Lavoro e professione

Ginecologi obiettori: un libro bianco del network «Global Doctors for Choice» fa il punto e detta la linea ai professionisti

di Barbara Gobbi

Ci sono stime e percentuali, probabilmente al ribasso, nel Libro bianco sull'obiezione di coscienza e il rifiuto a fornire assistenza riproduttiva messo a punto dal network "Global Doctors for Choice". Ma non solo: il report fa anche una panoramica delle condizioni in cui l'obiezione è più frequente e delle conseguenze che comporta, per l'organizzazione sanitaria e per le donne. Fino a fornire una proposta che mira «a standardizzare la definizione della pratica e a sviluppare i criteri d'elezione che definiscono il ginecologo obiettore».

I dati. L'obiezione di coscienza sembra essere diffusa ai livelli dell'Italia in poche altre parti del mondo. Anche se gli studi rigorosi sono pochi, le stime vanno dal 10% di ginecologi-ostetriche che rifiutano di effettuare l'aborto nel Regno Unito, a più del 70% registrato nel nostro Paese (con il 50% di anestesisti obiettori) e all'80% del Portogallo. Il rapporto contiene dati - pubblicati tra il 1998 e il 2013 - da tutto il mondo: si va dal 14% dei medici di varie specialità a Hong Kong che risulta essere obiettore, al 17% dei farmacisti nello Stato americano del Nevada che si è rifiutato di vendere la pillola abortiva. E ancora, in Austria risultano diverse regioni prive di assistenza in questo senso. Un sondaggio fra medici, infermieri e studenti in medicina statunitensi ha indicato che oltre due terzi è a favore dell'aborto, ma che solo un terzo lo effettuerebbe.

La proposta. La principale raccomandazione contenuta nel Libro bianco è definire degli standard che definiscano la «pratica» e sviluppare una serie di criteri d'elezione che definiscano il medico obiettore. «Questa definizione - si legge nelle Conclusioni al libro bianco - dovrebbe comportare degli obblighi in capo all'obiettore, come una aperta dichiarazione a colleghi e pazienti e doveri di riferire, di fornire informazioni precise e di mettersi comunque a disposizione in caso di interventi di urgenza. Le organizzazioni professionali dovrebbero confermare la conformità agli standard di cura dei medici, eliminando il rifiuto come opzione nei casi di gravidanza extrauterina, di aborto spontaneo, di violenza sessuale e di maternità gravata da condizioni di malattia». Nel complesso, è la propostale organizzazioni mediche e di salute pubbliche potrebbero stabilire una serie di standard clinici per l'obiezione di coscienza, in grado di reponsabilizzarli davanti ai pazienti, alle società mediche, ad sistemi sanitari e giudiziari.

Il caso Italia. In crescita in tutto il mondo, l'obiezione di coscienza dilaga in Italia, dove sfiora punte del 90% nei singoli ospedali di alcune Regioni. I dati del ministero della Salute, nell'ultima relazione al Parlamento sull'attuazione della legge 194, indicano un progressivo aumento dei medici obiettori, con la crescita del 17,3% in 30 anni, a fronte di un dimezzamento degli aborti nello stesso periodo. Sempre secondo le cifre ufficiali a livello nazionale, si è passati dal 58,7% di ginecologi obiettori del 2005 al 69,3% nel 2010 e nel 2011. Tra gli anestesisti la situazione è più stabile, con una variazione dal 45,7% nel 2005 al 50,8% nel 2010 e al 47,5% nel 2011. In aumento gli obiettori anche tra il personale non medico, dal 38,6% nel 2005 al 43,1% nel 2011.
Percentuali superiori all'80% di obiettori tra i ginecologi sono presenti principalmente al Sud: 88,4% in Campania, 87,9% in Molise, 85,2% in Basilicata, 84,6% in Sicilia, 83,8% in Abruzzo, 81,8% nella Provincia di Bolzano e 80,7% nel Lazio. Anche per gli anestesisti i valori più elevati si osservano al sud (con un massimo di 78,1% in Sicilia, 74,5% in Molise, 72,8% in Calabria, 72,4% nel Lazio e 71,4% in Campania). Per il personale non medico i valori sono più bassi e presentano una maggiore variabilità, con un massimo di 85,3% in Molise e 81,4% in Sicilia.