Lavoro e professione

Pagamenti Pos: Fimmg chiede chiarimenti a ministeri

A poco più di un mese dalla scadenza del 30 giugno che impone a imprese e professionisti l'obbligo di garantire ai clienti la possibilità di pagare anche tramite Pos restano numerosi dubbi sull'attuazione della norma, specie per gli studi dei generalisti e per le medicine di ghruppo. A segnalarlo è la Fimmg, che annuncia una richiesta ufficiale di chiarimenti ai ministeri interessati in merito alle numerose criticità del provvedimento.

Una nota pubbicata nella newsletter del sindacato dei medici di Medicina generale fa il punto sulla situazione sottolineando che la disposizione fa salvi gli obblighi antiriciclaggio che vietano il trasferimento di contanti o titoli al portatore per somme maggiori o uguali a 1.000 euro e la necessità di nuovi decreti interministeriali in sostituzione di quello del 24 gennaio 2014 Sviluppo-Economia che ha definito le soglie quantitative e il perimetro soggettivo di applicazione.

L'obbligo in questione - la cui decorrenza, inizialmente fissata a gennaio 2014, è stata poi differita al 30 giugno con il decreto Milleproroghe (Dl 150/2013) fatta - coinvolge tutti gli esercenti di attività economiche e cioè le imprese o i professionisti beneficiari di un pagamento da parte di consumatori o utenti da intendersi come i privati, persone fisiche, che acquistano beni e servizi al di fuori all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. Il decreto non ha previsto forme di esclusione soggettiva, fissando l'esonero soltanto per i pagamenti inferiori a 30 euro: fino al 30 giugno 2014, l'obbligo avrebbe dovuto riguardare soltanto i soggetti il cui fatturato dell'anno precedente fosse stato superiore a 200mila euro, mentre a decorrere da tale data l'obbligo sarebbe stato esteso a tutti gli altri soggetti.

Il Milleproroghe - sottolinea l'organo della Fimmg - ha tuttavia fatto slittare, per tutti, l'obbligo Pos al 30 giugno prossimo, eliminando di fatto l'iniziale periodo transitorio di attuazione della norma. Nonstante le numerose le proteste da parte delle categorie professionali per sottolineare tra l'altro la difficoltà per il consumatore difficoltà nel rapportarsi, di volta in volta, con il fornitore di beni e servizi, non potendo conoscere il livello di fatturato dell'impresa o del professionista a cui si stava rivolgendo. Tuttavia proprio nei giorni scorsi il Tar del Lazio, con ordinanza 01932/2014, ha rigettato l'istanza presentata dal Consiglio nazionale degli architetti con la quale si definivano le disposizioni contenute nel decreto del 24 gennaio 2014 insensatamente vessatorie e costose.