In Parlamento

Corte dei conti: le aziende sanitarie hanno 16 miliardi di "crediti" verso le Regioni

Il ritardo dei pagamenti ai fornitori da parte degli enti del Ssn ha due speigazioni: «gli investimenti effettuati nel passato a valere sul finanziamento corrente per importi non coerenti con le possibilità economiche e finanziarie degli enti e le mancate erogazioni da
parte delle Regioni di somme da queste incassate quale contributo dello Stato al finanziamento della sanità o di cui era prevista la somministrazione a copertura (a carico della regione) dei risultati economici annuali del settore sanitario regionale (posto che, come ricorda la relazione tecnica, l'equilibrio economico è garantito da specifiche disposizioni vigenti e dalle verifiche trimestrali dei Tavoli tecnici
competenti)».

Così la Corte dei conti affronta, nell'audizione alla commissione speciale sul Def, il capitolo dei crediti del Ssn. E sottolinea che per garantire la liquidità alle Regioni e favorire una rapida erogazione alle imprese si prevede che l'intervento venga già avviato durante il periodo di conversione del decreto e che il riparto definitivo delle risorse, definito entro il novembre 2013, possa consentire il completamento della operazione a inizio 2014.

Una prima quantificazione - secondo la Corte - può essere fatta a partire dai dati tratti dai conti economici e patrimoniali degli enti sanitari, consolidati a livello regionale. Gli investimenti effettuati sul finanziamento corrente per importi eccedenti i costi capitalizzati risultano nel complesso limitati: guardando ai dati delle amministrazioni regionali a statuto ordinario la differenza tra ammortamenti e costi capitalizzati ante
2012 è di circa 580 milioni. Di questi circa 340 sono già stati inseriti in bilancio nel corso del 2011. In alcuni casi le regioni hanno operato una copertura complessiva, estesa a tutto il periodo preso a riferimento (dal 2001). Le somme residue sono riferibili soprattutto alle regioni in piano di rientro a cui va ad aggiungersi l'Emilia.

Di dimensioni ben più rilevanti secondo quanto riportatio nel testo dell'audizione sono le somme che le Regioni devono alle aziende sanitarie per la spesa corrente e per il ripiano di perdite. Si tratta nel complesso di poco meno di 15,8 miliardi in riferimento al bilancio 2011. «Naturalmente non tutte tali posizioni corrispondono a situazioni in cui il credito può ricondursi alle situazioni su cui si intende intervenire. Somme rimaste da pagare a fine esercizio possono essere da ricondurre alla fisiologia dei rapporti tra regioni e aziende sanitarie», sottolinea la Corte. Che mette in risalto due dati a questo proposito:

- il rilievo patologico di tali somme è evidente - si legge nel testo dell'audizione - ove si guardi al peso dei crediti sul complesso delle risorse trasferite in via ordinaria per il finanziamento della spesa corrente nel 2011. Se in media nel 2011 i crediti rappresentavano circa il 15% delle entrate per il finanziamento indistinto e di quelle ricomprese come finanziamento regionale nei CE, tale percentuale era superiore al 30 per cento in ben 5 regioni con punte di poco inferiori al 40 per cento;

- alle Regioni in piano di rientro sono riconducibili nel 2011 oltre 14 dei 15,8 miliardi complessivi. Nel 2008 le aziende sanitarie delle Regioni vantavano crediti per poco più di 7 miliardi raddoppiati in soli 3 anni. Il rapporto tra crediti e finanziamento complessivo in queste regioni è di poco inferiore al 30% (contro il 3 per cento delle regioni non in Piano).