In parlamento

Epatite C, mozione Idv-Pd per avviare una sperimentazione sui farmaci generici

di Rosanna Magnano

«Di fronte all’Epatite C non si può continuare a improvvisare. Bisogna innanzitutto dare attuazione a quanto previsto dal comma 570 della Legge di stabilità, che prevede la predisposizione annuale di un Programma strategico sui farmaci innovativi. Ad oggi non ne abbiamo traccia. Il ministero della Salute ci ha detto che lo sta aspettando dall’Aifa e l’Aifa ci ha risposto di averlo già inviato al ministero. Bisogna ragionare in modo strutturale. Anche perché questa è la prova maestra di quello che succederà con i nuovi oncologici». A lanciare l’allarme è la senatrice Nerina Dirindin (Pd) che insieme al senatore Idv, Maurizio Romani, vicepresidente della commissione sanità di Palazzo Madama e al professore Gavino Maciocco, docente di politica sanitaria all'Università di Firenze e direttore del sito saluteinternazionale.info, hanno presentato alcune proposte nel corso del convegno «Epatite C, la soluzione che sposa cura e risparmio», alla vigilia della Giornata mondiale che si celebra il 28 luglio. Una mozione, a prima firma Romani, per dare il via a un percorso di sperimentazione di farmaci generici, già in produzione presso aziende farmaceutiche autorizzate in altri Paesi, e una petizione lanciata dal professore Maciocco per sensibilizzare associazioni di volontariato e di pazienti, associazioni professionali, sindacati, enti e organizzazioni non governative e portare avanti una battaglia comune per il diritto alla salute.

Cifre e impatto economico dei farmaci anti-Hcv
In Italia, si stima che i pazienti portatori cronici del virus dell'epatite C siano oltre un milione, di cui 330 mila con cirrosi. Un primato Ue per numero di soggetti HCV positivi e mortalità per tumore primitivo del fegato. Oltre 20 mila persone muoiono ogni anno per malattie croniche del fegato (due persone ogni ora) e, nel 65% dei casi, l'HCV risulta causa unica o concausa dei danni epatici. Le regioni del Sud sono le più colpite. Come è noto, a causa dell'alto costo dei nuovi trattamenti (Sofosbuvir è il primo principio attivo per spesa seguito dall'associazione sofosbuvir/ledipasvir) il Servizio sanitario nazionale ha deciso di iniziare a erogarli gratuitamente partendo dai pazienti più gravi. Al momento nel nostro Paese sono stati trattati circa 52 mila pazienti (il 5% dei potenziali beneficiari) e la spesa solo nel 2015 è ammontata a 1,7 miliardi di euro (7,8% della spesa farmaceutica Ssn).

Avviare una sperimentazione sui generici
Di fronte a queste cifre insostenibili, scopo della mozione Romani è quello di impegnare il governo «ad attivare al più presto la sperimentazione al fine di introdurre anche in Italia uno o più validi farmaci generici, e non solo un brand, per la cura del virus dell'Epatite C (HCV) in tutti i suoi stadi di gravità e a stipulare un protocollo di intesa per la sperimentazione su volontari tra il nostro Ministero della Salute e le aziende produttrici dei farmaci generici».

La mozione fa riferimento in particolare all'arrivo sul mercato di MSD come produttore di farmaci orali anti HCV, che si affianca a Gilead, AbbVie, BMS e Janssen. Novità che dovrebbe permettere ad Aifa di «rinegoziare al ribasso il nuovo contratto di acquisto di farmaci HCV da mettere a disposizione del Ssn». «Nel frattempo, al Congresso ILC 2016 della Associazione Europea Studio Fegato - si legge nella mozione - per la prima volta, è stato presentato lo studio “Redemption”, che dimostra l'assoluta efficacia e sicurezza dei trattamenti orali HCV generici prodotti su licenza delle case farmaceutiche titolari dei farmaci licenziati da FDA ed EMA per i mercati internazionali; ad oggi non è consentita la commercializzazione dei farmaci generici, il cui prezzo di acquisto è 40-400 volte inferiore a quello dei brands, al di fuori delle nazioni per le quali vige un contratto commerciale di esclusiva territoriale».

Obiettivo: ampliare l’accesso alle cure
Risparmiare sul prezzo di acquisto significa ovviamente ampliare l’accesso alle terapie, coinvolgendo non solo i pazienti più gravi ma anche quelli agli stadi iniziali della malattia, che sempre più spesso ricorrono all’automedicazione comprando i farmaci su internet, anche quelli non garantiti dal brand. Ma significa anche includere gli esclusi più «paradossali» come le donne infette in età fertile e desiderose di procreare o gli operatori sanitari infetti che non rientrano nei criteri Aifa di malattia severa o i soggetti che hanno avuto riconosciuto l'indennizzo per infezione HCV da trasfusione di sangue infetto ma non possono accedere al farmaco.

Una petizione per la «licenza obbligatoria»
Un’altro approccio suggerito invece dalla petizione promossa da Maciocco è il meccanismo della «licenza obbligatoria». Anche la petizione lanciata sul sito saluteinternazionale.info. ha l’obiettivo di consentire a tutti i pazienti di accedere a terapie efficaci, a carico del servizio sanitario nazionale. «Produrre i farmaci anti-epatite C sotto forma di generici, a un prezzo ragionevole e accessibile - si legge nella petizione - è consentito dallo stesso trattato che regola i brevetti attraverso il meccanismo della licenza obbligatoria, a cui si può ricorrere quando si verifichi un'emergenza nazionale di sanità pubblica. Per ottenere ciò è necessaria una forte spinta dal basso».

Questo perché se è difficile «negare che l'epatite C non rappresenti un'emergenza di sanità pubblica» è anche difficile «che il governo prenda spontaneamente un'iniziativa del genere perfettamente legittima, profondamente etica, ma politicamente impervia dati i colossali interessi in gioco, nei confronti dei quali la politica ha finora dimostrato una sensibilità maggiore rispetto a quella rivolta alla salute dei cittadini».





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