Lavoro e professione

Parto a casa: Sigo, «L'Italia non è pronta»

L'Italia non è pronta per il parto a casa: «E' una procedura difficile da gestire, che non rispetta i moderni requisiti di sicurezza e non risponde neanche a una logica economica». A prendere posizione con forza sulla decisione di alcune Regioni italiane, ultimo il Lazio, di sostenere la scelta tra le pareti domestiche è Paolo Scollo, Presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo).

L'intervento a valere sui risultati di uno studio del Servizio sanitario britannico (Nice) sul parto domestico, da cui emerge che per realizzare parità di rischi tra nascite a casa e nascite in ospedale è necessario soddisfare misure di sicurezza al momento inesistenti nel nostro Paese, ovvero - come accade nei Paesi del Nord Europa - prevedere la presenza di un centro mobile di assistenza davanti al domicilio della puerpera per tutta la durata del travaglio e prenotare un posto nell'ospedale più vicino in caso di emergenze in corso d'opera.

«Come Sigo - ricorda Scollo in una nota - ci stiamo battendo da anni per la chiusura dei punti nascita che rimangono sotto i 500 parti l'anno: la scelta delle Regioni che prevedono il rimborso spese percorre esattamente la strada opposta, parcellizzando in modo esponenziale i punti nascita, che diventerebbero difficilmente controllabili. Inoltre, con una logica anti-economica: i risparmi si hanno se concentri i parti in meno strutture». «Chiediamo ai Governatori di fare un passo indietro» -conclude il presidente Sigo. - «Come Società scientifiche che riunisce tutti i ginecologi italiani siamo pronti a collaborare per trovare soluzioni più idonee alla realtà del Paese, senza seguire tendenze che non ci appartengono».