In parlamento

Biotestamento, De Biasi (Pd): una pagina di bella politica per i diritti del Paese

di Emilia De Biasi (Partito Democratico, presidente Commissione Igiene e Sanità Senato)

Il Partito Democratico ha votato a favore di questa legge. E lo ha fatto assieme a una maggioranza trasversale, che non ricalca le maggioranze politiche di questa legislatura. È un fatto importante, perché, su leggi che riguardano la libertà, superiamo quel bipolarismo etico che tante volte negli anni passati ha impedito di produrre una seria legge sul fine vita.
Questa legge arriva dopo un percorso difficile e tortuoso, durato molti anni, ma che si è risolto - lo voglio dire - per il coraggio di tante persone qui dentro, della Conferenza dei Capigruppo e della Presidenza: permettetemi di ringraziare tutti e, in particolare, l'impegno del nostro capogruppo Luigi Zanda.
Una volta tanto, quanto si parla di libertà, questa non è una legge di divieti, perché non costituisce un obbligo, ma lascia alle persone la libertà di decidere, con tempo congruo e anticipato, di non volersi sottoporre a determinati trattamenti. Perché avere paura, quindi?

Che le persone scelgano. Perché continuare a affidarsi a un paternalismo che non ha più senso d'essere, con i cambiamenti della medicina?
Il rapporto medico-paziente, la relazione di cura e il difficile e delicato rapporto fra paura e competenza costituiscono quella «asimmetria», com'è stata definita, che è uno dei punti centrali della modernità. L'ultima parola, però, non può che rimanere alla persona interessata: lo dobbiamo anche alla dignità del medico, persona che non agisce indipendentemente dalla propria coscienza e dalla propria competenza, ma adotta una relazione di cura, nella quale il rispetto della persona è punto etico centrale della sua deontologia.
Quando parliamo di PEG (gastrostomia endoscopica percutanea), perché diciamo che per farla è necessario il consenso, mentre non può esserci la realizzazione della volontà anticipata per chi non è in grado di scegliere? Questo è il cuore della nutrizione e idratazione artificiali. Ecco il punto: la possibilità di scegliere con anticipo, affinché non si verifichino più quei casi tremendi. Peppino siamo con te, ancora una volta! Siamo con Walter e con tutti coloro che si sono battuti e non ci sono più, ma l'hanno fatto mettendo la propria vita in mezzo, per poter sancire la libertà di scelta.

Non c'è, in questa legge, una corsa a morire
Al contrario c'è rispetto, che è cosa ben diversa. L'obiezione di coscienza è certamente un giudizio morale, ma il tema sono le ragioni tecniche e professionali, cioè le terapie che allungano solo il tempo che separa dalla fine della vita, dall'ultima fase della vita.

La sedazione differisce per procedure e per esiti dall'eutanasia, lo si sappia se si vogliono seguire la medicina e la scienza moderne e non il Medioevo. Abbiamo avuto Stamina, in quest'Aula, e abbiamo vinto su Stamina, nella nostra Commissione, perché esattamente come dice la legge c'è stato un rifiuto dei medici e degli infermieri a somministrare trattamenti contrari alla deontologia, questo lo dico giusto per mettere le cose in chiaro. La terapia del dolore ci dice una cosa molto importante: ci richiama una legge fondamentale, che è la legge n. 38 del 2010, una legge straordinaria che dice che la sofferenza non è un destino inevitabile, che il diritto alla morte non è un diritto in sé, ma è un avvenimento della vita che è inevitabile, contro ogni ostinazione irragionevole. Si parla di diritto a non soffrire, di diritto alla dignità nella sofferenza, di diritto a non essere trattati come cavie, della centralità della persona, del rispetto della sua privacy; la morte è una parte, l'ultima, della vita. Ciò di cui si parla in questa legge non è la cultura della morte, ma è la cultura che parla della morte, la cultura sulla morte e non possiamo voltare la testa dall'altra parte.

Per quanto noi vorremmo che le persone care fossero eterne e rimanessero sempre con noi, dobbiamo essere consapevoli che non siamo onnipotenti, ma che possiamo curare e accompagnare. Vorrei che fosse chiaro che le cure palliative, di cui qui si è detto di tutto, hanno una derivazione meravigliosa: il pallium, che è il mantello che amorevolmente viene avvolto intorno al malato, il mantello delle cure sia mediche, sia psicologiche, un concetto altissimo, altro che via italiana all'eutanasia.
Quando parliamo di terapia del dolore, allora, e di rifiuto di ogni ostinazione irragionevole, dobbiamo anche parlare della vincolatività di queste disposizioni, che recitano la volontà di una persona su sé stessa, secondo il dettato costituzionale dell'articolo 32. Se non è certamente la via italiana all'eutanasia, ci sono però molti problemi che legano questa legge alla scelta della persona e alla sua dignità. Ci sono dei problemi tecnici, penso ad esempio al registro. Potremo mettere a posto questi problemi quando avremo una legge, ma se una legge non c'è non si può mettere a posto proprio niente e torneremo di nuovo nel buio e nella mancanza di consolazione e di risposta ai diritti della persona.
Sono state dette cose importanti e ci ragioneremo, ma è certo che la tutela dei minori e degli incapaci c'è, ci sono i diritti, ci sono i registri nazionali, ci sono tutti quegli accorgimenti che aiuteranno l'applicazione di questa legge.
In conclusione, vorrei leggere una parte importante dell'intervento pronunciato dal dottor Flick quando è stato sentito in audizione presso la nostra Commissione: «Resta ovviamente il diritto di chi muore e il dovere dello Stato e di chi gli è vicino - famigliare o sanitario - ad un percorso di assistenza, di superamento del dolore, di conforto, di solidarietà, di cure palliative contro la sofferenza, insomma di dignità, sia che egli rifiuti il trattamento terapeutico o quello di sostegno vitale, sia - vorrei dire soprattutto - che egli non voglia o non sia più in grado di esprimere quel rifiuto o non abbia voluto o potuto anticiparlo con le disposizioni di fine vita.

Ciascuno muore solo, ma non è questo un motivo né buono, né sufficiente perché gli altri lo lascino solo o aggravino la sua solitudine nel momento in cui egli chiude la sua pagina terrena.
Noi non pensiamo allo stesso modo, colleghi, su tutto, ma voglio dire anche per fortuna, perché sanciamo un principio importante che è quello del pluralismo: opinioni diverse che si confrontano laicamente in un'Assemblea consapevole. È per questo che noi oggi apriamo una pagina di storia della dignità e dell'umanità. Quella dignità che è dignità del nascere, dignità del vivere e anche dignità del morire.
Una pagina di bella politica che dobbiamo a tutti coloro che non ci sono e che non ci sono più. A ciascuno di noi è successo nella sua esistenza: io gli occhi di mio padre non lì dimenticherò mai e penso che tutti noi abbiamo avuto un momento così intimo e importante che ci ha fatto scoprire anche la nostra umanità. Una pagina, quindi, di bella politica che spero possa segnare la storia dei diritti in questo Paese.


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