Lavoro e professione

Il lavoro rende disabili 2mila donne ogni anno: nella sanità il top di infortuni

Il lavoro rende disabili ogni anno circa 2mila donne: tante sono quelle che, tra le 250mila infortunate, subiscono una lesione grave che dà loro diritto a un vitalizio per inabilità permanente. I settori più a rischio sono l'agricoltura (15,4% degli infortuni) e la sanità (12,7%): è in quest'ultimo che si registra il più alto numero di incidenti per le donne. Le più colpite sono le infermiere che lavorano in ospedale.

I dati emergono da un rapporto dell'Anmil (Associazione nazionale mutilati
e invalidi del lavoro), realizzato con il supporto tecnico di Datamining e Interago, dal titolo "Tesori da scoprire: la condizione della donna infortunata nella società. Un'indagine sulle donne vittime del lavoro". La ricerca, presentata oggi a Roma, evidenzia che a livello generale la quota di straniere infortunate è pari al 15% del totale delle lavoratrici.

L'identikit
Alla data del 31 dicembre 2012 i "disabili da lavoro" rilevati dall'Inail sono circa 690mila, dei quali oltre 96mila donne. La componente maschile resta dunque fortissima (86%) rispetto a quella femminile, in netto contrasto con quanto si verifica per la disabilità in generale, dove le donne rappresentano i due terzi del totale.

Il 53,6% delle donne disabili ha limitazioni di natura motoria che possono riguardare gli arti inferiori o superiori ovvero la colonna vertebrale. Il 10% ha disabilità di natura psico-sensoriale, costituite prevalentemente da limitazioni nel sentire (ipoacusia o sordità), nel vedere (ipovedenti o ciechi), nel parlare o da problemi di natura psichica o mentale. Le disabili di natura cardio-respiratoria sono poco più di 4.600 (4,8%). Il restante 31,1%, circa 30mila disabili, rientra invece nella categoria denominata "altre e indeterminate", dove sono comprese tutte le varie tipologie di menomazione per le quali, precisa Inail, le informazioni presenti negli archivi gestionali non hanno consentito una attribuzione univoca o prevalente a una specifica delle tre disabilità definite.

Prevalgono le anziane: circa 66mila hanno più di 64 anni (68% del totale); molto numerosa anche la classe di età compresa tra i 50 e i 64 anni che conta circa 21mila donne disabili (22%). In pratica, più di due donne disabili su tre hanno almeno 65 anni e il 90% è ultracinquantenne. La stragrande maggioranza delle donne disabili da lavoro (circa 84.000, l'87,5%) è stata vittima di un infortunio, rispetto alle 12mila donne che hanno contratto una malattia professionale (12,5%).

In Umbria tasso record di donne disabili
Sul piano territoriale le donne disabili risultano distribuite in misura poco uniforme tra le grandi aree geografiche del Paese, con una decisa prevalenza nel Mezzogiorno (28,2% del totale nazionale) e al Centro (27,5%); sensibilmente più ridotta, invece, la presenza al Nord (22,8% nel Nord-Est e 21,4% nel Nord-Ovest). La composizione territoriale cambia però in misura significativa se, anziché i valori assoluti, si considerano i tassi di disabilità, espressi dal rapporto tra numero di donne disabili di una Regione e numero complessivo di donne residenti nella stessa Regione.

A fronte di un valore medio nazionale pari a 3,2 donne disabili da lavoro per ogni mille donne residenti si registra un valore pari a ben 7,9 per l'Umbria: in questa Regione la presenza di donne disabili da infortunio o malattia professionale è superiore di 2,5 volte rispetto alla media italiana. Molto elevato anche il tasso relativo alle Marche (6,7), alla Toscana (5,8) e all'Emilia Romagna (5,6). Sono queste, peraltro, le Regioni che presentano gli indici di frequenza infortunistica più elevati in assoluto.

Lo stress del percorso
Ben il 35% degli infortuni femminili di particolare gravità (grado di menomazione dal 16% al 100%) si verificano nel percorso casa-lavoro-casa. Vuol dire che ogni anno circa 500 lavoratrici diventano disabili a causa di questa particolare tipologia di infortunio. Per l'Anmil si tratta di un percorso in cui si concentrano tutti gli stress e le molteplici difficoltà di conciliazione lavoro-casa-famiglia della donna lavoratrice (come svegliare i figli, accudirli, portarli a scuola, svolgere altre incombenze prima di correre al lavoro o tornare a casa), con inevitabili riflessi negativi sul piano
della lucidità e quindi della sicurezza.

Grasso: «Dati preoccupanti»
Per il presidente del Senato, Piero Grasso, molti dei dati emersi dallo studio sono «preoccupanti». «Evidenziano - ha sottolineato alla presentazione dell'indagine - come ancora la donna continuino ad avere più problemi rispetto agli uomini sotto diversi profili, tra i quali quello dell'accesso al mercato del lavoro, quello della tutela della salute sui luoghi di lavoro, quello della conciliazione dei tempi di lavoro e di vita familiare». In futuro, per Grasso, occorrerà migliorare le leggi vigenti per prestare più attenzione alle differenze di genere sui luoghi di lavoro.

Dello stesso avviso Valeria Fedeli (Pd), vicepresidente del Senato:
«Dalla condizione delle donne emerge tutta la difficoltà dell'Italia di fronteggiare le disuguaglianze e rispettare quell'obbligo di impegnarsi per
ridurle che ci viene indicato dall'articolo 3 della Costituzione. Vorrei che alla battaglia contro la violenza maschile, alla sfida per una democrazia paritaria, alla difesa dei diritti e delle libertà delle donne, all'azione per valorizzare il capitale femminile nel lavoro e nelle imprese, si aggiunga un piano per garantire la salute e la sicurezza delle donne».