In Parlamento

Lorenzin in audizione al Senato: «Legge di stabilità da difendere in Parlamento. E intanto pensiamo al Patto». Passo indietro sulle specializzazioni

Dai costi standard - da attuare al più presto - alla grande scommessa del Patto per la Salute, l'occasione di trattare «con il bisturi», cioè guardando alle specificità dei territori, i grandi nodi irrisolti del nostro Servizio sanitario nazionale. Un Ssn preservato da una manovra - la legge di stabilità che inizia oggi il suo iter parlamentare in Senato e che andrebbe per quanto possibile «difesa» in Parlamento - che ha abbandonato l'opzione dei tagli lineari alla luce di «un'analisi di impatto» che avrebbe dimostrato, nero su bianco, come «neanche un taglio da 100 milioni fosse ormai possibile». E' una Beatrice Lorenzin a tutto campo quella intervenuta oggi in audizione in commissione Igiene e Sanità del Senato, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Ssn.
Nel fuoco di fila delle domande dei senatori, che inevitabilmente hanno toccato il pianeta sanitario a 360°, grande protagonista è stata quindi la legge di stabilità con i tagli al pubblico impiego. Ma sono in primo piano anche le questioni non autosufficienza - su cui la manovra anche quest'anno pone il classico pannicello caldo - il tema caldo della chiusura degli ospedali psichiatrici giudiziari (per cui Lorenzin rimanda alla relazione in calendario il 30 novembre affidata al sottosegretario Paolo Fadda che ha la delega sugli Opg), il tormentone ticket, le prospettive nella durata dei corsi di specializzazione, l'attuazione della direttiva sulle cure transfrontaliere e la vicenda Stamina.

Patto per la salute. «Il Patto deve chiudere prima di Natale - ha spiegato Lorenzin - perché a fronte di una richiesta di responsabilizzazione così alta di non toccare con nuovi tagli questo comparto, ora dobbiamo tutti insieme mettere in campo una nuova programmazione sanitaria, da Milano a Reggio Calabria, per i prossimi anni che sia in grado di superare i limiti del servizio sanitario, e i limiti del Titolo V, che si sono accumulati in questi anni». In quest'ottica ben venga anche un coinvolgimento del Parlamento, nel rispetto delle competenze istituzionali e costituzionali e attraverso il modello dei contatti e della reportistica informale.

Costi standard. Approvati dal governo e che ora all'esame della Conferenza Stato-Regioni, «devono essere attuati al più presto
dalle Regioni, per cui costituiscono una vera e propria sfida».

Personale del Ssn. Ho chiesto ai miei uffici di avviare un lavoro per analizzare il fabbisogno territoriale per specialità medica nei prossimi anni. E' evidente - ha aggiunto il ministro - che la legge di stabilità non ha toccato il Fondo sanitario nazionale, ma ha prolungato il blocco del turn-over e sappiamo che il comparto soffrirà per questo. Ma se vogliamo affrontare un problema oggettivo in un modo costruttivo e trovare soluzioni in tutti le Regioni, avendo nei prossimi anni un grosso blocco dei pensionamenti ma anche cambiamenti demografici e della medicina, occorre rispondere a richieste diverse rispetto a quelle tradizionali. Fare una programmazione dei fabbisogni dei diversi medici specialisti «ci permetterebbe di lavorare meglio con le universtà e le scuole di specializzazione e di garantire una copertura adeguata, condivisa nei costi. Se sai che ti servono tot specialisti in una branca, in un determinato territorio, cercherai di spingere lì le specializzazioni piuttosto che in altre parti».

Specializzazioni. Accorciare da 5 a 4 anni le scuole di specializzazione in area sanitaria «non è applicabile, io e il ministro Carrozza già in Cdm abbiamo detto che bisognava correggere la norma nel testo definitivo», altrimenti si dovrà farlo «in Aula, perché non può funzionare così», ha affermato la ministra ricordando le norme Ue da rispettare, anche per poter utilizzare i titoli "all'estero". Si potrà semmai valutare un «diverso impiego degli specializzandi» con «operazioni di accompagnamento».

Ticket. La questione «al momento é fuori agenda. Non se ne discute, ma cosa accadrà in futuro? Se ne dovrà riparlare. Se ne é parlato a lungo anche nelle precedenti gestioni del ministero della Salute - ha detto Lorenzin - ci sono varie ipotesi in campo, ma ancora non é stata presa alcuna decisione. Una cosa é certa: bisogna ragionare nell'ottica di aiuto alla popolazione. Siamo già molto preoccupati per il minore accesso alla prevenzione. Non alle cure ma alla prevenzione».

Cure transfrontaliere. Con l'entrata in vigore della direttiva europea sull'assistenza sanitaria transfrontaliera si aprirà la sfida non più fra Regioni, bensì fra Stati. Ed è una questione che - ha precisato Lorenzin -non ho intenzione di sottovalutare. Abbiamo chiesto in Europa di chiarire chi paga che cosa e fino a che punto, dato che si aprirà anche la concorrenza fra strutture private e pubbliche». «Non sottovaluterò la questione anche per i rischi che potrà comportare. E' un nuovo mondo che si affaccia, in cui alcune definizioni non sono ancora chiare».
Lorenzin ha poi ricordato di aver richiesto «due miliardi di euro dai fondi strutturali europei per le strutture ospedaliere italiane, per ristrutturarle, renderle più tecnologiche e creare così un volano sul territorio di cui dovrebbero giovare soprattutto le Regioni del Sud, per reggere la sfida degli esodi verso Nord che si complicheranno» con l'apertura delle frontiere ai pazienti che si vogliono curare anche all'estero.

Non autosufficienza. «Non abbiamo una misura pronta, ma ora bisogna correre ai ripari e trovarla. Ne ho già parlato anche con il ministro Giovannini».

Stamina. «Abbiamo fatto di tutto perché la norma seguisse il suo naturale iter parlamentare, promuovendo poi la sperimentazione e attenendoci strettamente alle procedure previste. Il punto è che la valutazione del Comitato scientifico è stata senza appello», ha detto Lorenzin. Duplice l'insegnamento da trarre dalla vicenda, secondo la ministra: che «non si parlamentarizzano questioni relative alla scienza»; che serve un ampio e approfondito lavoro di divulgazione a tutti i livelli che fissi i paletti tra le regole e le conquiste scientifiche e «il nostro lavoro, che mira a definire le cornici entro le quali far essere l'Italia un Paese del primo e non del terzo o del quarto mondo».