Lavoro e Professione

Dentisti, è allarme pletora: in vent'anni sono triplicati. Il presidente Andi: «Rivedere il numero di accessi»

Nel 1990 i dentisti abilitati iscritti all'albo erano 18.144. Nel novembre 2012, ventidue anni dopo, sono 58.203. Praticamente triplicati, al ritmo di circa 2mila nuovi iscritti ogni anno. A snocciolare i dati e a denunciare la pletora è l'Andi , l'associazione di categoria. Il Servizio studi ha confrontato i dati degli iscritti dello scorso novembre con l'attuale numero degli abitanti in Italia (60,62 milioni) e nelle singole Regioni, e ha calcolato il rapporto
dentista/paziente nel nostro Paese. Molto lontano da quello ottuimale di uno per 2mila pazienti potenziali indicato dall'Organizzazione mondiale della sanità: da noi i dentisti hanno un bacino potenziale di appena 1.042 clienti. E non tutti, come si sa, decidono di andare dal dentista.

La Regione con il maggior potenziale numero di pazienti per ogni professionista è la Valle d'Aosta (1.623 pazienti a dentista), seguita dalla Basilicata (1.406) e dalla Sicilia (1.271). Il peggior rapporto dentista/paziente si registra invece in Liguria (767 cittadini per ogni studio dentistico), in Friuli Venezia Giulia (803) e nelle Marche (851).

Tanti dentisti, secondo l'Andi, non fanno bene. «La pletora odontoiatrica non è sinonimo di maggiore concorrenza come pensano molti politici, con vantaggi per i pazienti - avverte il presidente dell'associazione, Gianfranco Prada - bensì di alti costi di formazione universitaria pagata da tutti e di impoverimento professionale, con un conseguente svantaggio proprio per i pazienti che saranno sempre più costretti a essere curati nei grossi centri odontoiatrici da dentisti che, non avendo potere contrattuale, non potranno curare secondo scienza e coscienza, ma secondo i bilanci del consiglio di amministratore che finanzia il centro che li stipendia».

«Da decenni - aggiunge Roberto Callioni, coordinatore del Servizio studi Andi - la pletora odontoiatrica è un problema della professione perché aumenta il bacino del numero di giovani dentisti che non riescono a esercitare in uno studio proprio e sono costretti a scendere a compromessi per poter lavorare, molto spesso come collaboratori». Callioni ricorda i risultati di una recente indagine dell'associazione, che aveva indicato «come ci vogliano per un neolaureato in media almeno 6-10 anni per aprire uno studio».

Il presidente Andi invita quindi la politica a «fare un serio ragionamento sul numero di accessi alla professione, anche in funzione del numero di studenti italiani che stanno formandosi all'estero e che cominciano a tornare in numero massiccio in Italia per lavorare».