Lavoro e Professione

Medici: vademecum pensioni

Il sistema previdenziale italiano, attraverso l'Inps per i dipendenti del settore privato, l'Inpdap per i dipendenti del settore pubblico e le Casse previdenziali per i liberi professionisti, come nello specifico dell'Enpam per i medici e gli odontoiatri, garantisce che, al maturare delle condizioni previste dai loro regolamenti, coloro che hanno lavorato e versato contributi, ricevano una pensione.

È appunto sulla conoscenza delle norme pensionistiche che riteniamo si debbano basare la considerazione, e anche, ove possibile, la consapevolezza e la tranquillità per il proprio futuro previdenziale.
E poiché nel nostro Paese, a causa di ripetute situazioni finanziarie di grande difficoltà, il settore è stato interessato, negli ultimi anni, da numerose riforme in gran parte strutturali (a partire dalla legge 509/1994, poi la riforma Dini con la legge 335/1995, la Finanziaria 2007 che ha portato a 30 anni l'equilibrio delle gestioni degli enti previdenziali fino al Salva Italia, con la legge 214/2011, che ha anche previsto l'accorpamento dell'Inpdap, a cui i medici facevano capo, con l'Inps) ci è sembrato utile realizzare un compendio, anche in forma schematica, delle nuove realtà pensionistiche che coinvolgono e coinvolgeranno nei prossimi anni una categoria così complessa, sia per le proprie condizioni lavorative ma anche previdenziali che è quella dei medici e degli odontoiatri.

Le ultime modifiche del Salva-Italia, tra le altre, hanno introdotto il metodo contributivo di calcolo delle pensioni per tutti i lavoratori, secondo il meccanismo pro rata. Sono state abolite le finestre di uscita e le quote introdotte nelle precedenti riforme previdenziali.

L'età di pensionamento viene alzata a 62 anni per le donne lavoratrici dipendenti del settore privato (63 anni e sei mesi per le donne autonome). Entro il 2018 l'età di pensionamento delle donne sarà equiparata agli uomini e l'età pensionabile passa da 62 a 70 anni.


INPS-INPDAP e i meccanismi di calcolo per i dipendenti
Con la riforma della previdenza il sistema pensionistico è passato dal sistema contributivo a quello retributivo. Con il metodo retributivo la pensione viene calcolata riferendosi alla media degli stipendi degli ultimi dieci anni, applicando agli anni di contribuzione una aliquota di rendimento del 2% per anno. Nel sistema contributivo invece la pensione si calcola attribuendo una percentuale crescente chiamata coefficiente di rendimento al totale dei versamenti prodotti durante tutta la vita lavorativa montante e rivalutati sulla base dell'incremento quinquennale del Pil.
Sono nel sistema retributivo coloro che al 31 dicembre 1995 erano in possesso di almeno 18 anni di contribuzione.
Sono nel sistema contributivo i nuovi assunti a iniziare dal 1° gennaio 1996.
Sono nel sistema misto coloro che al 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contribuzione e tutti dal 1° gennaio 2012.
Nel sistema misto la pensione viene calcolata con il sistema retributivo per le anzianità maturate sino al 31 dicembre 1995 ovvero sino al 1° gennaio 2012 con il calcolo contributivo per le anzianità maturate successivamente.

Enpam: i meccanismi della riforma
I fondi Enpam sono cinque: fondo generale quota A; fondo generale quota B; fondo Medici di medicina generale; fondo Specialisti ambulatoriali; fondo Specialisti esterni.
Per l'Enpam valgono le prescrizioni legislative sulla stabilità nelle gestioni previdenziali degli enti privati che stabiliscono che in sede di privatizzazione degli enti (1994) l'equilibrio delle gestioni era da ricondurre a un arco temporale pari a 15 anni. La legge Finanziaria 2007 lo ha successivamente elevato a 30 anni, con proiezioni sino a 50 e la "Riforma Monti" ha disposto che deve essere assicurato l'equilibrio tra entrate contributive e spese per prestazioni pensionistiche per 50 anni.

Le pensioni integrative
Pur aumentando le aliquote contributive e l'età pensionabile, la previdenza obbligatoria avrà una evidente diminuzione dei rendimenti. Per quanto necessari, anche i riscatti, in particolare per i più giovani, non saranno sufficienti a riportare le rendite della previdenza obbligatoria ai livelli attuali. È necessario trovare quindi un percorso che permetta, in particolare ai più giovani, di assicurarsi una rendita pensionistica più elevata, intervenendo attivamente, con scelte personali, su una parte del risparmio previdenziale a carattere volontario.
Fondi pensione. I fondi pensione sono particolari fondi comuni che il legislatore ha destinato alla pensione complementare, per integrare quella erogata dagli enti pensionistici obbligatori (Inps, Inpdap). Per i medici sono due: Perseo e Fondo Sanità.
Per scegliere il Fondo pensione bisogna distinguere il caso di un lavoratore dipendente da uno autonomo. Al dipendente conviene aderire, almeno per il minimo contributivo richiesto, per ottenere il contributo del datore di lavoro (in genere, l'1% della retribuzione lorda), che è una parte importante del guadagno ottenibile dai fondi pensione. Per l'autonomo invece la scelta dovrà basarsi sull'esame dei rendimenti offerti dai fondi e dei costi che questi comportano.
Per valutare l'impatto che può avere sul patrimonio finale un mancato versamento, si può considerare un lavoratore con un ritardo di 5 o 17 anni nell'iniziare una contribuzione a un Fondo pensione complementare, anche al massimo della deducibilità fiscale di 5.164,57 euro. Prevedendo la possibilità di un versamento alla previdenza complementare di 2mila euro su un reddito lordo annuo di 40mila euro, il reddito imponibile senza versamento resterebbe tale e quale, mentre con il versamento si abbasserebbe a quota 38mila euro. Calcolando le varie tassazioni si raggiungerebbe un totale di 12,147,04 euro nel caso dei mancati versamenti contro 11.531,04 euro a fronte del versamento in previdenza complementare. Il risparmio fiscale sarebbe di 796 euro con un minore reddito quindi di 1.204 euro, ma un rendimento aggiuntivo del 38,8%.
Nel caso invece di un versamento di 5.164,57 euro su un reddito lordo di 80mila euro l'anno il risparmio fiscale finale sarebbe di 2.310,44 euro con un reddito ridotto di 2.854,13 euro (e non dell'intero importo del versamento) con un rendimento aggiuntivo del 44,74%. Le tabelle mostrano l'effetto rivalutazione del mancato versamento del massimo possibile a 5 e 17 anni. In sintesi, chi ritarda di cinque anni il contributo a un Fondo si troverà, rispetto a chi ha versato per 40 anni (a esempio con un capitale accumulato di 200.000 euro più gli interessi) a un tasso del 2% annuo,un buco di 50mila euro del suo capitale da cui sarà calcolato il vitalizio, al 3% di 80mila circa, al 4% di 115mila circa. Per chi ritarda di 17 il buco sarà di 166mila al 2%, 228 al 3%, 313 al 4 per cento.

LO SPECIALE PREVIDENZA DEI MEDICI SU IL SOLE-24 ORE SANITA' N. 17-18/2013 (per gli abbonati)