Lavoro e Professione

Volontari della Croce Rossa Italiana: giovani e «votati alla salute». Indagine Censis-Cri

di Barbara Gobbi

Volontari per scelta. Per l'ampio range di attività che in ambito Cri si possono mettere in campo e perché ci si riconosce nei sette princìpi e nella mission dell'associazione. È dettata da una opzione ben precisa, guidata da un impulso di altruismo e da un bisogno di autorealizzazione - oltre che dalla relativa facilità di accesso - la decisione di prestare aiuto nell'ambito della Croce Rossa Italiana.

L'identikit del volontario, tracciato da un'indagine Censisis-Cri su un campione di 3.260 persone (su un totale di 139mila soci impegnati) presentata oggi a Roma, delinea una comunità coesa al suo interno, in cui l'impegno personale, anche in termini di ore prestate agli altri, è piuttosto elevato. Giovani - il 41% ha un'età compresa tra i 31 e i 50 anni e il 34,7% tra i 13 e i 30 anni - e con un'esperienza in media di dieci anni, le persone che svolgono volontariato nella Cri lo fanno per oltre 40 ore al mese. Il campione mostra una prevalenza di risposte maschili (il 53,2% a fronte di un 46,8%) di donne e quasi il 57% possiede un diploma di scuola media superiore. Il 27% è lavoratore privato, il 19% dipendente pubblico e il 18,5% studente.

Quanto alle attività, il 54,8% sono "volontari del soccorso"; il 24,5% "pionieri" (la componente giovane della Cri); il 10,3% infermiere volontarie; il 5,7% volontarie del Comitato nazionale femminile; il 3,6% da iscritti del Corpo militare; mentre l'1% sono donatori di sangue. Una distribuzione che si riflette nel "popolamento" per settori: il 71,2% dei volontari Cri si dedica alla Sanità, il 35,5% alle attività sociali, appannaggio per lo più di donne (42%) e giovani (46,6% dei 13-30enni).

Svolge attività in emergenza il 31,2% dei volontari. Importante l'informazione secondo cui per il 18,4% dei volontari la scelta deriva dall'«urgenza di far fronte ai bisogni che lo Stato non soddisfa».
Buono il giudizio sulla formazione, che ottiene il punteggio più alto tra i servizi offerti dalla Cri: 7,5 su una scala da 1 a 10. A essere più soddisfatti sono i pionieri (tra questi il voto sale a 7,8) e le infermiere volontarie (7,7).

Pollice verso, invece, su supporto psicologico e dotazioni materiali, servizi al di sotto della sufficienza, rispettivamente con votazioni pari a 4,9 e 4,8. Più insoddisfatti i pionieri (4,3) e i volontari del soccorso (4,5). Una bocciatura sulla dotazione dei servizi arriva dai donatori di sangue (3,9) e dai volontari del Corpo militare (4,2), in particolare se operano al Sud e Isole (3,3). Va solo un po' meglio per il giudizio sui processi informativi e di comunicazione interna al proprio comitato: il voto, uniforme sul territorio, è stato pari a 5,9. Quasi il 52% dei volontari esprime un giudizio negativo sul grado di coinvolgimento nei processi decisionali (poco: 30,8%; per nulla: 21,1%). Il 76,7 vorrebbe «sentirsi maggiormente coinvolto»).

Eppure è proprio la comunicazione, insieme alla testimonianza sul campo degli stessi volontari, la leva per diffondere la cultura dell'aiuto. Il messaggio da lanciare a partire dalla scuola, per il 45,6% del campione, è «la normalità delle persone: tutti possono diventare volontari, non serve un supereroe».