In parlamento

Il Ssn al centro dell’agenda politica, la revisione dei vincoli sul personale, Lea da ripensare e II pilastro: l’Indagine conoscitiva sulla sostenibilità

di Barbara Gobbi

«È necessario un sonoro starnuto per far pronunciare a un presidente del Consiglio la parola “salute”». L’ironia gentile di questa boutade che circola tra i componenti la commissione Igiene e Sanità del Senato, sintetizza la premessa indispensabile per un cambio di passo nell’approccio alle politiche per ripristinare e garantire la tenuta del Ssn. Non a caso è questa la frasetta - tra il serio e il faceto - che si legge nelle prime pagine dell’Indagine conoscitiva sulla sostenibilità del Ssn, con particolare riferimento alla garanzia dei principi di universalità, solidarietà ed equità , varata all’unanimità dalla XII Commissione dopo una lunga fase di audizioni, analisi dei dati e concertazione. In pista, i temi caldi che potrebbero fungere da piattaforma per la prossima Legislatura. Sempre ammesso - e l’assaggio di dibattito pre urne di questi giorni non appare confortante - che si decida di riportare il Servizio sanitario pubblico al centro dell’agenda politica.

I parlamentari, guidati dai senatori Nerina Dirindin (Art. 1-MDP-LeU ) e Luigi D’Ambrosio Lettieri (NcI) hanno approvato un documento ricco, sintetizzato in 12 punti che poi si snodano in capitoli, corredati di grafici e dati di sintesi. La sanità, la salute comunque buona, con punte d’eccellenza, che all’Italia sono riconosciute sia dai cittadini sia dalle graduatorie internazionali, sono un valore da difendere e da rilanciare, affermano compatti i senatori. Ad oggi si assiste invece a una «sottovalutazione del contributo della salute e della sanità allo sviluppo economico e umano di una popolazione». Un male non solo italiano, ma che in Italia si è tradotto in «notevoli restrizioni (finanziarie, di personale, tecnologiche e strutturali)», in disuguaglianze nell’accesso a diagnosi e cure e in generale nella tutela della salute, in vicoli stringenti sul personale, in inadeguate politiche di prevenzione, intesa anche come rispetto e salvaguardia dell’ambiente, in liste d’attesa infinite, nel maggiore ricorso al privato e nell’aumento della compartecipazione.
Da questo stato dell’arte, argomentato dai senatori nella loro Indagine, derivano le proposte speculari che - in definitiva - chiedono un ruolo non residuale ma da prim’attore economico e sociale per il Ssn, mantenendo fermo il principio della “Salute in tutte le politiche” e sempre tenendo come faro l’affermazione di Roy Romanow nelle conclusioni della Commission on the Future of Health Care in Canada: «Il sistema è tanto sostenibile quanto noi vogliamo che sia».

Il focus sul “secondo pilastro”. In quest’ottica, ha una valenza peculiare il paragrafo - novità frutto delle ultime limature al documento - su “Sostenibilità del sistema e secondo pilastro”. In definitiva, nella Indagine conoscitiva si propone un riordino della sanità integrativa, scevro da «duplicazioni» e «cosumismo sanitario». E un’anagrafe unica dei Fondi sanitari e delle assicurazioni private.
Sotto la lente dell’equità e dell’efficienza, tre elementi:

- la spesa sanitaria privata (che nel 2016 ha toccato i 37,3 miliardi di euro, con un’incidenza sul Pil del 2,2%, sulla spesa sanitaria totale del 25% e con un contributo del 91% da parte delle famiglie ) e le agevolazioni fiscali in suo favore. Di queste ultime beneficiano 17 milioni di persone per un ammontare portato in detrazione pari a 16 miliardi, con un valore medio per dichiarante di 935 euro e un risparmio d’imposta per il contribuente beneficiario di 178 euro. Nel complesso, sono due le “storture evidenziate dai senatori: un minor gettito per il bilancio dello Stato pari a 3,1 miliardi di euro, che vanno a carico della generalità dei contribuenti; e una forte concentrazione delle agevolazioni a favore dei ceti medi e medio-alti, più interessati ai consumi privati e più in grado di sostenerne la spesa);

- il settore delle polizze malattia, che in Italia nel 2016, secondo dati Ania, totalizza premi per 2,5 miliardi di euro, di cui un quarto per polizze individuali e tre quarti per polizze collettive e con spese di gestione pari a circa il 25% dei premi contabilizzati. In questo ambito, nell’Indagine conoscitiva i senatori mettono in guardia da un’interpretazione a totale favore di un maggior ruolo delle assicurazioni nel nostro Paese. Proprio per gli elevati costi di gestione - da una parte - e poi perché l’ipotizzata maggiore efficienza nel consumo di prestazioni sanitarie andrebbe messa a confronto con la scarsa propensione degli italiani ad acquistare una polizza sanitaria o a partecipare a fondi sanitari e con il regime agevolato che garantisce al cittadino un rimborso fino al 19% della spesa sopportata, in caso di acquisto di prestazioni da mercato privato.

- La spesa degli italiani per i fondi sanitari («amalgama ancora poco conosciuta») e le agevolazioni fiscali ad essi dedicate. Il numero totale degli iscritti ai fondi sanitari, secondo l’Anagrafe presso il ministero della Salute (dati 2015) è di 9,2 milioni di persone, che nel complesso versano 2,2 miliardi di euro (per lo più ai fondi di tipo B). Nel caso dei fondi, i senatori lanciano un monito ben preciso: che il loro aumento recente, attribuibile più ai mutamenti intervenuti nelle relazioni sindacali e industriali, alle agevolazioni riconosciute dal sistema fiscale, alle strategie di sviluppo dell’intermediazione finanziaria-assicurativa e alle ambizioni di crescita del mercato delle prestazioni sanitarie, nel complesso comportino un indebolimento del tema della sostenibilità del Ssn. Di più: le agevolazioni fiscali a favore dei fondi sanitari - aggiungono i senatori nella loro Indagine conoscitiva - rischiano di essere un mezzo «per aggirare le inefficienze del pubblico che gravano soprattutto sui più deboli» e «di produrre effetti, in termini di efficienza e di equtà, non necessariamente positivi». In secondo luogo, i fondi rischierebbero di creare una «segmentazione delle tutele» tra chi è occupato e chi non lo è mentre - in terzo luogo - «va valutato l’effetto di illusione fiscale connesso alle agevolazioni fiscali a favore dei fondi sanitari che spesso sono ipotizzati capaci di produrre vantaggi per tutti». Agevolazioni che, in definitiva, «costano alla finanza pubblica» e «producono effetti redistributivi a carico di chi non partecipa ad alcun fondo».

I riflettori sulla non autosufficenza. «A dispetto della pluralità delle soluzioni disponibili - affermano i senatori ponendo con forza il tema della fragilità estrema - ancora oggi alcune voci di spesa, molto impegnative per i bilanci delle famiglie, non godono di adeguate coperture, né pubbliche né private: è il caso, in particolare, della non autosufficienza, rispetto alla quale è necessario individuare una strategia nazionale, anche a partire da alcune esperienze regionali, in grado di favorire soluzioni che rendano possibile la copertura dei rischi che gravano sulle famiglie, prevedendo un reale coordinamento con quanto di competenza del servizio sanitario nazionale e assicurando il rispetto del principio di non discriminazione nei confronti di particolari gruppi di soggetti e di non selezione dei rischi. In tal senso vanno previste misure e adeguati finanziamenti per riconoscere e valorizzare dal punto di vista previdenziale il lavoro di cura svolto dai famigliari di persone non autosufficienti». Contro i rischi connessi alla non autosufficienza «serve una strategia nazionale», che ripartisca gli oneri su una vasta platea di contribuenti e dia «risposte assistenziali a favore delle persone in condizioni di maggior bisogno».


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