Lavoro e Professione

Specializzandi, Lenzi (Cun): «Bene la graduatoria nazionale, ma è sbagliato esautorare del tutto le commissioni locali»

di Manuela Perrone (da Il Sole-24 Ore Sanità)

La graduatoria nazionale «è un segno di civiltà». Ma servono anche commissioni locali «capaci di occuparsi con rapidità della valutazione dei curricula dei candidati». Ne è convinto Andrea Lenzi, ordinario di endocrinologia alla Sapienza di Roma, presidente del Consiglio universitario nazionale e della Conferenza nazionale dei presidi delle facoltà di Medicina, nonché chiamato dalla ministra Maria Chiara Carrozza a presiedere la commissione incaricata il 3 luglio di avanzare proposte per il riassetto delle scuole di specializzazione di area sanitaria, che ne parla in un'intervista aIl Sole-24 Ore Sanità . Il tavolo tecnico ha già concluso il lavoro sulla riforma dell'accesso e ha consegnato i suoi suggerimenti alla ministra. Che ha deciso di inserire il primo - la graduatoria nazionale, chiesta a gran voce dagli studenti - già nel decreto sulla scuola (VEDI) .

Professor Lenzi, che cosa non va nel metodo attuale?
Soprattutto la scarsa selettività. I quiz tratti da una banca dati pubblica, dunque memorizzabili senza ragionamenti, e la valutazione del curriculum universitario (particolare per un corso di laurea a numero programmato e con obbligo di frequenza) non permettono di distinguere tanto i bravi dai meno bravi. Ma c'è il pregio di una pre-specializzazione: oggi i futuri specializzandi possono cominciare a predisporsi subito per ciò che desiderano fare.

Che cosa comporterà la graduatoria nazionale?
Significherà che il più bravo, che sta in cima alla graduatoria, potrà scegliere la sede in cui specializzarsi. Si smantella il concetto di "pre-destinazione" dello specializzando. È evidente che tendenzialmente non cambierà molto: lo studente di Roma cercherà di restare a Roma, ma la novità potrà consentire una certa mobilità degli specializzandi.

Come dovrebbe funzionare?
Le graduatorie nazionali, indipendenti per ogni tipologia di scuola, saranno uniche e il vincitore verrà destinato alla sede in base alle sue scelte. Si potrebbe prevedere che ognuno indichi tutte le scelte in fila oppure dalle tre alle cinque scelte, che è la via più semplice. Tanto i numeri dei posti sono tali che in tre o cinque scelte si esaurisce tutta la graduatoria.

Il decreto sostituisce anche le «commissioni giudicatrici» con «la commissione». Come lo interpreta?
In realtà abbiamo chiesto anche noi di eliminare l'aggettivo "giudicatrici". Evoca la totale discrezionalità. E ignora che i 15 punti assegnati per la valutazione del curriculum erano in larga misura basati sulla qualità del candidato.

Resta il fatto che il decreto parla di un'unica commissione, al posto delle tante attuali. Chi valuterà il curriculum?
Ci sono due possibilità. Se si prevede che la valutazione del curriculum si limiti ai dati oggettivi (voto di laurea e media aritmetica degli esami sostenuti) potrebbe bastare la commissione nazionale. Se invece, come il nostro gruppo di lavoro propone, si devono valutare anche altri fattori (gli esami specifici per la tipologia di scuola, eventuali pubblicazioni, eventuali titoli acquisiti durante il corso di laurea) le commissioni locali sono utili per fare più alla svelta. Ma deciderà il ministro. Per me servono entrambe.

Che cos'altro avete proposto?
Che la prova scritta sia divisa in due parti: una generale, per tutte le scuole, e un'altra specifica per tipologia. Con quiz tratti da una banca dati non pubblica, basata su una bibliografia nota.

Quali i tempi?
Siccome ne discutiamo da tre anni e visto che il ministro Carrozza si è dedicato tantissimo a questo tema, noi diciamo con forza che conviene non perdere l'autobus. Se lo facciamo immediatamente riusciamo ad avere pronto il regolamento per febbraio-marzo in tempo per i prossimi esami.

Ci dica la verità: i baroni sono sul piede di guerra?
Ma no. Il mio più bravo entrerà comunque per primo in graduatoria e sceglierà di venire con me.

Ma noi non ci preoccupiamo del suo più bravo, ci preoccupiamo del figlio del suo collega.
Allora finalmente mi tolgono di mezzo un problema: la graduatoria nazionale è un segno di civiltà. Noi professori chiediamo tre cose. Che le scuole di specializzazione vengano lasciate alle università, l'unica che può garantire l'accoppiamento tra formazione e scienza. Che non si faccia di tutta un'erba un fascio: se qualche abuso mai c'è stato, e degli abusi si occupa la magistratura, si sappia che gli specializzandi italiani quando vanno all'estero mediamente in breve tempo diventano primari. Che la revisione ordinamentale che faremo per aggiornare le nostre scuole è un ennesimo sforzo che l'università fa. E in questo vorremmo essere aiutati in rete dai colleghi ospedalieri.