Lavoro e Professione

Sciopero dei medici: adesione oltre il 70%. Sit-in davanti al ministero dell'Economia: «Basta tagli»

di Manuela Perrone

Hanno incrociato le braccia per quattro ore dall'inizio di ogni turno per protestare contro precariato, blocco del turnover e dei contratti, contenzioso dilagante e tagli. È andato in scena oggi lo sciopero dei medici e dei dirigenti Ssn che nessuno ha saputo a rginare, neppure la ministra della Salute Beatrice Lorenzin, che ha incontrato i sindacati la scorsa settimana. L'adesione è stata superiore al 70%: quasi 95mila camici bianchi, su un totale di 115mila medici e veterinari più 20mila dirigenti sanitari, amministrativi, tecnici e professionali del Servizio sanitario nazionale.

Se i disagi per gli ospedali sono stati contenuti (fatta eccezione per le migliaia di controlli specialistici e di interventi chirurgici programmati che sono stati rinviati), scottano troppo gli otto punti che hanno scatenato la protesta indetta dall'intersindacale che riunisce ben venti sigle: la difesa della sanità pubblica e universale, la necessità di stabilizzare i precari e promuovere l'occupazione dei giovani (che sempre più numerosi decidono di fare le valigie e andare all'estero ), l'esigenza di una riforma della formazione pre e post laurea, l'assenza di una legge specifica sulla responsabilità professionale, il diritto a contratti e convenzioni e il ripristino delle prerogative sindacali, un sistema di emergenza-urgenza efficace e sicuro, la definizione di livelli essenziali organizzativi, una carriera sottratta alle clientele politiche e ai tagli lineari.

Non a caso sono stati duecento i medici che hanno manifestato dalle 10 davanti al ministero dell'Economia, armati di fischiette e bandiere. "Basta tagli alla sanità", recita uno striscione con un paio di forbici disegnate. «Se non risolviamo le criticità del nostro sistema sanitario, difficilmente salveremo la professione medica», dice senza giri di parole Costantino Troise, segretario Anaao Assomed, il maggior sindacato dei camici bianchi. «Stiamo protestando per i giovani che si avvicinano a questa
professione e per la loro condizione di lavoro». «Siamo al limite della sopravvivenza del sistema», gli fa eco Massimo Cozza, segretario nazionale della Fp Cgil medici. «Le condizioni di lavoro e la dilagante precarietà, il blocco dei contratti imposto da oltre quattro anni e la strisciante privatizzazione della sanità impongono una reazione. Bisogna utilizzare questo sciopero per spiegare che la nostra sanità non è né costosa né pletorica, che il contratto nazionale non è un privilegio, ma uno strumento per riformare e innovare la sanità».

Dall'Economia nessuno ha ricevuto la delegazione di camici bianchi che chiedeva un incontro. L'unica risposta è arrivata finora dalla ministra Lorenzin che ha anche elogiato il «senso di responsabilità» dimostrato dai medici. «Non voglio entrare nel merito del mancato rinnovo del contratto - ha chiarito stamane - che rientra in un quadro più ampio che è quello del contratto del pubblico impiego, per il quale c'è un blocco. Punterei piuttosto l'attenzione sul cosiddetto "contratto a costo zero" che permette la riqualificazione della professione medica». In pratica, una rivisitazione della sola parte normativa e professionale, che potrebbe essere decisa all'interno del «Patto per la salute» su cui proprio il 18 luglio il Governo ha avviato il confronto con le Regioni , l'ennesima controparte per i medici e la dirigenza tutta del servizio sanitario pubblico. Una partita, quella del Patto, cruciale per affrontare il nodo delle risorse e dunque dello stesso futuro del servizio sanitario pubblico.

Disomogenea l'adesione allo sciopero nelle diverse aziende. Ma in Liguria l'assessore alla Salute Claudio Montaldo ha voluto incontrare i sindacati per ribadire punto per punto la condivisione delle motivazioni della protesta.

I camici bianchi, nell'attesa, rilanciano le loro richieste e auspicano che la politica «sia capace di recepire il segnale di allarme e difendere insieme il servizio sanitario pubblico e il valore sociale del lavoro di chi è deputato a tutelare un bene costituzionalmente protetto». Sostegno pieno dalla Federazione nazionale degli Ordini dei medici: «Occorre il coraggio e la responsabilità di altre e diverse politiche, che guardino ai professionisti come a una soluzione e non a un problema». Che considerino la sanità pubblica «non un mero capitolo di spesa sul quale intervenire con forbici grossolane» ma un settore strategico per il Paese.

Un appello per ora caduto nel vuoto. Se l'Esecutivo tace il Parlamento non si sbraccia. Si leva soltanto, in serata, la voce di Pierpaolo Vargiu (Scelta Civica), presidente della commissione Affari sociali della Camera: «I medici italiani hanno ragione: la politica deve fare scelte coraggiose, altrimenti è il disastro. Sarebbe davvero sbagliato se il Parlamento non ascoltasse il grido di dolore che viene oggi dallo sciopero dei medici. Non sono scesi in campo per difendere se stessi e i loro stipendi, ma perché l'Italia intera sappia che, se non si interviene per cambiare ciò che non
funziona nel nostro Ssn, rischiamo di rinunciare all'assistenza sanitaria universale ed equa, che è il nostro orgoglio civile».