In parlamento

Ddl Lorenzin alla Camera: gli Ordini professionali non faranno attività sindacale. Le proposte al vaglio della Affari sociali

di Rosanna Magnano

Gli Ordini delle professioni sanitarie «non svolgono ruolo di rappresentanza sindacale» e nelle elezioni a scrutinio segreto dei membri degli organi interni (Consiglio direttivo, commissione di albo, collegio dei revisori) dovranno essere garantiti equilibrio di genere e un adeguato rinnovo generazionale. Sono alcune delle novità - entrambe a firma Pd - introdotte dagli emendamenti al Ddl Lorenzin approvati dalla Commissione Affari sociali della Camera.

Complessivamente sono state presentate circa 270 proposte emendative al provvedimento, già approvato dal Senato e all'esame della commissione Affari sociali della Camera (il testo vanta già un iter di circa 1.200 giorni).

Tra le altre modifiche approvate, criteri più stringenti per la scelta dei revisori legali che dovrà essere effettuata mediante estrazione da un elenco di soggetti iscritti ad apposito albo (emendamento Cinque Stelle).

Il ventaglio delle modifiche al vaglio della Commissione è piuttosto variegato e molti emendamenti propongono soluzioni di segno opposto su uno stesso tema. Da qui l’invito dell’onorevole Paola Binetti (Misto-Udc) a non avere «alcuna posizione pregiudiziale, nella consapevolezza della complessità del tema della regolazione delle professioni sanitarie e del fatto che, per evitare di pregiudicare il lavoro di un'intera legislatura, le modifiche da introdurre dovrebbero tenere conto anche del punto di vista dell'altro ramo del Parlamento». E ricorda, riguardo le sperimentazioni cliniche, «che occorre trovare un punto di equilibrio tra le esigenze della ricerca, che necessita della più ampia disponibilità di dati, e la tutela della riservatezza dei singoli pazienti, anche attraverso l'operato dei comitati etici».

Facendo una sommaria carrellata - oltre ai due ritocchi alla legge sul rischio clinico presentati da Federico Gelli (Pd) e anticipati da Sanità24 - si nota il trasferimento all'Istituto superiore di sanità di tutte le attività concernenti la sperimentazione e la ricerca clinica, inclusa la valutazione e rilascio delle autorizzazioni di tutte le sperimentazioni cliniche dei medicinali. Diversi i focus sulla necessità di evitare discriminazioni di genere nei trial e sull’applicazione e diffusione della medicina di genere all'interno del Sistema sanitario nazionale. E sulla ricerca epidemiologica-ambientale e la valutazione degli effetti sulla salute delle popolazioni esposte ai vari rischi ambientali, un emendamento targato M5S, prevede procedure idonee a garantire che le persone incaricate e coinvolte a qualsiasi titolo nella sperimentazione clinica «non abbiano conflitti di interesse, siano indipendenti dal finanziatore della sperimentazione clinica, e siano esenti da qualsiasi indebito condizionamento e che non abbiano interessi finanziari o personali, diretti o indiretti, potenzialmente in grado di inficiarne l'imparzialità della ricerca». Lo stesso emendamento prevede poi che i ricercatori abbiano un ruolo primario sia nel disegno sia nella conduzione degli studi clinici, con integrale autonomia nell'analisi, nella pubblicazione e nella diffusione dei dati, «senza alcuna influenza o condizionamento da parte del soggetto finanziatore della ricerca o da vincoli di proprietà di soggetti terzi che possano deciderne la diffusione o meno in funzione dei propri interessi commerciali».

L’osteopatia non è più degli osteopati
Sul delicatissimo settore delle professioni sanitarie, si propone il profilo professionale del podologo e il relativo corso di laurea magistrale in podoiatria. E sulla tormentata istituzione e definizione della professione dell'osteopata c’è un nuovo colpo di scena con (art.4) un emendamento del Pd (a prima firma Donata Lenzi) che prevede l’istituzione del «corso di formazione universitaria post laurea in osteopatia alla quale possono accedere i laureati in fisioterapia o in medicina e chirurgia», con un annesso decreto che dovrebbe stabilire i criteri per il riconoscimento dei titoli equipollenti in osteopatia conseguiti in sedi formative italiane ed estere.

Una proposta che il Registro degli osteopati d’Italia (Roi) vede come il fumo negli occhi: «Si tratta di una proposta insensata, immotivata e senza precedenti in Europa - sottolinea una nota - che cancellerebbe la professione di osteopata, un'intera categoria di lavoratori che perderebbero il proprio status e il proprio lavoro, incorrendo in abuso di professione. La modifica non tiene conto del lavoro fatto fino qui dalle Istituzioni, dal Ministero della Sanità in primis e poi dal Senato, che il 24 maggio di un anno fa ha votato l'articolo 4 del Ddl Lorenzin che istituisce la professioni sanitaria autonoma dell'osteopata».

In arrivo potenziale anche il chinesiologo, professionista delle attività motorie, competente nelle attività finalizzate al mantenimento del benessere è dell'efficienza psico-fisica mediante la promozione di stili di vita attivi nonché al recupero motorio. E il musicoterapista. Proposte anche sul riordino della figura professionale del massofisioterapista. E diverse nuove versioni sul chiropratico. Proposta infine l’istituzione della Commissione nazionale per l'aggiornamento periodico delle professioni sanitarie.

Focus sulla sicurezza veterinaria
Un’ultima novità è l’introduzione del Capo III-bis sulla sicurezza veterinaria e tutela degli animali che prevede un’anagrafe degli equidi e disposizioni in materia di sicurezza e tutela della salute nell'ambito delle manifestazioni popolari pubbliche o aperte al pubblico nelle quali vengono impiegati equidi. Sempre nel settore veterinario, è proposta anche una delega al Governo in materia di tutela dell'incolumità personale dall'aggressione di cani e di divieto di utilizzo e detenzione di esche o di bocconi avvelenati.

Rosanna Magnano

© RIPRODUZIONE RISERVATA