In parlamento

Governance farmaci, mozione M5S alla Camera: «Sul nodo pay back le Regioni rischiano il default. Più trasparenza sull’Epatite C»

di Rosanna Magnano

Una rinegoziazione sui prezzi dei farmaci che non porterà ai risparmi previsti, lasciando alle industrie farmaceutiche 800 mln di sconti mancati. La secretazione dei prezzi dei trattamenti nelle negoziazioni tra Aifa e industria del farmaco, che ha portato a una «gestione completamente sballata negli acquisti dei medicinali per l'eradicazione dell'epatite C, Harvoni e Sovaldi, da parte delle regioni che, non avendo le adeguate informazioni, hanno mancato gli sconti più consistenti». E poi l'annosa questione del pay back: con 1,9 mld relativi al periodo 2013-15 solo in minima parte versate dalle aziende alle Regioni, che rischiano il default dal momento che il 90% delle somme 2013-14 le hanno già inserite nei bilanci. Sono questi i principali contenuti del j'accuse della deputata Silvia Giordano cofirmataria insieme all’onorevole Giulia Grillo della mozione M5S discussa ieri alla Camera, insieme ad altre analoghe (Nicchi e altri, Lenzi e altri) sulle iniziative relative al regime dei farmaci e dei relativi rimborsi da parte del Ssn, con particolare riferimento agli innovativi.

Una raffica di critiche a Governo e Aifa ma anche una serie di proposte. Come quella di
ottenere, nell’ambito delle rinegoziazioni previste dal Dl n. 78/2015, almeno il 30 per cento
dello sconto per la rinegoziazione dei farmaci biotecnologici, in assenza dell'avvio di una concomitante procedura di contrattazione del prezzo relativo a un medicinale biosimilare o terapeuticamente assimilabile.

E per ridurre l’impatto della compartecipazione sulle tasche dei cittadini (pari a un miliardo), il Movimento 5 Stelle propone di escludere dal rimborso, inserendoli in fascia C, tutti quei farmaci il cui prezzo è uguale o maggiore del 10 per cento rispetto al prezzo a carico
del Servizio sanitario nazionale. E poi largo agli equivalenti, eliminando ogni forma di
patent linkage e spazio alla liberalizzazione della vendita dei medicinali
di fascia C presso le parafarmacie, nell’ambito del tormentato Ddl concorrenza.

E se le regole della governance dei farmaci vanno cambiate perché «troppo farraginose», ribadisce il M5S, che «la discussione, però, avvenga in quella che, ci piace definire, è la casa degli italiani, il Parlamento, e non a porte chiuse tra addetti ai lavori».

Infine un ultimo suggerimento sui farmaci innovativi: «Nel 1995 il costo medio di una terapia che riuscisse ad aggiungere un anno di vita ad un paziente - spiega la deputata Giordano - era intorno a 50 mila dollari al valore attuale. Oggi questo life year costa circa
225 mila dollari. I prezzi crescono persino quando compaiono dei concorrenti, quando la dimensione del mercato si espande e, purtroppo, anche quando i farmaci funzionano meno di quanto si sperasse. Diciamolo: molti nuovi medicinali oncologici non riflettono il valore che hanno per medici e pazienti. E, allora, perché non individuare soluzioni che permettano
un efficientamento della spesa?».

Contro la clausola di riservatezza nelle trattative tra industrie e Aifa si è schierata anche la deputata Marisa Nicchi (Sel): «Lo stesso presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato - sottolinea - ha auspicato che questo tipo di accordi non si verifichi più e chiede al Governo di assumere iniziative affinché l'Aifa non sigli più accordi con le case farmaceutiche con la presenza di clausole di riservatezza e senza trasparenza. Lo stesso citato direttore dell'Istituto « Mario Negri », Silvio Garattini, ha ricordato come il segreto nella contrattazione dei prezzi senza regole prestabilite sia una pratica preoccupante
e che non pare abbia precedenti nell'acquisto di beni e servizi».


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