Lavoro e Professione

Patto per la salute, categorie all'assalto

Il Patto per la salute stringe i tempi: promesso entro Natale, Regioni e Governo stanno accelerando pensando a estrapolare alcuni degli argomenti sintetizzati nelle schede messe a punto dai tavoli di lavoro prima dell'estate (VEDI ) per inserirli nella legge di stabilità.

Intanto però le categorie premono per essere ascoltate e coinvolte: le previsioni fatte fin qui non piacciono a imprese e sindacati e ognuno ha i suoi motivi di resistenza, illustrati su Il Sole-24 Ore Sanità n. 42/2013.

Questi, in estrema sintesi, i concetti chiave su cui si concentrano proposte e proteste.

Massimo Scaccabarozzi (Farmindustria): «Poveri malati, poveri cittadini. Se dovesse passare anche solo una delle proposte sul farmaco contenute nelle bozze delle Regioni per il Patto della salute, e trasformate in emendamenti alla Legge di Stabilità, il piano industriale per il settore farmaceutico si fa velocemente: tagli, delocalizzazione, eliminazione di impianti e disoccupazione».

Enrique Häusermann (Assogenerici): «A lasciare letteralmente esterrefatti è l'emendamento alla legge di stabilità che prevede l'estensione del meccanismo delle gare ai farmaci a brevetto scaduto destinati alla dispensazione nelle farmacie. È una misura che - se approvata - avrà conseguenze pesantissime sulla tenuta del comparto farmaceutico, sui livelli occupazionali e, come conseguenza ultima, sull'assistenza ai cittadini».

Annarosa Racca (fFederfarma): «Tra gli emendamenti troviamo ancora una volta la proposta di consentire la vendita di medicinali con ricetta medica fuori dalla farmacia. E questo proprio mentre sulla questione è attesa entro l'anno la sentenza della Corte di Giustizia Ue e l'Avvocato generale si è già espresso con chiarezza sulla piena legittimità della normativa italiana. Far uscire altri farmaci dalle farmacie toglierebbe al settore risorse essenziali per garantire la capillarità della rete»

Gabriele Pelissero (Aiop): «Finalmente dopo anni di manovre penalizzanti, finalizzate alla riduzione generale e indifferenziata della spesa sanitaria, per la prima volta abbiamo di fronte una nuova prospettiva: niente tagli lineari. Auspichiamo che così venga a cadere una prassi dannosa, che ha messo a rischio l'offerta di prestazioni sanitarie, pregiudicandone la qualità senza contribuire a individuare e colpire le aree di inefficienza».

Stefano Rimondi (Assobiomedica): «Se il principio sarà quello, come è stato ribadito, di garantire qualità, appropriatezza ed efficienza dei servizi siamo sulla strada giusta. Temiamo che, per far quadrare i conti, con i costi standard si introducano modalità di acquisto centralizzate che guardino principalmente al prezzo, incentivando i monopoli e penalizzando la qualità dei servizi offerti al cittadino».

Costantino Troise (Anaao Assomed): «Spero che il ministro della Salute mantenga la promessa fatta e che il Patto per la salute non si chiuderà se non dopo essere stato in qualche modo trattato e condiviso con chi deve realizzarlo sul territorio e negli ospedali, con i professionisti. E spero che questa promessa sia un'inversione di tendenza rispetto al ruolo attuale di meri esecutori, assegnato a chi invece dovrebbe avere le caratteristiche del dirigente».

Riccardo Cassi (Cimo-Asmd): «Le schede preparatorie delle Regioni per il Patto dimostrano l'assenza della volontà di mettere mano alle riforme indispensabili per la sostenibilità del Ssn e confermano l'assoluta urgenza di una modifica del titolo V della Costituzione per garantire l'universalità delle cure. Al medico deve essere riconosciuta la "categoria speciale" e non continuare a essere assimilato a una dirigenza pubblica amministrativo-gestionale».

Massimo Cozza (Fp Cgil medici): «Il Patto è un'occasione da non perdere per rilanciare il Ssn riorganizzandolo, dopo 31 miliardi di tagli e 4 anni di blocco contrattuale. È necessario porre fine al blocco del turn over e al precariato. Il punto di partenza è senz'altro un adeguato finanziamento, riqualificando la spesa, per garantire i Lea su tutto il territorio. E i costi standard non devono essere uno strumento improprio per giustificare nuovi tagli alla spesa ma una opportunità per migliorare i servizi».

Salvo Calì (Smi): «Assistiamo all'ennesimo assalto alla diligenza con le Regioni con le mani sul malloppo delle scarse risorse previste per la sanità. Fino a ora la partita si sta giocando sui costi standard... con le continue modifiche dell'ultima ora, l'ultima (?) quella che affossa la logica delle tre Regioni benchmark. Risolte queste controversie ritorneremo al vuoto di idee».

Giacomo Milillo (Fimmg): «Da quanto emerso finora sul Patto non sembrano esserci elementi di novità o impegni qualificanti. Nelle schede tecniche preparatorie con riferimento alle cure primarie non c'è alcuna previsione di step, che invece sarebbe fondamentale. E poi si parla ancora di cambiamenti isorisorse. Noi vogliamo dirlo forte e chiaro: accettiamo la riscrittura a costo zero degli accordi collettivi nazionali ma non lo sviluppo dell'assistenza territoriale senza risorse».

Roberto Lala (Sumai): «Il Patto sembra andare nella giusta direzione. Se il quadro generale che emerge dai documenti non presenta numerose nubi, però, voglio rimarcare come, al di là degli annunci, non vi sia stato alcun coinvolgimento dei professionisti. Credo che un Patto così atteso e dal cammino così accidentato non possa essere costruito senza l'apporto di chi nel Ssn ci lavora ogni giorno. Credo sia un errore su cui auspico un cambio di rotta al più presto».

Angelo Testa (Snami): «I medici non possono stare tranquilli dalla letttura dei primi documenti sul Patto. E questo perché non si può pensare di abbandonare il modello monoprofessionale per abbracciare il multiprofessionale omettendo di fare una distinzione tra medicina rurale e metropolitana e senza prevedere una sperimentalità come d'obbligo quando si propongono dei cambiamenti radicali».

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