In parlamento

Bianco: «La polizza? La paga l’azienda. E il cittadino è sempre tutelato»

di Barbara Gobbi

Esclusiva. «Un lavoro che ha raccolto le osservazioni pervenute da tante parti e fortemente tese a migliorare l’impianto del provvedimento. L’idea è esaminarlo entro novembre in Aula, con l’auspicio che il testo, che abbiamo modificato in un continuo confronto con il relatore a Montecitorio, possa andare velocemente al riesame della Camera dopo che questa avrà licenziato la legge di Bilancio». Amedeo Bianco, relatore del Ddl 2224 sulla responsabilità professionale degli operatori sanitari, spiega tempi e contenuti del provvedimento. Che, garantisce, nel passaggio a Palazzo a Madama ha messo al centro la tutela piena del cittadino.

Qual è la struttura portante del Ddl?
Primo, stiamo parlando di sicurezza delle cure. Tanto che uno degli ultimi emendamenti approvati cambia la rubrica della legge: lo scopo è ragionare partendo dal principio che le strutture che lavorano per la salute, sia pubbliche che private, devono operare avendo come mission la sicurezza. Secondo: era nostro obiettivo riformare alcuni aspetti dell’impianto civilistico e penalistico della responsabilità sanitaria. In ambito civilistico, in particolare, il cittadino avrà ora a disposizioni diverse opzioni per esercitare il suo diritto al risarcimento: se il danno è avvenuto all’interno di una struttura, dovrà rivolgersi direttamente alla struttura stessa, in linea con il tradizionale profilo di responsabilità contrattuale. Oppure potrà rivolgersi direttamente all’assicurazione della struttura o, in terza battuta, direttamente al professionista. In quest’ultimo caso, naturalmente la responsabilità è di tipo extracontrattuale (articolo 2043 del codice civile, ndr), con l’onere della prova in capo all’attore e la prescrizone a 5 anni. Rispetto alla versione uscita dalla Camera, in commissione XII del Senato abbiamo previsto che le strutture pubbliche e private stipulino polizze per la responsabilità dei propri professionisti.

Quindi la polizza se l’accolla, per così dire, la struttura?
Esatto. L’alternativa sarebbe stata imporre al professionista di stipulare una sua prima polizza. Oltretutto con l’articolo 2043 non è possibile l’esimente colpa grave, dal momento che da 2000 anni il diritto aquilano prescrive “a ogni danno il suo risarcimento”.

In concreto la polizza non è più obbligatoria?
I professionisti che operano quali dipendenti delle strutture pubbliche e private hanno l’obbligo di stipulare una polizza in vista di un’eventuale rivalsa; mentre chi opera quale libero professionista, dove il rapporto è contrattuale, ha senz’altro l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa, così come le strutture.

La medicina difensiva, rispetto alla quale questa legge è stata sempre presentata come un antidoto, che fine farà?
Sicuramente due elementi aiuteranno molto: l’aver saldato gli aspetti assicurativi con i profili di responsabilità e, secondo, aver ricondotto l’azione di rivalsa delle strutture pubbliche in capo alla procura generale della Corte dei conti. Elemento che evita ogni tipo di “bias” all’interno delle strutture pubbliche, che altrimenti si sarebbero trovate, magari, fino al giorno prima nella condizione di difendere struttura e professionista e, l’indomani, a dover giocare contro il professionista in un’azione di regresso, in base al codice civile. Per i privati, invece, rimane l’azione di regresso in base al Codice civile.

Dal punto di vista delle assicurazioni, cosa cambia?
In breve si costituirà un database nazionale su cui andare a commisurare le rischiosità delle aziende e delle strutture sanitarie. Uno degli ultimi emendamenti approvati canalizza un grande flusso di informazioni che vanno dalla periferia al centro; avremo database utilizzabili anche in funzione di benchmark tra aziende e strutture sulle condizioni di polizze e sull’utilizzo delle cosiddette autoassicurazion. Inoltre, l’impianto civilistico così sostanzialmente modificato è senz’altro un alemento a favore. Infine, è stato accolto un emendamento dell’opposizione che riconosce anche alle strutture la possibilità di avvalersi delle cosiddette tabelle per le lesioni macro-permanenti, cioè per danno biologico che determina invalidità dal 10 al 100% e riconosce il valore del punto di invalidità su una tabella unica nazionale. Questa previsione, contenuta nel Ddl concorrenza, consentirà dopo 10 anni di disporre di tabelle uniche di riferimento per il danno biologico, cioè non patrimoniale. Avere un riferimento univoco consentirà alle imprese assicurative di meglio attualizzare i rischi di risarcimento.


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