Lavoro e Professione

Fibromialgia: scendono in campo le medicine non convenzionali

La chiamano "la malattia invisibile", perché non è direttamente rilevabile con gli esami di laboratorio né con quelli radiologici, e perché chi ne soffre è apparentemente sano e non viene "preso sul serio" nell'ambiente familiare, relazionale, di lavoro, a volte persino dal medico stesso.
Eppure, sono almeno due milioni - ma si stima che i casi, riconosciuti e non, siano il doppio -, e per la stragrande maggioranza donne, gli italiani che soffrono di "fibromialgia", con conseguenze anche invalidanti.

Dolore muscolare diffuso, stanchezza cronica, sonno che non ristora e con frequenti risvegli: sono questi i principali sintomi della sindrome fibromialgica, di genesi multifattoriale. Per curarla, si utilizza oggi un approccio integrato tra farmaci allopatici e terapie non convenzionali.

Proprio a questo approccio terapeutico integrato è dedicato domani 7 settembre, a Padova (nell'Aula Magna della Croce Verde) il Workshop «Sindrome Fibromialgica, approccio convenzionale e non convenzionale», organizzato dall'A.I.R.A.S, l'Associazione italiana per la Ricerca e l'Aggiornamento scientifico, che dal 1986 studia proprio le terapie non invasive.

In rappresentanza della Fnomceo parteciperà il suo vicepresidente, Maurizio Benato.

«Si tratta di uno dei primi Convegni in Italia sulla Medicina integrata – spiega Maurizio Benato – dopo l'accordo dell'8 febbraio scorso in Conferenza Stato-Regioni, che ha dato un senso di ufficializzazione e di riconoscimento nazionale a cinque discipline complementari, l'agopuntura, la fitoterapia, l'omeopatia, l'omotossicologia e l'antroposofia, tutte del resto presenti tra quelle già individuate dalla Fnomceo a Terni, nel 2002, come atti medici, meritevoli di essere regolamentate per legge».

Agopuntura, fitoterapia, omeopatia, omotossicologia, antroposofia: dopo più di dieci anni, cinque delle nove discipline complementari individuate dalla Fnomceo a Terni nel 2002 come "atto medico", e come meritevoli di essere regolamentate per legge, ottengono finalmente un riconoscimento ufficiale. «Gli Ordini che hanno redatto "elenchi" degli esercenti queste discipline - spiega Dario Chiriacò, coordinatore dell'Osservatorio della Fnomceo sulle medicine non convenzionali - avvalendosi anche, in alcuni casi, del supporto della Fnomceo sono ormai la maggioranza. Quando il ministero emanerà una circolare esplicativa e applicativa in merito, come logica conseguenza del documento di febbraio, tutti gli Ordini adegueranno i loro "registri" alle nuove regole, tenendo presente che è prevista una fase intermedia applicativa di tre anni. Prevediamo che, in linea di massima, non ci dovrebbero essere, in questa prima fase, incompatibilità insuperabili tra le normative e i criteri adottati dai vari Ordini».

«La maggior parte di queste terapie - afferma Francesco Ceccherelli, vicepresidente A.I.R.A.S. - non sono erogate dal Ssn, ma dalle strutture private, a carico del paziente. Nonostante l'accordo dell'8 febbraio, sono ancora poche le Regioni che hanno istituito poliambulatori dove si pratichino le medicine non convenzionali. Questo comporterebbe senz'altro un abbattimento dei costi delle terapie, per cui un paziente potrebbe, ad esempio, usufruire di un ciclo di sedute di agopuntura a fronte di un ticket di meno di cinque euro l'una. Se invece queste terapie sono effettuate privatamente, i costi – anche solo quelli vivi per tenere aperto l'ambulatorio – lievitano. E, d'altro canto, i farmaci utilizzati sono per lo più in fascia C, a pagamento. Chi soffre di fibromialgia - conclude - incontra dunque difficoltà a curarsi, anche a livello economico. Ma al di là del caso specifico – benché ormai si stimi che la malattia colpisca il 3% della popolazione, un dato significativo da un punto di vista epidemiologico – è necessaria una politica sanitaria di più ampio respiro, che non miri solo al risparmio immediato, ma aiuti la diffusione di una cultura della Medicina integrata, rendendo accessibile a tutti le terapie non convenzionali di provata efficacia».

E' «un nuovo modello di Medicina, fondato non solo sulle evidenze scientifiche o su un meccanicistico rapporto causa-effetto, ma su una vera alleanza terapeutica, dove si intersechino il vissuto, le storie, la cultura del paziente e quelle del medico», ha detto Benato. «Bisogna ripensare la medicina nei suoi scopi e nella sua prassi - ha proseguito il vicepresidente FnomCeO - bisogna ripensare questa disciplina intellettuale dedicata storicamente all'osservazione clinica, alla scoperta di nuove conoscenze in campo biomedico e alla loro applicazione pratica, per il miglioramento della Salute umana globalmente intesa».

«L'esempio della Fibromialgia è calzante - speiga Benato -. Tale Sindrome è considerata dalla medicina allopatica una delle malattie reumatiche in assoluto più diffuse: solo in Italia si stima ne siano affetti oltre quattro milioni di persone, in maggioranza donne. È una malattia subdola, spesso misconosciuta, perché chi ne è affetto non sembra ammalato: ha un aspetto sano e anche le analisi e le indagini di laboratorio non presentano alterazioni. Per questo il malato non viene "preso sul serio" dai familiari, dagli amici, a volte neppure dal medico. Questa incomprensione si aggrava nell'ambiente di lavoro, dove il soggetto diventa vittima di vessazioni e di vero e proprio "mobbing". Numerosi studi hanno indagato le connessioni tra i sistemi nervoso, endocrino, immunitario nell'eziopatogenesi della fibromialgia. A questo va aggiunto l'aspetto cognitivo, che media il dolore e gli altri sintomi attraverso la neuromatrice e il vissuto psichico. La medicina scientifica mostra, in questa patologia, tutti i suoi limiti, per quanto riguarda la spiegazione, la tassonomia, la terapia. Diventa allora preminente la valutazione ermeneutica del singolo caso, per cui ogni opera di "sanatoria" diventa, appunto, un'"opera artistica del medico"».

«Integrare le varie discipline - conclude - significa dunque far interagire le diverse conoscenze e metodi, alla ricerca, innanzitutto, di un linguaggio comune, condiviso e, conseguentemente, di un modello di Medicina che riposizioni finalmente la persona al centro dei suoi percorsi culturali, comunicativi e operativi».