In parlamento

Superticket, il taglio diventa “strutturale” di 60 milioni all’anno

di Ernesto Diffidenti

Via libera all’emendamento per la riduzione del superticket che, rispetto alle anticipazioni di ieri, diventa un vero e proprio Fondo strutturale con una dotazione di 60 milioni l’anno. E’ questa la versione definitiva che ha avuto il disco verde dalla commissione Bilancio al Senato dopo una serie di bozze che si sono succedute per l’intera giornata. La prima prevedeva un fondo triennale da 60 milioni all’anno per un totale di 180 milioni, la seconda un fondo con uno stanziamento progressivo di 60, 80 e 100 milioni con un abbattimento della soglia di reddito Isee a 15mila euro, uguale per tutte le Regioni.

Il testo definitivo, invece, primo firmatario Luciano Uras (Campo progressista), rinvia la definizione dei criteri per il riparto del fondo a un decreto del ministero della Salute, previa intesa Stato-Regioni, da adottare entro 60 giorni dall'entrata in vigore della legge di Bilancio. «Nella determinazione dei criteri di riparto - si legge nel testo - vengono privilegiate le Regioni che hanno adottato iniziative finalizzate ad ampliare il numero dei soggetti esentati dal pagamento del superticket sulla specialistica ambulatoriale».

Il senatore Uras è comunque soddisfatto al termine della maratona. «Si tratta di un altro passo avanti - ha detto - per una manovra più equa grazie al via libera all’emendamento che taglia il superticket. Si tratta di un'ulteriore conferma che si sta lavorando con attenzione ai bisogni delle fasce più deboli». Per Uras «questa norma di equità garantisce, con 180 milioni nei prossimi tre anni, i soggetti con vulnerabilità sociale ed economica. Da parte nostra - ha concluso - continuiamo a lavorare per garantire sempre maggiore tutele».

Per Mdp, invece, si tratta di una beffa. «Non è una abolizione come richiesto da Mdp in un emendamento ben fornito da copertura - rileva la senatrice di Articolo 1 - Mdp, Lucrezia Ricchiuti -. Neppure un accenno a un superamento progressivo. Ma un emendamento pasticciato che non riduce le differenze fra regioni, rischia di ampliare le iniquità e non affronta il problema cruciale: evitare che le prestazioni diagnostiche e specialistiche costino di più nel pubblico che nel privato».


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