Lavoro e professione

Enpam: la parola agli Ordini sul nuovo statuto. Per lo Smi ci sono troppe contraddizioni

C'è tempo fino al 20 aprile per gli Ordini per presentare le loro proposte di modifica al nuovo stato Enpam. E a bozza contenente le indicazioni recepite dagli Ordini dovrebbe essere messa ai voti nella seduta del prossimo Consiglio nazionale dell'Enpam da tenersi il 29 giugno prossimo

La proposta di riforma dello Statuto dell'Ente di previdenza e assistenza dei medici e degli odontoiatri è stata presentata al Consiglio nazionale dell'Enpam l'otto marzo. Tra le principali novità in discussione vi sono la riduzione del numero di componenti del Consiglio di amministrazione, che scenderebbero da 27 a 17, e un miglioramento della rappresentatività dei contribuenti.

Del Consiglio nazionale, infatti, non farebbero più parte solamente i presidenti degli Ordini dei medici e degli odontoiatri ma anche rappresentanti eletti tra le varie categorie di contribuenti. La bozza contiene – tra le altre – la proposta di istituzionalizzare la componente odontoiatrica, cui verrebbe riservato un posto in Cda e una quota in Consiglio nazionale (il 10% del numero di Presidenti di Ordine).

Ma la bozza non convince i sindacati e la segreteria nazionale SMI (Sindacato Medici Italiani) per prima ha espresso perplessità su diversi articoli.

Fernando Crudele, responsabile Smi per l'Enpam e Consigliere nazionale dell'ente previdenziale, raccogliendo le valutazioni dello Smi, ha dichiarato: «La composizione del Consiglio Nazionale dell'ente rimane pletorica e ridondante; manifestiamo, quindi, il forte disaccordo per il ruolo predominante che continuano ad avere gli Ordini, che, a nostro avviso, dovrebbero occuparsi prevalentemente di altro: di tenere gli albi, della formazione, del disciplinare (ecc), e non della previdenza. Insufficienti anche le previsioni per la Quota "A", che deve avere adeguata presenza in Consiglio Nazionale, proporzionalmente alla percentuale dei contributi versati».

«Quindi, un deciso no alle "riserve indiane" – continua Crudele - se si sceglie la linea delle quote di genere, si abbia coraggio: si punti al 50% del Consiglio Nazionale, per una professione che, oltretutto, è sempre più "al femminile"».

«Contradditorio, inoltre, rimane il ruolo delle Consulte – aggiunge – che pur non avendo alcun potere decisionale, avrebbero la possibilità di eleggere membri nel CdA (che ha invece potere decisionale). Manca, infine, un vero sistema elettorale che metta al centro del potere di scelta il contribuente: un medico- un voto, prevedendo, inoltre nel Regolamento di garantire le eventuali minoranze».