior numero di centri privati (con 7 centri su 16), mentre il maggior numero dei privati convenzionati si trova in Lombardia, con 9 centri su 10 appartenenti a questa tipologia. Ne consegue che spesso al sud le coppie pagano di tasca loro oppure sono costrette a fare lunghi viaggi della speranza verso i centri del Nord che vengono pagati dalle Regioni a scarsa dotazione (Sicilia, Calabria..) alle regioni ad alta dotazione (Lombardia, Emilia Romagna).

Questi alcuni risultati della relazione statistica sulla procreazione assistita che la Commissione parlamentare d'inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali della Camera dei Deputati ha presentato oggi. In un momento in cui non c'è pace per la legge 40. Dopo la decisione del Governo di ricorrere alla Grande Camera della Corte europea dei diritti dell'uomo che, in primo grado, aveva bocciato la normativa italiana sulla procreazione assistita e, in particolare, il divieto di diagnosi preimpianto, il Tribunale di Firenze ha sollevato eccezione di costituzionalità rispetto al divieto di utilizzare per la ricerca scientifica gli embrioni malati o abbandonati, e come tale "scartati" dal processo e all'impossibilità di revocare il consenso informato (VEDI NOTIZIA SU QUESTO SITO) .

L'indagine relativa alla procreazione medicalmente assistita della commissione errori della Camera è il risultato dell'analisi di 96 risposte su un totale di 351 centri dell'elenco del Registro Nazionale Procreazione Medicalmente Assistita (27%). Le risposte ai questionari provengono soprattutto dal settentrione: 46% dal Nord-Ovest, il 23% dal Sud e isole, il 18% dal Nord-est e il 13% dal Centro. Dalla sola Lombardia è arrivato il 31% delle risposte. I dati, per quanto preliminari, restituiscono uno specchio della situazione complessiva del paese e permettono di tracciare una fotografia indicativa di costi e problematiche.

Dall'entrata in vigore della legge 40 - si legge nel commento della commissione - continuano ad aumentare in modo costante le coppie che accedono alle tecniche di PMA, così come aumentano il numero di cicli iniziati e delle gravidanze ottenute. Oggi i nati da fecondazione in vitro sono il 2,2% dei nuovi nati (fonte Ministero della Salute, Relazione al Parlamento sulla PMA, giugno 2012).

E' in aumento l'età media delle donne che si sottopongono a questo tipo di trattamenti, che nel 2010 si è attestato a 36,3, mentre ben il 29,2% dei "cicli a fresco", ovvero che non utilizzano gameti o embrioni crioconservati è effettuato da pazienti con età superiore ai 40 anni. Questo fattore incide negativamente sui risultati delle tecniche stesse e sul numero dei cicli di trattamento effettuato. Ciononostante, continua a migliorare l'efficacia delle procedure di procreazione medicalmente assistita, come mostrato da tutti gli indicatori, dal numero dei nati vivi a quello delle gravidanze in rapporto ai cicli iniziati ed ai trasferimenti eseguiti.

In Italia, le tecniche di PMA vengono effettuate in centri che si dividono, a seconda della complessità e delle diverse tecniche offerte, in centri di I livello e centri di II e III livello. I centri di I livello, sono quelli che applicano solamente l'Inseminazione semplice e la crioconservazione del liquido seminale. I centri di II livello, sono strutture più complesse che applicano anche altre tecniche: la fecobdazione in vitro con trasferimento dell'embrione (ICSI o FIVET, la crioconservazione degli embrioni e degli ovociti, tecniche chirurgiche di prelievo degli spermatozoi etc. Quelli di III livello che svolgono lavoro di ogni complessità, inclusi diagnosi genetica preimpiantatoria e laparoscopia. Le risposte ottenute, con una prevalenza di centri di II e III livello, indicano una buona dotazione rispetto ai problemi riproduttivi.

Analisi dei dati

Sono stati quasi 60.000, complessivamente, i cicli di fecondazione portati completamente a termine nei 18 mesi presi in esame dall'indagine (1 gennaio 2011 – 30 giugno 2012). Ovvero 3.333 cicli al mese, 39.000 all'anno. Il dato è relativo al 25% dei centri, è dunque ipotizzabile che estendendo la proporzione su tutto il territorio, si arrivi a cifre molto significative, come 150.000 cicli completi effettuati ogni anno. Più della metà dei cicli sono stati effettuati tra Piemonte e Lombardia (55%), seguito dal Centro (20%), nel Nord-est (15% sul totale), nel Sud e Isole (pari al 10%).

Il numero medio di cicli effettuati per ogni centro è di 681 cicli. Sopra della media il Nord-Ovest, con 802 cicli, il Nord-Est con 703 cicli e il Centro con 793. Molto al di sotto della media è il Sud e le Isole con un numero medio di cicli pari a 313.

Nelle strutture pubbliche, in media, il numero di cicli completi effettuati è inferiore rispetto a quelli effettuati in strutture completamente private o convenzionate. Il dato riflette un'offerta pubblica inadeguata rispetto alla domanda complessiva, con un servizio spesso caratterizzato da lunghe attese a fronte della pronta disponibilità dei privati.

Ma quanto paga ogni regione per la performace? Il rimborso medio nazionale è pari a 1.934 euro. Quello che colpisce, però, è l'oscillazione del costo, che va da un minimo 928 e un massimo 3.547, molto probabilmente specchio di performance diverse di cui però nessuno può controllare i risultati.

La prescrizione dei farmaci induttori dell'ovulazione - farmaci ad alto costo, visto che un ciclo può costare fino a 800 euro e molto spesso non basta - è affidata alla responsabilità dei centri di PMA solo nel 75% dei casi, in modo omogeneo sul territorio. Nel 25% dei casi dunque esiste il rischio che queste vengano fatte da chi non è controllabile, ovvero vengano erogate senza responsabilità specifiche.

La mappatura dei rischi, che serve a ridurre al minimo il margine d'errore attraverso la gestione del rischio, esiste nell'81% dei casi. Buona la velocità con cui l'Italia sta recependo la recente normativa europea in merito e organizzando corsi di formazione in merito, avviati nell'87% dei casi.

Quando qualcosa non va per il verso giusto per errori nelle procedure o per difetti di apparecchiature o guasti, entra in ballo l'assicurazione per la copertura dei rischi: l'81% dei centri la fornisce per ogni step della procedura. Un 19% dei centri ha dunque una copertura assicurativa non completa.

La crioconservazione è uno dei punti che il questionario proposto intendeva indagare e mettere in evidenza, focalizzando l'attenzione, in particolare, sul numero dei centri che dispongono di apparecchiatura per la crioconservazione e sulle differenti tecniche di crioconservazione utilizzate.

Per quanto riguarda gli embrioni, tali tecniche si effettuano nel 62% dei casi, in particolare nel Nord-ovest (il 51%), seguito dal Centro (22%). La Lombardia, con 19 centri, è la regione più virtuosa in questo senso.
La crioconservazione degli ovociti, invece, viene effettuata nel 61%, in particolare nel Nord-ovest (52%). Nella Lombardia vi è il maggior numero di tali strutture (20), seguita dalla Toscana (8) e dall'Emilia Romagna (6). Le tecniche di crioconservazione degli spermatozoi si effettuano nel 60% dei centri, con una larga presenza nel Nord-ovest (soprattutto in Lombardia).

Molto meno frequente la crioconservazione del tessuto ovarico, necessaria in caso di casi oncologici, si effettua solo nel 17% dei rispondenti. Di questi, il 48% di questi centri si trova nel Nord-ovest, il 27% nel Centro, il 20% nel Nord-est . Svantaggiato ancora una volta il Sud e le Isole, dove esiste un solo centro che applica questa tecnica (in Campania).

Le tecniche laparoscopiche, necessarie per gestire complicanze e fare diagnosi di malattie specifiche, nella gestione delle complicanze delle prestazioni di III livello, si hanno nel 63% dei casi. Anche qui la distribuzione geografica premia il Nord-ovest (27%) nel Nord-ovest. I centri in grado di preservare la fertilità di coppia nei pazienti oncologici sono circa la metà dei rispondenti e il 77% di questi offre un servizio pubblico.

Analizzando la dotazione in organico delle strutture di figure professionali specifiche si rileva che in alcuni centri (2 di quelli analizzati, presumibilmente una decina scarsa a livello nazionale) non vi è nessuna delle professionalità indicate. Quanto agli altri, nell'85% dei centri è presente la figura del biologo, nel 74% lo psicologo, nel 70 % l'andrologo e, infine il genetista nel 51%. Nel 44% del totale vi è la contemporanea presenza dei detti professionisti.

Uno degli aspetti che caratterizza l'attuale situazione riproduttiva è l'alto tasso di infertilità. Ma l'informazione sulla prevenzione di questa patologia è assente nel 39% delle strutture esaminate (32). L'Attività informativa sulla prevenzione dell'infertilità è, invece, fornita nel 61% dei centri: il 44% dislocati nel Nord-ovest, nel 78% dei casi sono pubblici. L'indagine prevedeva una domanda specifica per quanto riguarda il collegamento tra il rischio ambientale (e quindi varie forme inquinamento) e l'infertilità: hanno risposto a tale domanda neanche la metà dei centri (38). Di questi solamente 6 e tutti pubblici, hanno dato risposta positiva (3 in Campania, 1 in Sicilia, 1 in Liguria e 1 in Lombardia).

Circa 213 euro, tanto spende una coppia, in media, per un ciclo completo in un centro pubblico o convenzionato. Tale cifra oscilla dai 211 euro nel Nord-ovest, 163 euro nel Nord-est, 208 euro nel Centro e 269 euro nel Sud e isole.

Il costo finale del cosiddetto "bimbo in braccio", è in media di 12.300 euro, con un valore minimo di 6.900 in Emilia Romagna e un valore massimo di 15.600 euro in Lombardia. Con questa voce si intendono tutti i costi che intercorrono dal momento della terapia riproduttiva a cui viene sottoposta la coppia, alle spese per la gravidanza visite, ecografie, esami, con i relativi eventuali ricoveri. A questi si aggiungono i costi dovuti alle complicanze delle gravidanze plurime e delle iper stimolazioni. Infine quelli del parto vero e proprio, che è generalmente cesareo, e quelli delle complicanze sui nascituri, frequenti soprattutto nei parti plurimi che sono sempre prematuri e quindi necessitano di assistenza neonatale anche intensiva. Sottraendo i costi che riguardano la gravidanza, il parto e le eventuali complicanze nel neonato, si ottiene la somma che pagano le famiglie che fanno ricorso al privato, che oscilla dai 3000 ai 4000 euro. A pagarli di tasca propria, se non optano per la mobilità passiva, sono in particolare i cittadini che vivono al Sud e nelle isole, dove i centri sono perlopiù privati.

Le donne che si sono sottoposte al trattamento sono 50.900 (dal 1 gennaio 2011 al 30 giugno 2012): di queste 37.322 erano residenti nella stessa regione del centro di Pma, mentre 13.578 hanno dovuto migrare verso altre regioni, con conseguenti costi e disagi: il 48% ha scelto il Nord-ovest. La media a livello nazionale di donne trattate per ogni centro di 444 donne residenti e di 168 donne non residenti. Più di un quarto delle donne, quindi, fanno trattamenti in altre regioni diverse da quelle di residenza con una migrazione che va, tipicamente, da sud verso nord. Il 39% dei cicli riproduttivi fatti sui siciliani, ad esempio, (5130 nel 2010, dato estrapolato dal piano sanitario regionale siciliano) vengono fatti al nord. Il motivo è dovuto al fatto che nella maggior parte delle regioni del nord, tali trattamenti sono previsti all'interno del sistema sanitario regionale mentre in altre regioni sono effettuati in centri privati e, dunque, a carico del paziente. In Sicilia, su 36 centri, 7 sono pubblici e fanno 445 cicli (14%) e 29 sono privati ed effettuano il 86% dei trattamenti. Quindi a pagare è la famiglia se il trattamento viene fatto nella propria regione d'origine, mentre paga quest'ultima se viene fatto in altre regioni diverse dalla propria.

L'indice di "attrattività" che esprimere la capacità di una struttura di una regione di richiamare potenziali pazienti da altre regioni, vede in testa: Toscana (113,3%), Valle d'Aosta (61,9%), Friuli Venezia Giulia (48%), Emilia Romagna (34,2%), Lombardia (31,8%).

«Con questo tasso altissimo di mobilità passiva, tra l'altro in continua crescita, le Regioni del Nord continuano ad arricchirsi a spese delle regioni più povere. L'unico modo per superarlo è inserire la riproduzione assistita all'interno dei Lea, per far in modo che venga reso omogeneo su tutto il territorio tanto il servizio che il costo. Allo stesso modo e per lo stesso motivo, sarebbe necessario prevedere un unico costo per il rimborso, valido in tutto il paese come avviene per le altre patologie», spiega il Presidente della commissione errori Antonio Palagiano.

«Inoltre – aggiunge - ridurre la mobilità, sarebbe atto umanitario nei confronti delle coppie che si trovano ad affrontare una fase delicata come il progetto di diventare madri e padri, non solo affrontando le difficoltà dovute alle tecniche in se stesse, ma anche lontani da affetti, famiglia e terre d'origine».

«Quanto al rimborso medio nazionale – conclude Palagiano - appare improbabile che una performance possa essere qualitativamente la medesima con rimborsi tanto differenti che vanno da un minimo di 928 e un massimo 3.547 euro. Il dato evidenzia, invece, che le performance, quanto a know-how, ambienti, qualità dei materiali, non sono le stesse, ma nessuno può controllare i risultati».