Lavoro e professione

Accesso a Medicina, Giovani medici disponibili «a metà» sul modello francese

di Rosanna Magnano

Giovani medici (Sigm) disponibili al confronto sul cosiddetto «modello francese» che dovrebbe sostituire il test d'ingresso alla facoltà di Medicina e ispirare quella «rivoluzione» annunciata nei giorni scorsi su facebook dalla ministra dell'Istruzione, Università e Ricerca, Stefania Giannini . Ma ad alcune condizioni: avviare un orientamento vocazionale già durante la scuola secondaria, preservare la trasparenza e l'oggettività delle prove di sbarramento dopo il primo anno, dare la possibilità agli studenti che non le superano di utilizzare crediti formativi per accedere ad altre facoltà diverse da Medicina.

«In Italia dobbiamo smettere di pensare - sottolinea il presidente nazionale del Segretariato giovani medici, Walter Mazzucco - che le decisioni per il proprio futuro vadano prese solo a 18 anni. Già a metà percorso nella scuola secondaria bisognerebbe avviare un concreto orientamento vocazionale, come fanno tra l'altro in Francia, in modo da consentire agli studenti di effettuare scelte consapevoli».

Non sarebbe utile infatti, secondo il presidente Sigm, creare aspettative non fondate sulla conoscenza reale della professione medica e delle proprie predisposizioni (che finirebbero per portare a un eccesso di richieste) né tanto meno allargare le maglie dell'accesso alla facolta di Medicina.

«Ci rendiamo conto - spiega - che il sistema del test d'ingresso è perfettibile ed è mal visto dagli studenti perché crea un ostacolo alla libertà di scelta ma non si deve assolutamente rinunciare all'accesso programmato».

Il sistema formativo italiano non sarebbe d'altronde in grado di assorbire un eccesso di studenti pari a 60-70mila unità all'anno (la formazione del medico si fa in corsia) neanche mettendo a rete tutte le strutture sanitarie del Paese.

«Il vero problema - continua Mazzucco - è rappresentato dai ricorsi in sede di giustizia amministrativa. In linea di principio, se si trovasse un modo per rendere il test inattaccabile e migliorasse l'aspetto contenutistico - solo domande di carattere scientifico, rispetto alle quali sarebbero favoriti quanti tra gli studenti hanno intrapreso un percorso formativo nella scuola secondaria vocato alle bio-scienze - allora questa sarebbe la soluzione ottimale al problema».

Solo laddove non fosse possibile perfezionare il meccanismo del test d'ingresso, il modello francese potrebbe rappresentare per il Sigm una interessante mediazione. Con importanti «paletti».

Primo fra tutti, mantenere l'accesso programmato. In Francia il modello garantisce un perfetto equilibrio tra numero di laureati e contratti di formazione, metà dei quali vanno assegnati alla scuola di specializzazione in medicina generale mentre la rimanente parte alle circa 30 tipologie di specializzazioni, a fronte delle 53 che abbiamo in atto in Italia.

Operare selezioni oggettive, trasparenti e non discrezionali. Sempre in Francia si fanno prove scritte anonime alla fine dei due semestri del primo anno, con contenuti stabiliti a livello centrale.


Non far «perdere» il primo anno di studi in caso di mancato superamento delle prove. La soluzione prospettata dai Giovani medici sarebbe quella di istituire un anno di corso trasversale a tutte (o a parte) delle scienze biosanitarie (anno delle bioscienze), alla fine del quale lo studente potrebbe provare l'accesso a medicina, che sarebbe però incentrato sui contenuti del predetto anno delle bioscienze di base. In questo modo tutti i concorrenti partirebbero alla pari e chi non dovesse superare la prova avrebbe comunque a disposizione dei crediti formativi da utilizzare per un altro corso di studi (biologia, biotecnologie, genetica, chimica, ecc).

A questo punto, suggerisce il Sigm, il corso di laurea in Medicina potrebbe essere ridotto a 5 anni, secondo le indicazioni della direttiva Ue sulla qualifica delle professioni.

Insomma, la proposta dei Giovani medici va nella direzione di una riconsiderazione complessiva del sistema formativo, con un approccio di sistema e non a compartimenti stagni, anche attraverso un tavolo tecnico Salute-Miur.

L'obiettivo finale è quello di arrivare a un corso di laurea in Medicina «con una forte impronta professionalizzante - conclude Mazzucco - con una formazione sul campo, in corsia e all'interno dei percorsi assistenziali, aprendo la rete formativa delle facoltà di medicina al sistema integrato delle cure. Ricordiamoci che il futuro è nel territorio, eppure chi si laurea in medicina attualmente guarda erroneamente al territorio come uno sbocco di serie B. Si tratta comunque di materia complessa che andrebbe prima analizzata in tutte le implicazioni e con il tempo necessario per fare un'approfondita riflessione di concerto col ministero della Salute dal momento che si tratta di questioni che hanno ricadute sul Ssn».