In parlamento

Renzi alla prova (parlamentare) della luna di miele

di Roberto Turno

Il bonus Irpef (e non solo). Poi, se non bastasse, le riforme istituzionali. E tanto per gradire, il tentativo di far rimpatriare i capitali scappati all'estero e magari anche di riportare in auge il falso in bilancio. Con tanto di lotta alla corruzione formato 2.0. Ancora col vento in poppa dopo aver sbancato le urne europee e amministrative di domenica 25 maggio, il premier ex sindaco torna ad affrontare chissà se di petto, come ha promesso, i tornanti parlamentari più delicati. Dove le curve della politica dovranno dimostrare quanto la sbornia elettorale che ha premiato il Pd renziano, possa tradursi anche in voti a sufficienza delle Camere. Matteo Renzi, insomma, capirà da questa settimana se la luna di miele con gli elettori corrisponde anche all'abbraccio sincero del Parlamento.

Bonus Irpef, si vota
Tutto riparte a pieni giri da domani. Con l'epicentro degli avvenimenti politico-parlamentari concentrato al Senato. Tocca al Dl 66 (scade il 23 giugno) sul bonus Irpef da 80 euro, intanto già finiti nelle buste paga di maggio per chi ne ha diritto, che domani le commissioni Bilancio e Finanze del Senato dovranno licenziare e inviare a rotta di collo all'aula il giorno stesso. Il voto dovrebbe arrivare in settimana, per dare abbastanza tempo alla Camera di esaminarlo nelle due settimane che restano prima della scadenza. È chiaro che i compromessi nelle commissioni saranno decisivi, a partire dalla proposta di estendere la platea dei beneficiari del bonus. Che, per inciso, Renzi promette di stabilizzare (e di allargare ancora) dal prossimo anno. Tempi stretti e ripicche delle opposizioni bastonate nelle urne, lasciano presagire la possibilità del ricorso al voto di fiducia da parte del Governo. Poi, appunto, toccherà a Montecitorio nella solita corsa contro il tempo.

Addio al Senato?
E naturalmente tocca alla riforme istituzionali. Tra i mal di pancia dei berlusconiani, i grillini pronti all'ennesimo show, gli alfaniani anche loro pronti a chiedere correttivi. E chissà se la (ex?) minoranza Pd disposta a tacere. L'addio al Senato com'è oggi e al bicameralismo perfetto, non sarà di sicuro una partita in discesa, sebbene la voglia del Governo sia di far licenziare la riforma costituzioale in prima lettura entro giugno. Sebbene poi dovranno esserci altri tre passaggi parlamentari, con la speranza che la Legislatura regga fino alla scadenza naturale. Un handicap è però ormai dato per scontato: la sottoposizione a referendum dell'eventuale nuova legge, che in Parlamento assai difficilmente riceverà i voti necessari per evitare di chiedere poi il parere agli italiani. Va da sé che, se così fosse, e la Legislatura termini prima del 2018, continueremo a tenerci stretto il Senato così com'è oggi, con lo stesso numero di parlamentari eletti e pagati e le leggi che prima di diventare tali contìnueranno a rimpallare per anni da una Camera all'altra. Esattamente la Vandea che in tanti dicono di non volere, ma che in fondo non pochi si augurano.

Corruzione e falso in bilancio nel mirino
Poi c'è il nodo giustizia. Che è un filone trasversale di argomenti che si incrociano e si intrecciano, con un nesso di fondo che per Renzi può rappresentare anche una buona ragione di prolungare la luna di miele con gli italiani. Chi non vorrebbe un Paese senza corruzione e ruberie? E che corrotti e corruttori vengano anzi perseguiti e colpiti in anticipo e senza alcuno sconto? E se tornasse il falso in bilancio, quanti contribuenti sarebbero contrari ? E se addirittura anche i capitali scappati all'estero rientrassero e magari pagassimo meno tasse? È esattamente tutto ciò che si muove tra le due commissioni Giustizia di Camera e Senato. Proprio in questa settimana. Anche con la tagliola degli emendamenti da presentare entro mercoledì 4 sull'emersione dei capitali espatriati. A farcela.