In Parlamento

In Aula alla Camera il decreto sulle staminali ma Stamina dice "no" alla sperimentazione

di Manuela Perrone

Tempo una settimana e il decreto Balduzzi sulle staminali e gli ospedali psichiatrici giudiziari deve essere convertito in legge. Stamattina alla Camera è cominciata la discussione generale sul testo licenziato ieri dalla commissione Affari sociali , che stanzia tre milioni di euro per una sperimentazione con tutti i crismi sul metodo Stamina - fortemente osteggiato dalla comunità scientifica nazionale e internazionale - ovvero condotta da Aifa e Istituto superiore di sanità e non, come ipotizzato dal Senato in prima lettura , affidata alla regìa del solo Centro nazionale trapianti. Ma Davide Vannoni, presidente di Stamina Foundation, attacca: «Mai il nostro metodo nei laboratori farmaceutici». Mentre la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, difende l'articolato: «Da parte nostra nessun pregiudizio. Ma soltanto la volontà di arrivare a una soluzione condivisa, che tenga atto del rigore scientifico e che venga incontro alle necessità e ai bisogni delle famiglie».

Sperimentazione sì, sperimentazione no. La soluzione decisa all'unanimità dai deputati riporta il metodo Stamina, che utilizza cellule staminali mesenchimali, nell'alveo dei farmaci e non in quello dei trapianti, meno vincolante riguardo alle procedure. «Massima attenzione alle famiglie e alla sofferenza di chi vive un dramma in famiglia, sia di chi è attualmente sottoposto al trattamento sia di tutti i malati rari, che sono tanti», ha detto in Aula la ministra Lorenzin, benedicendo il testo: «Si è tenuta presente la sofferenza ma anche la necessità di mettere in sicurezza i pazienti e di dare l'opportunità di una sperimentazione».

Ma Vannoni ha ribadito oggi quanto già dichiarato giovedì scorso durante la manifestazione organizzata con le famiglie in piazza Montecitorio: «Stamina consegnerà la metodica "in chiaro" al ministero della Salute e all'Iss solo qualora la sperimentazione possa avvenire in laboratori non farmaceutici, cioè in quelli per i trapianti».

Condizione impossibile da rispettare, perché l'emendamento varato in commissione va in tutt'altra direzione. «I medicinali - ha precisato Pierpaolo Vargiu, presidente della commissione Affari sociali (e il termine "medicinali" non è scelto a cado) - andranno preparati in strutture accreditate, non estemporanee, fatto necessario per garantire la certezza della preparazione, che dovrà avvenire secondo le indicazioni di Stamina ma senza segreti». In più, «accogliendo la sensibilità della Fondazione Stamina e delle famiglie, abbiamo ricompreso anche il Centro nazionale trapianti tra gli organismi di riferimento». Vargiu ha aggiunto che «se il provvedimento diventerà legge, ci attenderemo che Stamina inizi immediatamente la sua collaborazione per la sperimentazione, nell'interesse di tutte le famiglie in sofferenza e nella speranza che i risultati siano pari all'attesa dell'intero mondo di dolore che guarda con ansia all'azione di Stamina».

La questione scientifica. Vannoni reagisce a colpi di attacchi e insinuazioni. Su Facebook scrive che i 3 milioni di euro stanziati «non sono per Stamina che opera gratuitamente, ma per i consulenti che dovranno stendere i protocolli di valutazione» e che il provvedimento, prevedendo che «la produzione della metodica Stamina avvenga presso le 13 cell factories autorizzate dall'Aifa», significa «finire tra le mani di gente come Cattaneo, Bianco o De Luca che li dirigono a nostre spese. Inoltre - continua - dovremmo insegnargli come si producono le nostre linee cellulari perchè la produzione dovrebbero farla loro. Vi fidereste a far preparare a loro le cellule, con una metodica che non conoscono, da iniettare ai vostri figli?».

Cattaneo è Elena Cattaneo, direttore del laboratorio di Stem Cell Biology and Pharmacology of Neurodegenerative Disease dell'Università di Milano e coordinatrice del progetto europeo NeuroStemcell. Bianco è Paolo Bianco, direttore del Laboratorio staminali del Dipartimento di medicina molecolare alla Sapienza di Roma. De Luca è Michele De Luca, direttore del Centro di medicina rigenerativa "Stefano Ferrari" dell'Università di Modena e Reggio Emilia. Sono scienziati di primissimo ordine, che dall'esplodere del caso della piccola Sofia non si stancano di ripetere un concetto: Stamina non è un metodo scientifico, non è mai stato sottoposto a prove o verifiche di sorta.

È proprio De Luca a commentare il rifiuto di Vannoni a far entrare Stamina nei laboratori farmaceutici. «A mio avviso - osserva - questa potrebbe essere la prova decisiva che il metodo Stamina non esiste. Tutte le colture cellulari usate in tutto il pianeta per scopi clinici sono coltivate in Gmp (le buone pratiche di produzione, ndr), incluse le staminali mesenchimali oggetto di oltre 300 trial clinici. Inoltre - ricorda - l'Ufficio brevettuale statunitense ha rigettato la domanda di brevetto del suddetto metodo perché non innovativo (e poco chiaro)». Secondo lo scienziato, Stamina Foundation rifiuta le Gmp perché «la coltura di cellule secondo le regole implica la comunicazione del famoso metodo. Quindi il sospetto è che in realtà tale metodo non esista, come peraltro detto dagli uffici brevettuali». Se poi invece il metodo fosse diverso da quello presentato all'Ufficio Usa, «sorgerebbero dubbi di altro tipo e ben più allarmanti: ricordo che è assolutamente vietata la adozione di terapie segrete (art. 13 del codice deontologico)».

La spiegazione di Vannoni è un'altra, anzi sono sette. Tra le quali il fatto che il metodo non può essere riprodotto in laboratori Gmp perché «tutti i media di coltura utilizzati dal protocollo Stamina non sono Gmp» e «modificarli per adeguarli a una produzione farmaceutica crerebbe un prodotto cellulare differente che non sarebbe mai stato applicato sull'uomo». Inoltre, sottolinea, «la procedura di differenziazione si completa durante le ultime tre ore prima dell'infusione e deve, quindi, essere svolta nell'ospedale in cui si svolge l'inoculazione. Ciò potrebbe avvenire nei laboratori dei centri trapianti presenti negli ospedali in cui si svolge la terapia, onde evitare spesso pericolosi spostamenti a pazienti in gravi condizioni».

Gli scenari. È chiaro che il no" alla sperimentazione peserebbe e aprirebbe nuovi scenari persino rispetto al caso Di Bella, soprattutto se i giudici continueranno a "ordinare" l'erogazione del metodo ai pazienti che ne faranno richiesta. «Mi auguro - sostiene la deputata Pd Margherita Miotto - che Vannoni ci ripensi, e collabori con l'Istituto superiore di sanità per avviare una sperimentazione nei termini di legge, perché dopo aver assecondato le speranze delle tante famiglie che si sono rivolte a lui oggi non può deluderle».

Gli onorevoli restano compatti: il voto finale di Montecitorio è previsto lunedì e martedì la parola dovrebbe tornare al Senato per il rush finale. Perché, se il via libera definitivo alla conversione in legge non arrivasse entro il 25 maggio, il decreto decadrebbe. E la patata bollente tornerebbe al ministero della Salute, stavolta nelle mani della ministra Lorenzin.