Lavoro e professione

Fabbisogno di medici, Sigm: programmare sulla base dei dati epidemiologici

I Giovani medici del Sigm esprimono perplessità sulle analisi circolate negli ultimi giorni in tema di fabbisogno di medici: «Non si può e non si deve continuare a commettere l'errore di fare stime a partire dal dato storico (ruoli in uscita da un Ssn ancora troppo ospedalo-centrico) ma - sottolinea una nota - avendo come riferimento i dati epidemiologici e demografici, occorre guardare in prospettiva ai nuovi bisogni di salute, che richiedono un sistema di cure integrate tra ospedale e territorio.

Serve uno strumento di prgrammazione. Per il Sigm, l'Italia dovrebbe quindi dotarsi di strumenti intellegibili a livello centrale e periferico e di un'appropriata metodologia per la programmazione del fabbisogno di risorse umane in Sanità. «In tema di formazione specialistica e generalista - continua la nota - si superino le sterili contrapposizioni tra comparti e si crei una reale integrazione delle reti formative universitarie con tutte le articolazioni del Ssn, senza sacrificare le prospettive di una stabilità occupazionale dei giovani medici a improbabili chimere».


L'impressione diffusa, secondo Sigm, è che di fatto non venga effettuata una corretta programmazione del fabbisogno di professionalità mediche: «Spesso, si ha la sensazione che si navighi a vista - sottolineano i Giovani medici - e tale criticità ha delle dirette ripercussioni sul presente e sul futuro delle giovani generazioni di medici. Occorre prudenza, però, nell'esporsi in tentativi di stimare il fabbisogno di professionalità mediche: la programmazione va effettuata con una visione prospettica, a partire dal dato epidemiologico, che documenta differenti scenari di salute rispetto al passato, con una maggior prevalenza delle cronicità, che sono in costante incremento unitamente all'invecchiamento della popolazione».

Partire dai dati epidemiologici. Tra le variabili da tenere in considerazione, l'invecchiamento della popolazione e il peso futuro della cronicità. Dai dati Istat si stima, infatti, che nel 2030 la proporzione di soggetti over 65, oggi pari a circa il 21% della popolazione, incrementerà a circa il 30%.

«L'impatto delle cronicità e delle comorbilità - spiega Sigm - non potrà che essere assorbito dalla primary health care, pena l'inevitabile default del Ssn pubblico nel giro di pochi anni. Su questi presupposti si fondano le politiche sanitarie assunte da tutti i Paesi occidentali, che, correttamente, da un assetto ospedalo-centrico si sono evoluti, o si stanno sforzando di evolvere, verso un sistema di cure integrate tra ospedale e territorio. Pertanto, è metodologicamente scorretto ostinarsi nel basare la programmazione esclusivamente in funzione dei ruoli in uscita dal Ssn (e quindi sul dato storico), laddove peraltro in larga parte del Paese la sanità continua a reggersi prevalentemente sulle strutture ospedaliere».

«La programmazione andrebbe orientata, invece - conclude la nota dei Giovani medici - implementando la formazione di quei profili specialistici maggiormente vocati all'assistenza nel territorio, oltre che dei profili generalisti, tenendo anche in debito conto il tema del task-shifting, ovvero della condivisione di competenze con altri profili non medici, col quale non si potrà fare a meno di confrontarsi. Inoltre, in un mercato del lavoro estremamente depresso, andrebbe anche messo nel bilancio complessivo l'apporto del comparto della libera professione, che fa registrare sempre meno spazi per le giovani professionalità».

L'Italia è tra gli Stati Ue quello con il rapporto medici in attività per abitante più alto (3,9 per 1.000 vs una media Ue di 3,2 per 1.000). I Giovani Medici pertanto esprimono perplessità in merito ai tentativi di stimare i fabbisogni in assenza di strumenti e di una metodologia rigorosa in un momento storico nel quale è documentato un grave disallineamento tra accessi a medicina e disponibilità di finanziamenti per garantire la formazione post laurea.

L'integrazione mancata con il mondo del lavoro. Infine, in merito all'ipotesi di creare un allineamento tra formazione e lavoro attraverso l'immissione degli specializzandi degli ultimi anni direttamente nel Ssr, i Giovani medici osservano che questo ridurrebbe gli sbocchi occupazionali per i giovani medici. «Infatti, in ragione dello stato di sofferenza in cui vertono le casse delle Regioni - spiega Sigm - la proposta del sindacato ospedaliero di "trasformazione del contratto di formazione-lavoro in contratto a tempo determinato con oneri previdenziali e accessori a carico delle Regioni", essendo il ricambio di specializzandi ad elevato turn over, rischierebbe di ingenerare la contrazione permanente delle piante organiche degli ospedali, con delle ripercussioni tanto ai danni dei giovani precari, quanto dei più giovani formandi, che si vedrebbero sempre più ridurre gli spazi di occupazione e di stabilizzazione. Peraltro, a fronte della fisiologica contrazione prospettica dell'offerta assistenziale ospedaliera, la soluzione chimerica paventata appare ancora più illogica».

Quindi per il Sigm, è venuto il momento di creare una reale integrazione delle reti formative delle scuole di specializzazione, ma anche dei corsi di laurea di medicina, attraverso «l'apertura a tutte le articolazioni del Ssn (ospedali non universitari ed assistenza primaria)».


«Chiediamo che Miur e ministero della Salute - conludono i Giovani medici - convochino allo stesso tavolo le rappresentanze delle Università e del Ssn, in modo da trovare convergenze e mettere a sistema le eccellenze che ciascun ambito possa esprimere al fine di garantire i più elevati standard formativi per tutti i medici in formazione, ivi inclusi gli iscritti al corso di formazione specifica di medicina generale».