In parlamento

Terzo settore, sì di Montecitorio tra le polemiche alla riforma che apre ai privati

Via libera dell'Aula della Camera al Ddl 2617 che riordina il Terzo settore e l'impresa sociale e disciplina il servizio civile universale. Il testo (relatrice Donata Lenzi) è stato approvato con 297 sì e 121 no (50 gli astenuti). Il testo, che passa ora all'esame del Senato, spacca letteralmente i deputati.
«La legge delega approvata oggi - ha spiegato infatti il presidente della commissione Affari sociali Pierpalo Vargiu - è un manifesto contro la sfiducia verso il prossimo, il declinismo e la disgregazione. Una legge di valore che sprigiona valori positivi, un giusto riconoscimento per chi lavora nel mondo del terzo settore e troppo spesso fa quello che lo Stato non riesce a fare. Dal governo è arrivato un vero e proprio Social Capital Act, una proposta di forte innovazione che il Parlamento ha migliorato. La buona politica dimostra di saper investire nel capitale sociale di una comunità per mantenere vivo lo spirito di cittadinanza e di appartenenza. Il nuovo servizio civile universale è solo un esempio di come questo provvedimento rivoluzionerà la vita di molti giovani. Sono davvero orgoglioso del lavoro fatto dalla Commissione e ringrazio la relatrice Lenzi per il sapiente impegno e il sottosegretario Bobba per aver contribuito ai lavori ascoltando le richieste di maggioranza e opposizione. Speriamo ora in un rapido iter al Senato», conclude Vargiu.

Di tutt'altro avviso M5S e Lega. «Ieri il Pd ha votato contro la proposta del movimento 5 stelle di vietare alle cooperative di finanziare i partiti», ha sottolineato Beppe Grillo sul suo blog. «Il M5S - dicono Luigi di maio e Massimo Baroni - nasce anche grazie alle esperienze e al contributo di tanti cittadini impegnati nelle associazioni e nel volontariato: in quel mondo conosciuto come terzo settore. Il non profit è diventato nel tempo una colonna portante del nostro paese: 4 milioni di volontari, 10 milioni di lavoratori incluso l'indotto, un magnifico esempio di tutela della cultura e dei servizi sociali. Una riforma era necessaria, per rendere più agile e moderno il mondo delle associazioni, che oggi é ancora un mare magnum eterogeneo. Ma la legge delega che il governo sta imponendo al parlamento di "riforma" ha solo il nome: in realtà è solo ultimo, ennesimo, caso di privatizzazione». Per i 5 stelle si tratta di un'operazione «che in sostanza trasforma il non profit in profit: si finanziarizzano i bisogni dei cittadini e si delegano sempre più all'esterno le competenze dello stato, assegnando con fondi pubblici uno sconfinato campo di attività sociali e culturali a soggetti privati, che potranno distribuire gli utili. La parola chiave è, come sempre, "appalti" (per i quali sì, che ci vorrebbe una riforma!). E poi capita anche che la commessa finisca in subappalto ad un'altra azienda gestita dalla criminalità organizzata. Ancora, dal momento che le coop e onlus godono di una fiscalità agevolata, il loro prossimo ingresso massiccio in nuovi mercati potrà causare fenomeni di concorrenza sleale nei confronti delle altre aziende. Non solo: le piccole associazioni ne faranno le spese, lasciate indietro a favore delle grandi entità che alle spalle hanno un politico o una corrente di riferimento».

La Lega alza le barricate soprattutto contro il servizio civile aperto agli immigrati. «Il governo non pensi di utilizzare la pseudo-riforma del terzo settore come una delega in bianco per estendere il servizio civile agli extracomunitari», ha attaccato infatti il deputato Marco Rondini, relatore di minoranza del provvedimento, annunciando il voto contrario del Carroccio al testo. «Un cavallo di Troia che rischia di svendere il terzo settore agli immigrati e alle coop di mafia capitale», visto che «il sistema dei controlli centralizzati ha già dimostrato di non essere in grado di fare argine alle degenerazioni del sistema cooperativo». Rondini si è scagliato contro «lo scippo delle competenze alle Regioni in materia di servizio civile, una misura che suona come una sfida alle richieste presentate dalla conferenza Stato Regioni di poter organizzare il servizio a livello locale». Nel mirino anche l'«introduzione del registro unico nazionale, che assegna a Roma il monopolio del giudizio su enti e associazioni no profit che operano per lo più a livello territoriale». Le competenze centralizzate rischiano di alimentare un sistema di sprechi, clientelismi e discriminazioni - ha avvertito il parlamentare leghista -. Due esempi: prima della regionalizzazione del servizio nel Comune di Caccamo vi erano 100 ragazzi in servizio civile su 8mila abitanti e per il Comune di Panettieri si approvò un progetto di assistenza agli anziani che prevedeva l'impiego di 30 volontari, a fronte di soli 65 residenti ultra 65enni. L'allentamento dei meccanismi di controllo di prossimità rischia di aprire un nuovo fronte alla degenerazione del sistema che ha prodotto gli scandali di mafia capitale».