In parlamento

Sostenibilità: «Ci vuole coraggio. E l'onestà delle scelte». Intervista a Piepaolo Vargiu, presidente della Affari sociali della Camera

di Roberto Turno

«Il nostro sistema sanitario scricchiola in modo inquietante. Siamo di fronte a ventuno diversi sistemi sanitari che stentano a garantire la stessa equità e universalità a un sardo o a un veneto» spiega Piepaolo Vargiu, presidente della commissione Affari sociali della Camera, commentando le conclusioni dell'indagine «La sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica», che giovedì sarà conclusa in una riunione delle commissioni riunite Affari sociali e Bilancio di Montecitorio.

Tre gli ingredienti secondo Vargiu: «Onestà culturale; capacità di confronto; coraggio, tanto coraggio».

Presidente Vargiu, perché l'indagine delle due commissioni?
Perché la politica deve fare il suo mestiere. Non è tempo di tirare a campare, meno che mai con i diritti di salute dei cittadini, roba su cui non si scherza. È importante ascoltare, conoscere, confrontarsi. Questo si fa anche nei convegni. Alla politica però è chiesto qualcosa in più: alla fine dei giochi, la politica è chiamata a fare le scelte che sono necessarie a evitare che il sistema crolli.

Cosa è emerso dalle audizioni a catena che avete fatto?
Che il nostro sistema sanitario scricchiola in modo inquietante. Siamo di fronte a ventuno diversi sistemi sanitari che stentano a garantire la stessa equità e universalità a un sardo o a un veneto. Già questo la dice lunga, no?

Certo, ma non che non lo sapessimo. Da dove partire, allora?
È indispensabile cambiare la governance. Ma non è sufficiente. Servono anche nuove risorse economiche. Non è accettabile che alla domanda di innovazione tecnologica e di nuovi bisogni di salute, risponda assai più spesso il ministro dell'Economia che quello della Salute. Qualcosa non torna.

Cosa ha avvertito con più amarezza nel corso dell'indagine?
Il sistema regge ancora grazie alla passione e all'impegno di chi ci lavora dentro e, con il proprio sacrificio, si sforza di tappare ogni giorno i buchi di risorse. Economiche, umane, tecnologiche. È emerso in Commissione, l'ho visto con i miei occhi visitando gli ospedali, al Sud come al Nord. Pochi lo comprendono, quasi nessuno lo dice. Il sistema non è organizzato per valorizzare la capacità e il merito, né dei singoli, né delle aziende.

La domanda è d'obbligo: cosa fare?
Tre ingredienti, non sempre diffusi in politica. Il primo: onestà culturale. Perché dobbiamo raccontare sino in fondo qual è l'attuale situazione del nostro sistema senza più nascondere la polvere sotto il tappeto. Il secondo: capacità di confronto. Perché dobbiamo ragionare sul cambiamento superando antichi pregiudizi ideologici, che ci impediscono di discutere i problemi veri, mettendo in campo possibili soluzioni concrete e non mantra di buoni princìpi. Il terzo: coraggio, tanto coraggio. Non ci salviamo senza il coraggio di fare scelte difficili, che siano utili agli interessi generali e, in particolare, a quelli dei più deboli, che aspettano risposte e non buone parole e buone intenzioni.

Anche dal Parlamento, non solo dal Governo, si attendono passi concreti. Dove e come potete incidere?
Intanto ricordare che il tema della sanità e della salute è al centro degli interessi dei cittadini e delle sfide future di civiltà del nostro Welfare. L'aumento dell'aspettativa di vita media è un successo del sistema sanitario, non può essere percepito come un peso. Poi dobbiamo spiegare bene che la sanità non è un bancomat per i tagli lineari. È giusto mettere i conti a posto: non un euro che vada alla sanità deve essere speso male. Ma la sfida dell'innovazione, il riequilibrio acuti/cronici o tra ospedale/territorio, non si fa certo con i convegni e le tavole rotonde e neppure con i fichi secchi: servono soldi nuovi! La salute è un bene prezioso per tutti. Il Parlamento si rimbocchi le maniche perché, leggendo le conclusioni dell'indagine, nessuno può fare il finto tonto e dire che non si sapeva.

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