In parlamento

Risk, il Servizio bilancio del Senato fa le pulci all’azione di rivalsa: peserà sulla finanza pubblica

di B.Gob.

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24 Esclusivo per Sanità24

Anteprima. L’azione di rivalsa della struttura nei confronti dell’esercente la professione sanitaria - possibile, lo ricordiamo, solo in caso di dolo o di colpa grave del professionista - così come configurata dall’articolo 9 del Ddl 2224 rischia di far “scricchiolare” la promessa invarianza di spesa del provvedimento. A rilevarlo è la nota di lettura prodotta dal Servizio Bilancio del Senato, in cui si sottolinea come l’impianto del testo e il combinato disposto degli articoli 7 e 9 di fatto siano tesi a «rendere più difficile» e comunque «meno proficua» l’azione di rivalsa delle strutture socio-sanitarie verso medici&Co. Vincolare la possibilità di azione a dolo o colpa grave, prevedere l’onere della prova a carico del danneggiato con conseguenti ricadute sul termine della prescrizione e fissare il paletto del triplo della retribuzione annua alla misura della rivalsa stessa: sono tutti elementi che potrebbero determinare possibili riflessi negativi sulla finanza pubblica, sia in termini di attribuzione di responsabilità sia di ammontare della rivalsa. Effetti che saranno bilanciati dal minor ricorso alla medicina difensiva, tra i principali obiettivi dichiarati della legge. Poiché ad oggi questi ultimi non sono quantificabili, rilevano ancora dal Servizio Bilancio, «secondo principi di prudenza contabile» è opportuno considerare la norma, nel suo complesso, potenzialmente onerosa.

Non solo: il Servizio Bilancio si sovrappone parzialmente alle critiche già mosse al provvedimento dalla Corte dei conti, suggerendo un «supplemento di valutazione» sulla scelta di sottrarre l’azione di rivalsa alla magistratura contabile per assegnarla al giudice ordinario. Una previsione che potrebbe determinare un incremento delle azioni di rivalsa da parte dei pubblici funzionari del Ssn interessati, per evitare a loro volta di incorrere nell’azione di responsabilità erariale, «senza procedere a un previo discernimento sulla natura della colpa del sanitario». Una “fuga in avanti” sulle azioni di rivalsa, in netto contrasto con la ratio dell’assetto normativo, ma anche potenzialmente foriera di oneri di giudizio “inutuli” perché correlati a procedimenti «destinati in gran parte ad estinguersi».

Infine, rilevano dal Servizio Bilancio del Senato, servirebbe un chiarimento sull’ambito di operatività della rivalsa da parte della struttura verso l’operatore, che «dovrebbe operare soltanto nei casi di adozione di misure analoghe alternative all’assicurazione». In caso di presenza di copertura sanitaria obbligatoria, infatti, il patrimonio dell’ente pubblico dovrebbe rimanere indenne, salvo i danni inferiori alle franchigie o superiori ai massimali stabiliti contrattualmente.

Poi, si passa al Fondo di garanzia per danni previsto dall’articolo 4 del provvedimento. «Riflessi negativi sul gettito fiscale atteso» dalle assicurazioni deriveranno, secondo il Servizio Bilancio, dalla deducibilità del contributo obbligatorio pro Fondo. Fondo che non può avere delle limitazioni di risarcimento: «poiché si tratta di diritti soggettivi riconosciuti con sentenze - si legge nel documento - la finanza pubblica dovrà farsi carico della parte eccedente».


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