Lavoro e professione

Medicina/2 Lenzi (Cun): «L'orientamento deve precedere la selezione»

di Paolo Del Bufalo

Non basta dire «facciamo come in Francia»: serve prima al liceo un anno articolato di introduzione alle varie facoltà, poi, alla fine del primo anno in base a come sono andati gli esami lo studente può proseguire medicina, andare alle professioni sanitarie oppure uscire. «È un sistema più cinico, basato sul merito puro», spiega Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale che, al di là degli annunci, sta studiando con il ministero come cambiare l'ingresso alle facoltà a numero chiuso. E, aggiunge Lenzi, «alla fine del primo anno però si dev'essere certi che "non siano i Tar" a dire chi va avanti, ma una valutazione di merito. Infine, essendo il nostro un sistema inserito in quello europeo della formazione, dobbiamo mettere in conto di rispettare la normativa europea.

Come si traduce tutto questo?
Con una frequenza obbligatoria di circa 1.000 ore (delle 1.500 di studio) e la certificazione delle attività svolte dallo studente anche al primo anno, dove l'insegnamento è non solo teorico ma anche in laboratorio.

E dove sono i problemi per l'Università?
La domanda è semplice: abbiamo strutture, personale e risorse per 70-80mila iscritti contro i 10mila del numero programmato? Come si vede, c'è un problema di risorse molto importante da risolvere per poter importare un impianto in cui nel primo anno si gioca l'intero sistema.

L'Università italiana ce la può fare?
Ha le forze per farcela, ma non ha le risorse. Quando io mi sono iscritto a medicina, nel lontanissimo 1971, ero la matricola 4862 della "Sapienza", dopo di me si sono immatricolati almeno altri 2mila, quasi 7.000 solo al primo anno di Sapienza, ma allora si frequentava in 3-400 e il sistema laureava il 10% degli immatricolati. Attualmente laureiamo il 90% degli immatricolati e dobbiamo continuare a mantenere questo standard. Ma se laureassimo il 90% di 80mila immatricolati, ci troveremmo ad avere non più il rapporto virtuoso che abbiamo ora di medici per mille abitanti, che abbiamo raggiunto faticosamente dopo la bolla degli anni '70-'80, ma avremmo decine e decine di medici per mille abitanti che sarebbero inutili e disoccupati. Non possiamo permettercelo, né nei confronti degli</CS> studenti, né delle loro famiglie.

Quindi, cosa è davvero necessario secondo Lei?
Servono tre condizioni: risorse per poter includere gli studenti al primo anno facendo loro fare tutte le attività formative previste dal curriculum di studi europeo; un rigoroso sistema di sbarramento finale, una dotazione fatta di esami sostenuti più un'altra prova selettiva, che potrebbe essere necessaria. Potrebbe anche essere un quiz.

Un altro quiz?
Una prova di selezione rigorosa. Senza però dimenticare di chiedere ai francesi cosa cambierebbero a casa loro, perché mi risulta che là qualche obiezione al sistema ci sia... Ma mi permetto un suggerimento, che in realtà è la terza condizione per far funzionare tutto: c'è bisogno di un orientamento fatto come si deve durante le superiori, in modo che non si presentino 80mila studenti per 10mila posti. Non accade in nessuna parte del mondo. Il rapporto ottimale aspiranti vs immatricolati è di 2 a 1, massimo 3 a 1. Noi siamo 8 o 9 a 1! Adesso l'orientamento, semplicemente, non c'è, e la laurea in medicina è considerata un bene rifugio. Questo spiega la situazione nella quale ci troviamo.

Cosa bisogna fare secondo Lei?
Al terzo anno della scuola superiore si intraprende un serio orientamento che spiega i vari campi di lavoro e nel segmento finale (ultimo anno) un orientamento verso le scienze della vita - piuttosto che verso le scienze tecnologiche o le scienze umane. Chi vuol fare scienze della salute - medicina, biologia, biotecnologie o professioni sanitarie - deve fare un track differente. Mi rendo conto, è una riforma epocale che spetta solo a un ministro decidere. Senza orientamento però non si va da nessuna parte.

C'è un altro problema rovente della facoltà di medicina, quello delle specializzazioni. La differenza tra l'aumento dei posti d'accesso alla laurea (10.700 posti nel 2013) e la diminuzione dei contratti di specialità (3.500 nel 2014) blocca il percorso di studi di migliaia di studenti.
Lo so benissimo, è una vera tragedia del sistema. Il corso di laurea in medicina è migliorabile, però è l'unico che porta ben il 90% degli immatricolati alla laurea. Ma abbiamo fatto iscrivere sei anni fa tot studenti a numero chiuso, senza agganciare il numero degli immatricolati e quindi di laureati (il 90% dei primi) al numero dei posti di specializzazione.

Che fare?
Calcoli che mille contratti di specializzazione costano circa 30 milioni di euro. È un problema che il Mef può, deve risolvere.

Il ministro Giannini ha detto di voler partire con la riforma già dall'anno accademico 2015-16: è possibile?
Abbiamo un anno davanti. Il ministro, oltre che un politico, è un rettore e sa bene quali sono le risorse necessarie per mettere 80mila studenti in aula con tutto quel che ci vuole per una laurea professionalizzante a normativa - sottolineo - europea. Dunque sa meglio di me quello che si può fare e i tempi realistici e dovrà discuterlo con tutti noi.

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