In Parlamento

Elezioni: nei programmi sanità dei partiti la promessa di sostenere l'industria

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Tutti (tranne Monti) contro la spending review targata Enrico Bondi. Tutti (sotto elezioni) contro l'invasione dei partiti nelle asl e negli ospedali. Tutti che battono la grancassa della ricerca e della meritocrazia, riconoscono il ruolo dell'industria della salute e promettono una parte centrale all'esercito di oltre 1,5 milioni di italiani (ed elettori) che lavorano nel settore. Molti fautori di un ruolo forte del ministero, Monti che vuole un cambio di rotta sul federalismo sanitario, la Lega che invece lo recita come un mantra. Ma non tutti in sintonia sul futuro welfare: chi strizza l'occhio all'arretramento dello Stato, chi rivendica l'universalità ma cambiando parecchio, chi agita la carta dei fondi integrativi e chi la rinnega, chi dice basta all'aziendalizzazione che sta per compiere 18 anni. Giusto l'eta per votare.

Partiti in ordine sparso ma con tante promesse sulla sanità verso le elezioni. A conferma che il sistema-salute, con oltre 110 miliardi di spesa pubblica l'anno (e 30 di spesa privata) e una filiera che vale l'11,2% del pil, è insieme un ingombro e un fortino di potere eccezionale.

A dominare il dibattito è l'allarme lanciato da Monti fin da novembre: il rischio di sostenibilità per il Ssn senza interventi non semplicemente di lifting. Allarme che il Pd ha restituito al mittente, rilanciando la palla nella metà campo ormai avversaria: «Come diceva un rapporto canadese degli anni Novanta, la sostenibilità è quella che uno Stato (e un Governo) decide di darsi». Ovvero, quanto ci si vuole scommettere e investire. Che welfare sanitario, insomma, darci per l'oggi e costruire per il domani.
Intanto i partiti già con le candidature hanno dato precisi segnali. Ecco così nel Pd i presidenti dell'Ordine dei medici e del collegio degli infermieri. Nel Pdl invece i vertici dell'Ordine dei farmacisti. Sirene per le categorie, indicazioni di marcia. Non sono un caso le parole di Angelino Alfano: «Se vince il Pd vi asfalta», ha detto ai farmacisti riferendosi alle note voglie bersaniane di liberalizzazioni. Così Stefano Fassina, responsabile economico Pd, ha replicato: «Non asfaltiamo nessuno, vogliamo il dialogo». Come ha fatto anche l'ormai montaniano ministro Renato Balduzzi.

Intanto parlano i programmi. Con tutte le tare pre-voto. Il Pd s'è gettato per primo nella mischia con lo slogan: basta tagli, largo agli investimenti. E sui nuovi ticket frena: o si eliminano o, se il fisco funziona, pensare di legarli ai redditi. Altolà all'attuale spending, ma azzerando sprechi e inefficienze con un'organizzazione riveduta e corretta: cure sul territorio da rifare (e da finanziare) poi ospedali da mettere in linea. Stop al federalismo spacca Italia, via a un ministero più forte. Dare all'industria, a partire da quella farmaceutica, una programmazione almeno triennale. Poi un ruolo forte agli operatori, la prevenzione, la tutela assicurativa dei medici.

Decisamente più scarno il programma del Pdl. Che rilancerà la legge sul biotestamento, la sussidiarietà, la riforma della legge Basaglia, un ruolo pubblico-privato nel segno della par condicio. E dei «prezzi di riferimento». Mentre la Lega, socia di centro-destra, ha un solo vero obiettivo: avanti a colpi di federalismo e di costi standard. Ma sembra isolata nel suo alzar la voce. Le macro Regioni, il super Nord come stelle lucenti.

I partiti della «Lista civica» per Monti presenteranno domani il programma nel segno del «diritto alla salute». Ma qualcosa trapela: salvare l'universalità con forti dosi di efficienza, rafforzando il ruolo del ministero facendo tornare allo Stato la (quasi) piena competenza sulla salute. Anche cambiando le regole per spartire le risorse, liberando il Ssn dall'invadenza dei partiti, garantendo la trasparenza on line anche per conoscere la qualità delle prestazioni di ogni ospedale. Valorizzando merito ed eccellenze. E l'industria, volano «di ricchezza e di occupazione». Insomma: salvare il soldato Ssn, ma rivestendolo da cima a fondo.

Poi ci sono gli altri outsider. M5S di Beppe Grillo rilancia su equità e universalità, chiede ticket tarati sui redditi e di cambiare la devolution. Ma anche di reintrodurre i Cda nelle asl ed impedire l'attività privata dei medici, incentivando il merito anche con tetti massimi nell'attività privata. «Fermare il declino», per parte sua, rilancia la lotta agli sprechi e alle clientele e propone una competizione ad armi pari col privato. Esattamente il contrario di «Rivoluzione civile» che fa del servizio pubblico la stella polare (dunque facendo regredire il privato) e mette gli obiettivi di salute prima di quelli economici.

Di tutto, di più. Prima del voto. Dopo il voto, si vedrà. Anche se serviranno altre manovre, e a chi toccherà pagare.

Le proposte dei partiti sulla salute

PD-SEL-PSI
Stop a tagli e definanziamento del Ssn: nel settore, anzi, si deve investire di più. Ma aggredendo sacche di spreco, inefficienze clientelari e cambiando la governance. Per i nuovi ticket (2 miliardi in più dal 2014) puntare a soluzioni alternative, anche su ticket tarati sui redditi familiari se il Fisco funziona. Altolà ai tagli lineari (spending) e per i fondi integrativi interventi limitati alla regolazione normativa e fiscale. Il ruolo del ministero va rafforzato senza più subalternità verso l'Economia e derive federaliste. Riconoscere il ruolo trainante dell'industria, a partire dal farmaceutico, con una programmazione di 3-5 anni. E ancora: partiti fuori dalle nomine, puntare sulla prevenzione, riqualificare le cure sul territorio e rivedere il ruolo degli ospedali, tutela assicurativa per i medici, ruolo cruciale degli operatori.

PDL-LEGA
Il programma del Pdl è estremamente scarno. Nel Welfare in generale, si dice di voler puntare sulla sussidiarietà, con un accenno chissà se valido anche per la sanità al «buono-dote e credito d'imposta per la libera scelta nei servizi del Welfare». Cambiare la legge Basaglia del 1978 sulla salute mentale, altro slogan, possibile richiesta di cambiare la spending review e di tutelare i medici dai rischi clinici. Fare la legge sul biotestamento. Rapporto pubblico-privato da riequiibrare, nel segno della par condicio. Sul federalismo le anime Nord-Sud sicuramente non hanno trovato una sintesi: piacciono i prezzi di riferimento, chissà fino a che punto.
Il Carroccio invece va a tutto federalismo e dei costi standard fa la sua bandiera pressoché esclusiva: «È il presupposto fondamentale – afferma – per garantire il diritto alla salute».

SCELTA CIVICA
Assicurare l'universalità delle cure ma con un forte recupero di efficienza del sistema. Dunque, rinnovare in profondità definendo precisione le prestazioni da garantire nello stesso modo a ogni latitudine. Ticket sostituiti con una franchigia legata al reddito Isee. Rafforzare il ministero e il suo ruolo di indirizzo e di controllo e affidare allo Stato la competenza sulla salute. Cure h24 modello Balduzzi e taglio dei posti letto negli ospedali. Nuove regole di riparto, stop all'invadenza dei partiti. Garanzie ai medici sul rischio clinico. Regole chiare nel rapporto pubblico-privato, definendo le prestazioni dei Fondi integrativi. Ruolo attivo e partecipe dei cittadini, garantendo visibilità e conoscenza (on line) delle prestazioni e della loro qualità nelle strutture. Valorizzare eccellenze e i meriti, riconoscere il volano dell'industria della salute come creatrice di ricchezza e di occupazione.

MOVIMENTO 5 STELLE
Garantire a tutti l'equità e l'accesso alle prestazioni essenziali, anche con ticket proporzionali ai redditi. Monitorare e correggere la devolution. Promuovere i farmaci fuori brevetto e prescrivere solo per principio attivo, niente incentivi economici agli informatori scientifici. Non consentire ai medici pubblici di operare nel privato, incentivandone la permanenza nel Ssn, premiando il merito anche con tetti massimi nell'attività privata. Trasparenza e snellimento burocratico: liste d'attesa, centri di prenotazione e convenzioni coi privati on line. Reintrodurre i Cda nelle Asl e negli ospedali per limitare il potere dei direttori generali. Possibilità di donare l'8 per mille alla ricerca medico-scientifica e finanziare la ricerca indipendente attingendo ai fondi per quella militare. Investire sui consultori familiari e sulla sicurezza.

RIVOLUZIONE CIVILE
La parola d'ordine è secca: «Rafforzare il sistema sanitario pubblico e universale». Con un'attenzione particolare che dev'essere rivolta alla non autosufficienza. Lo stesso leader di Rivoluzione civile, Antonio Ingroia, ha poi aggiunto che la gratuità dei farmaci va estesa ad alcuni farmaci di fascia C senza prodotti analoghi in fascia A, soprattutto per i pensionati e per i bassi redditi. No ai tagli lineari indiscriminati contro i cittadini e le eccellenze. Eliminare tutte le misure che hanno favorito la sanità privata. Investire nella prevenzione, restituire un ruolo attivo ai Comuni, rivedere la rete ospedaliera con meno tagli dei posti letto ma creando cure e servizi territoriali. Stop all'aziendalizzazione e alla prevalenza degli obiettivi economici su quelli di salute, impedire il doppio lavoro nel pubblico e nel privato, nuove nomine per i manager svincolandoli dal potere politico.

FARE PER FERMARE IL DECLINO
Eliminare le sacche di spreco e definire chiaramente i contorni e il ruolo del servizio pubblico. «Sistema pubblico non vuol dire "non privato"», ha detto lo stesso leader di «Fermare il declino», Oscar Giannino. In questa direzione, dunque, saranno necessarie iniezioni di concorrenza a vasto raggio tra il sistema pubblico e il privato. Sulla falsariga del modello, secondo FiD, seguito negli ultimi anni dalla Germania dove l'aumento della componente privata rispetto a quella pubblica avrebbe consentito di contenere meglio i costi generali. Tra gli sprechi, massima attenzione a quelli legati all'acquisto di forniture da parte di Asl e ospedali, cresciuti a livello esponenziale. Rilancio e massima attenzione al ruolo delle industrie di settore. A cominciare da quella farmaceutica, colpita in quattro anni da tagli per 11 miliardi che avrebbe potuto reinvestire in ricerca e innovazione.