In parlamento

Cannabis terapeutica, conto alla rovescia per il sì definitivo. Ma dopo l’erba non basterà per tutti

di Lucilla Vazza

Dopo aver passato il vaglio della Camera, il testo del ddl che regola l’uso terapeutico della cannabis è all’esame del Senato. L’ultimo miglio dell’accidentato iter parlamentare dovrebbe essere in discesa. Il testo, che scontenta i primi firmatari della legge, radicali e sinistra in primis, dovrebbe accontentare tutti gli altri, perché è stato alleggerito da tutti gli elementi controversi: autoproduzione e legalizzazione tout court. Ma le lancette dell’orologio corrono veloci e il parlamento ha importanti partite da chiudere: legge elettorale, ius soli e soprattutto la manovra di Bilancio.

Tutto dipende dai calendari parlamentari. Intanto, migliaia di pazienti e le loro famiglie aspettano risposte concrete. Perché la sofferenza dei calendari se ne infischia.

In Italia il volume di cannabis legale è di 350 kg, ne servirà molto di più
Fatta la legge, bisognerà gestire la partita dei fabbisogni reali Regione per Regione e aspettare i nuovi raccolti dello stabilimento farmaceutico-militare di Firenze e dei soggetti che saranno chiamati a concorrere alla produzione di cannabis.

Dopo due anni dall’avvio della sperimentazione, lo stabilimento di Firenze produce 100 kg di cannabis e - se passa la legge - ne produrrà altri 50, il resto lo importiamo dall’Olanda, unico Paese autorizzato a produzione ed export. L’Aja però ha già comunicato che ridurrà l’invio a 200 kg per ogni Stato richiedente. Il calmiere si è imposto per l’aumento generalizzato di sperimentazioni in tutta Europa, il ché apre nuovi scenari di produzione, di distribuzione e naturalmente di consumo (terapeutico!). L’Olanda ha un business consolidato e presto si affiancherà la Germania, che scalpita per entrare nel mercato. Entrerà anche il Canada con cui si sta finalizzando un accordo speciale.

Da noi, sono cinque i farmaci a base di cannabis autorizzati, Firenze ne produce uno che è l’Fm2. Il resto arriva dall’estero. La nuova legge, come spieghiamo più avanti, prevede l’allargamento a nuovi soggetti produttori, ma i tempi saranno lunghi, perché dovranno aspettare l’autorizzazione e il decreto del ministero della Salute per poter avviare la produzione. E dato che la natura ha i suoi tempi, per un po’ la situazione sarà di rodaggio. Con distribuzione verosimilmente a singhiozzo: 350 kg di cannabis non basteranno per tutti i malati che chiederanno di accedere ai protocolli antidolore.

Approvvigionamento, cosa prevede la normat iva: tre punti chiave
La legge prevede la possibilità di un aumento considerevole delle richieste e infatti contiene delle indicazioni per l’aumento di produzione.

Per il capitolo forniture si specifica che:

-  «Per assicurare la disponibilità di cannabis a uso medico sul territorio nazionale, anche al fine di garantire la continuità terapeutica dei pazienti già in trattamento, l'Organismo statale per la cannabis può autorizzare l'importazione di quote di cannabis da conferire allo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, ai fini della trasformazione e della distribuzione presso le farmacie».

- Inoltre «qualora risulti necessaria la coltivazione di ulteriori quote di cannabis oltre quelle coltivate dallo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze, possono essere individuati, con decreto del Ministro della salute, uno o più enti o imprese, da autorizzare alla coltivazione nonché alla trasformazione, ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, con l'obbligo di operare secondo le «Good agricoltural and collecting practices» (GACP) in base alle procedure indicate dallo stesso Stabilimento».

- E infine per «agevolare l'assunzione di medicinali a base di cannabis da parte dei pazienti, lo Stabilimento provvede allo sviluppo di nuove preparazioni vegetali a base di cannabis per la successiva distribuzione alle farmacie, che le dispensano dietro ricetta medica non ripetibile».

Miotto (Pd): no a produzioni fai-da-te
Abbiamo chiesto alla relatrice del provvedimento alla Camera dei deputati, Margherita Miotto (Pd), cosa risponde a chi accusa il Partito democratico di aver perso di vista i presupposti iniziali della legge. E che legalizzare la coltivazione domestica avrebbe aiutato molte più persone. «C’è un fraintendimento di fondo: qui parliamo di cannabis terapeutica che è un atto medico. Non stiamo facendo un dibattito sui pro e i contro della liberalizzazione, stiamo consentendo ai malati di accedere a un percorso di cura, che ha bisogno di una prescrizione medica e di un monitoraggio sulle dosi e sull’aderenza alle terapie. I principi attivi vanno modulati a seconda della situazione e il fai-da-te non può assicurare un valido aiuto. La cannabis terapeutica è un farmaco e così dev’essere adoperato. Le piantine sono soggette alla muffa, al deterioramento. Insomma, non abbiamo fatto una legge per l’uso ricreativo, ma per la terapia del dolore. I malati devono avere benefici reali e non palliativi aleatori. La legalizzazione tout court della cannabis è un tema difficile su cui la società resta divisa e il Parlamento rispecchia questa divisione. Però noi dobbiamo pensare a chi soffre e per questo mi auguro che i colleghi del Senato riescano a chiudere la partita», conclude la deputata.


© RIPRODUZIONE RISERVATA