In parlamento

Legge di Bilancio/ Garavaglia (Regioni): «Sanità al palo tra Fsn, contratti ed edilizia. E politiche sociali in panne»

di Barbara Gobbi

Le trattative con il Mef non hanno sortito l’effetto sperato. Il confronto Governo-Regioni nei giorni scorsi non ha prodotto passi avanti, dopo la fumata nera dei governatori sul Ddl di Bilancio. Tanto che, a meno di nuovi contatti con l’Economia, è possibile che anche dalla riunione fissata a via Parigi per giovedì prossimo esca un parere condizionato o addirittura una bocciatura. A fare il punto, in audizione davanti alle V commissioni di Camera e Senato, il coordinatore degli assessori alle Finanze, Massimo Garavaglia. Secondo cui, al netto dell’Iva che pesa per 16 miliardi, questa manovra 2018, nel complesso da 20 miliardi di euro, «è tenuta in piedi essenzialmente da Regioni ed enti locali, con un contributo nel complesso di circa 4 miliardi di euro. Mentre alle Regioni - è la proposta - dovrebbero essere riconosciuti 400 milioni di euro per gli investimenti, al pari di quanto è stato fatto nel 2017». Cruciale è anche «l’armonizzazione delle date delle intese Stato-Regioni per l’attuazione della manovra (la scadenza per il riparto dei tagli da 300 milioni al 31 gennaio), mentre tra le altre proposte figura quella di «incentivare il ruolo attivo degli enti territoriali nelle attività di recupero dell’evasione fiscale».

Tre i punti deboli evidenziati dall’assessore, per la Sanità. Il primo è il finanziamento del Fondo sanitario nazionale, pari per il 2018 a 113,4 miliardi, al lordo delle risorse - l’1,3% - che dovrebbero andare per il rinnovo di contratti e convenzioni. «Una partita per cui l’ideale sarebbe avere 1,3 miliardi per coprire il rinnovo del contratto in sanità, con 600 milioni ce la facciamo a fatica», avvisa Garavaglia. E intanto il Fsn «non dico di aumentarlo come previsto dalla legge, cioè come il Pil, ma qui decresce dal 6,9% del Pil nel 2013 al 6,4% nel 2018: si tratta - ha precisato l’assessore - di 8 miliardi in meno tolti alla sanità per finanziare altro, è una scelta politica. Si comprime così la soglia non solo simbolica ma oggettiva di tenuta del sistema del 6,5% del Pil e ci avviciniamo drammaticamente al “modello Grecia”. E pensare che secondo Bloomberg la sanità italiana è prima al mondo per livello di efficienza, ma ciò - ha chiosato l’assessore - soprattutto per merito delle Regioni». Garavaglia si è detto certo che in caso di «ricorso alla Corte Costituzionale, lo vinciamo, perché i Lea dovevano essere ridotti e questo non è stato fatto. In queste condizioni non si può fare tutto». Il riferimento ai Livelli essenziali di assistenza è relativo al delisting cui il ministero della Salute avrebbe dovuto procedere in sede di aggiornamento continuo della lista delle nuove prestazioni incluse nel Dpcm, e che al momento sarebbe rimasto sulla carta.

Tra le proposte lanciate dalle Regioni, l’evergreen della tassa di scopo sulle sigarette, che frutterebbe 150 milioni con cui finanziare il Fondo per i farmaci oncologici innovativi istituito dalla manovra 2017, liberando quindi risorse per i contratti. Ma anche la rimodulazione dello stanziamento sull’edilizia sanitaria per un importo di 150 milioni, anche in relazione all’allungamento delle procedure previste dal nuovo Codice degli appalti; e l’utilizzo «per almeno 178 milioni» del Fondo esigenze indifferibili a decorrere dal 2018.

Sul Fondo edilizia sanitaria, in particolare, sarebbe avvenuto l’ultimo “drenaggio”. «Lo stanziamento a legislazione vigente era pari per il 2018 a 800 milioni di euro - ricorda ancora l’assessore - ma di questi 600 sono stati “spostatati” e sarebbero disponibili soltanto tra tre anni. A ciò si aggiungano i 94,1 milioni di rimodulazione per la copertura del taglio alle Regioni: le risorse effettivamente disponibili scendono a 105,9 miliardi di euro».

Infine, le Politiche sociali e dell’istruzione, che si chiede di considerare come «esigenze indifferibili», utilizzando per almeno 178 milioni di euro il Fondo ad hoc a decorrere dal 2018. Sulla disabilità «la situazione è imbarazzante: prima era di competenza provinciale, poi sono subentrate le Regioni. In tutto - ricordano le Regioni in audizione - il finanziamento era pari a 75 milioni, il Governo ne ha cifrato 112 ma nella realtà delle cose ne sono stati spesi 140. Risultato: per i disabili nella manovra non c’è nulla e non credo che siano tutti guariti. Servono almeno 300 milioni, il resto, tra morti e feriti, pensiamo di poterlo portare a casa, perché sappiamo che quei 300 milioni vanno a tagliare i fondi che servono per le politiche sociali».


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