In parlamento

Ddl Rischio clinico, Ania: «Azione diretta e fondo di garanzia da rivedere»

di Dario Focarelli (direttore generale Ania)

Sono oltre 30mila le denunce di sinistri che ogni anno riguardano operatori e strutture sanitarie, con risarcimenti pagati che stimiamo essere prossimi al miliardo di euro. Per le assicurazioni si tratta di un comparto in decisa perdita, dove i risarcimenti sono stati, negli ultimi venti anni, pari in media al doppio dei premi incassati.

Il significativo ampliamento della responsabilità dei medici indotto dall’evoluzione della giurisprudenza, il forte aumento degli importi da risarcire, la limitata applicazione di criteri di risk management hanno condotto all’incremento dei prezzi delle polizze e alla rarefazione dell’offerta assicurativa, soprattutto per ciò che concerne le strutture sanitarie, molte delle quali sono in regime di c.d. autoassicurazione.

Senza assicurazione, i cittadini vittime della malasanità sono meno protetti, i medici vivono con crescente disagio i rischi della professione, lo Stato paga un prezzo elevato per la cosiddetta “medicina difensiva” cui i sanitari fanno ricorso per evitare contenziosi legali. Il testo approvato alla Camera giovedì scorso muove correttamente da queste premesse per avanzare lungo tre direttrici:

1. rafforzare il risk management delle strutture e l’adesione a linee guida e protocolli da parte dei sanitari;

2. ridefinire come extracontrattuale la responsabilità civile degli operatori sanitari, dipendenti e convenzionati (in pratica, spetta al danneggiato l’onere di provare il danno) per deflazionare il contenzioso davanti alle corti;

3. lasciare la natura contrattuale della responsabilità delle strutture ospedaliere pubbliche e private (e dei professionisti che instaurino un rapporto di tipo contrattuale con il paziente), ma rimodulando le regole dell’assicurazione con l’introduzione dell’azione diretta del danneggiato nei confronti dell’assicuratore (se la struttura è assicurata), istituendo inoltre un Fondo di garanzia per risarcire anche i danni in eccesso rispetto al massimale di polizza.

Le soluzioni proposte dal testo approvato sui primi due punti sono condivisibili, in quanto ci sembrano essere in grado di favorire la normalizzazione del sistema. Lo stesso non possiamo affermare per quanto riguarda le previsioni concernenti l’assicurazione delle strutture sanitarie.

È evidente, innanzitutto, l’incongruenza tra i diversi regimi di responsabilità delle strutture e degli operatori sanitari. L’Ania ha proposto di ridurla attraverso l’applicazione di un regime (simile a quello previsto dalla legge 231/2001 per la responsabilità delle società) che estenda le competenze della funzione di risk management, istituita per le strutture sanitarie dall’ultima legge di Stabilità, anche alla vigilanza del rispetto delle buone pratiche clinico-assistenziali e raccomandazioni previste dalle linee guida: ciò comporterebbe la presunzione semplice di diligenza nel caso in cui la struttura sanitaria adempia alla prescrizione delle norme.

È una soluzione che contempera le ragioni della prevenzione con quelle della massima protezione dei cittadini. Circa la previsione dell’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, la posizione di Ania è nettamente contraria. L’azione diretta contro soggetti sicuramente solvibili renderà più forte l’aspettativa di poter ottenere dei vantaggi economici anche quando essi siano fondati su presupposti deboli o inesistenti: questo potrebbe comportare un forte aumento della litigiosità e del contenzioso giurisdizionale, fenomeno che il provvedimento di legge intende invece contenere.

La previsione, introdotta dall’Aula, che un apposito decreto del Mise - nel fissare i requisiti minimi delle polizze, incluse franchigie e massimali - indichi anche le modalità di opponibilità al danneggiato delle eccezioni derivanti dal contratto, costituisce una indispensabile ma parziale attenuazione delle problematiche. Solo quando sarà noto il contenuto del decreto si potrà valutare l’effetto complessivo del provvedimento sulla capacità delle imprese di assicurazione di offrire copertura per le strutture, capacità oggi piuttosto limitata. E, comunque, è del tutto ovvio che decisioni sulle clausole opponibili si rifletteranno immediatamente sul livello dei prezzi: ad esempio, la non opponibilità delle franchigie può arrivare a determinare un aumento del prezzo fino al 50 per cento.

Non funziona infine il meccanismo del Fondo di garanzia, nella parte che prevede il risarcimento dei danni per il valore eccedente il massimale di polizza: questa previsione indurrebbe la gran parte delle strutture ad assicurarsi per il massimale minimo di legge. È del tutto evidente che il meccanismo va ripensato, prevedendo un meccanismo di finanziamento che incentivi le buone pratiche e rendendo obbligatoria l’azione di rivalsa del Fondo nei confronti delle strutture sanitarie. Per concludere, le intenzioni del provvedimento sono buone, alcune delle soluzioni proposte sono positive.

Se si vuole avere certezza che le imprese di assicurazione siano messe in grado di garantire la copertura delle strutture e dei professionisti è necessario però che il Senato modifichi in modo significativo il testo approvato per renderlo sostenibile.


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