In parlamento

Biotestamento, dalla Camera primo sì al fine vita

di Red.San.

Con 326 voti favorevoli e 37 voti contrari la Camera dei deputati ha votato la Pdl “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento” (AC 1142 e al), relatrice Donata Lenzi (Pd).
Il principio fondante del testo unificato, che ora passa al Senato, è che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito senza il consenso libero e informato della persona interessata. Viene promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico, l’autonomia decisionale del primo e la competenza l’autonomia professionale e la responsabilità del medico. Per quest’ultimo, in particolare, è ammessa l’obiezione di coscienza: il singolo sanitario potrà rispettare le volontà del paziente o rinunciare ma in ogni caso non ha «obblighi professionali». Mentre l’ospedale, che sia pubblico o privato, laico o religioso, dovrà assicurare che le decisioni del paziente siano rispettate. Nella relazione di cura vengono coinvolti se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari, o la parte dell'unione civile, o il convivente oppure una persona di sua fiducia.
A precisare gli ultimi contorni assegnati al testo, che ieri aveva subito delle modifiche importanti nei suoi due primi articoli, è la relatrice Lenzi: «La legge sul fine vita non prevede nessun abbandono terapeutico del paziente. È stato approvato un emendamento che prevede una correzione tecnica per cui il tema delle cure palliative e quello del fine vita sono stati spostati in un articolo a sé; con lo stesso emendamento si stabilisce che il medico si deve astenere dall’accanimento terapeutico, ora definito “ostinazione irragionevole nella somministrazione delle cure nella fase finale della vita” e si prevede esplicitamente il ricorso alla sedazione palliativa profonda continua quando necessaria per controllare dolori insopportabili. Credo che il dibattito di oggi abbia chiarito anche che non si vuole imporre al medico comportamenti contrari alla sua competenza professionale o alla deontologia. Mi auguro che questo tranquillizzi chi temeva una riduzione del proprio ruolo a quello di mero esecutore. È sempre difficile normare in materie sensibili, né si possono tradurre in norme le relazioni personali; noi abbiamo cercato un equilibrio dove si tenga conto del diritto del paziente a veder rispettata la sua volontà».

Il testo disciplina poi il diritto all’informazione, qualificato come il diritto di ogni persona di conoscere le proprie condizioni di salute e di essere informata in modo completo aggiornato e a lei comprensibile circa: la diagnosi; la prognosi; i benefici ed i rischi degli accertamenti diagnostici e dei trattamenti sanitari indicati e le possibili alternative; le conseguenze dell’eventuale rifiuto del trattamento sanitario e dell'accertamento diagnostico o della rinuncia ai medesimi.
La persona può anche rifiutare in tutto o in parte di ricevere le informazioni o indicare i familiari o una persona di sua fiducia incaricati di ricevere le informazioni in sua vece.

Cardine del testo sono le Dat, cioè le Disposizioni anticipate di trattamento: l’atto con cui ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali. Il diretto interessato può anche indicare una persona di fiducia - fiduciario - che ne faccia le veci e lo rappresenti nelle relazioni con il medico e le strutture sanitarie.

La scheda. Per depositare le proprie disposizioni sul fine vita ci si dovrà rivolgere a un notaio o pubblico ufficiale, ma sarà possibile farlo anche davanti a un medico del Servizio sanitario nazionale. Le volontà sono sempre revocabili ed ognuno potrà disporre il rifiuto dei trattamenti sanitari. I cinque articoli del ddl sulle “Disposizioni anticipate di trattamento” (Dat), o Biotestamento, sono stati approvati alla Camera, e ora passerà al Senato. Con l’approvazione dell’articolo 1, si è regolato il consenso informato del fine vita, ma si è introdotta l’obiezione di coscienza per il medico che si rifiuta di “staccare la spina”: dovrà intervenire un altro medico della stessa struttura per far rispettare le disposizioni del paziente. Introdotta anche un’altra norma secondo la quale le cliniche private, ed in particolare quelle cattoliche, convenzionate con il sistema sanitario nazionale, non potranno chiedere alle Regioni di essere esonerate dall’applicazione delle norme sul biotestamento “non rispondenti alla carta di valori su cui fondano i propri servizi”.
L’articolo 3 rappresenta il cuore della legge ed è stato anche quello maggiormente dibattuto: prevede che «ogni persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di una eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso Disposizioni anticipate di trattamento, esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, ivi comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali». La persona “indica altresì una persona di sua fiducia (fiduciario)”.
Sempre questo articolo stabilisce poi le modalità di espressione della propria volontà: «Le DAT devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, con sottoscrizione autenticata dal notaio o da altro pubblico ufficiale o da un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale o convenzionato. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi. Con le medesime forme sono rinnovabili, modificabili e revocabili in ogni momento». In caso di emergenza o di urgenza, precisa inoltre il ddl,«la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni».
L’articolo 4 è invece focalizzato sulla “Pianificazione condivisa delle cure”: «Nella relazione tra medico e paziente, rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta - si legge - può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità».


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